Branchi di cinghiali negli ultimi giorni hanno devastato aziende agricole della Val d’Agri. I territori più colpiti sono Paterno, Tramutola, Marsicovetere e Grumento con colture di mais, faglioli pregiati ed ortofrutta sempre pregiata completamente distrutte. L’ennesimo grido d’allarme è lanciato da Michele Bove, vice presidente Cia-Agricoltori Potenza e dirigente in Val d’Agri. La situazione – denuncia Bove – è diventata insostenibile e non solo per gli agricoltori che vedono impotenti andare distrutti mesi e mesi di lavoro ma per tutti i cittadini. I cinghiali attraversano la Fondovalle dell’Agri e le alte strade provocando incidenti, sono nei centri abitati mettendo a rischio la pubblica incolumità. Il clima diffuso di esasperazione – aggiunge il dirigente della Cia – non trova risposte efficaci alle timide iniziative avviate a livello politico ed istituzionale. C’è bisogno di azioni straordinarie ed urgenti.
La Cia evidenzia che in Basilicata la popolazione degli ungolati è cresciuta in modo esponenziale di parla di oltre 120.000 capi di cinghiali, che per ragioni di contesto trova condizione ancor più di vantaggio per la proliferazione della specie a partire dai parchi alle reti delle aree protette e a valenza ambientali.
I danni alle colture agricole rappresentano oramai una problematica di tale ricorrenza e diffusività che provoca impatti non solo socio-economici sulla vita delle aziende ma creano condizioni di pericolo e alterazione dei luoghi anche sul versante igienico sanitario alterando salubrità e biodiversità di ampi areali.
La CIA al fine di affrontare in maniera radicale la problematica e le criticità connesse, ha avanzato una organica proposta che prevede la modifica della legge quadro nazionale la n. 157/92. La proposta è stata trasmessa al Presidente del Consiglio Regionale Cicala dopo la consegna ai Prefetti di Potenza e di Matera.
In particolare le proposte riguardano:
1) Passaggio normativo e regolativo del concetto di “gestione” della fauna selvatica sostituendo l’attuale ratio che ne contempla la “protezione”‘.
2) Ricostituzione del comitato tecnico faunistico sotto l’egida della presidenza del consiglio dei ministri.
3) Distinzione netta delle attività di gestione da le attività venatorie.
4) Maggior autotutela della proprietà fondiaria e delle relative colture/produzioni da parte degli agricoltori.
5) Modifica dell’art.19 che permetterebbe l’attuazione dei piani di gestione degli ungulati, più efficaci e inattaccabili dal punto di vista legislativo, come pure è successo di recente in alcune regioni .
6) Risarcimento totale del danno provocato alle colture.
7) Tracciabilita’ della filiera venatoria .
La CIA inoltre sollecita l’approvazione del piani faunistici venatori regionali in quanto strumenti destinati a meglio definire le linee di pianificazione e programmazione sul territorio per una corretta gestione della fauna selvatica e del prelievo della stessa.
Con il Piano faunistico si vanno ad individuare gli obiettivi della politica faunistica, indirizzando e pianificando gli interventi gestionali necessari per il raggiungimento degli stessi prevedendo la destinazione differenziata del territorio, ivi comprese le aree di preparco o cd cuscinetto, che in molti casi rappresentano i siti in cui i danni alle colture sono maggiori.
I cacciatori e i sele-controllori, non posso essere l’unica componente che deve farsi carico del sovrannumero di cinghiali, peraltro in una logica volontaristica e poco organizzata.
Oltretutto a parere della CIA, una delle questioni centrali, che sminuisce in maniera importante l’efficacia di ogni qualsivoglia piano di gestione e controllo, riguarda da un lato le procedure/modalità di abbattimento e dall’altro la conseguente gestione delle carcasse.
La CIA per tali motivazioni, propone nelle more della modifica della legge nazionale, che venga riconosciuta la alle Regioni sentita la Conferenza Stato/Regioni:
• la possibilità di poter decretare lo stato di eccezionalità, calamità/emergenza che preveda la possibilità di porre in essere azioni di contrasto in base alla gravità e diffusività del fenomeno.
• Di riconoscere alle Regioni la facoltà di modificare il periodo di apertura della caccia in relazione alle diverse realtà territoriali ed ambientali.
• Deroga al divieto di caccia nelle aree protette.
• Incentivi ai cacciatori per lo svolgimento di piani
di gestione.
• Sostegno per i controlli sanitarie dei capi abbattuti da destinare alla filiera agroaliemntare.
• Piano di distruzione delle carcasse non utilizzate e non utilizzabili per la filiera alimentare.
• Favorire il reale equilibrio faunistico territoriale.