Domenica 3 novembre 2019 alle ore 10 nel salone degli Stemmi della Curia Arcivescovile si inaugura la mostra “Codex Purpureus Rossanensis”. La mostra resterà aperta dal 4 al 10 novembre dalle 9 alle 13.
Il Codex Purpureus Rossanensis è un Evangeliario greco miniato, che, contiene l’intero Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco, del quale mancano solo i versetti 15-20, e una parte della lettera di Eusebio a Copiano sulla concordanza dei Vangeli.
Si tratta di un testo adespoto(se ne ignorano, infatti, gli autori) e mutilo, di cui rimangono, degli originari 400, 188 fogli di pergamena lavorata, tinta in colore purpureo. La grafia in cui è redatto è la maiuscola biblica o greca onciale, con termini in scriptio continua (senza separazione delle parole), privi di accenti, spiriti, segni di interpunzione, eccetto il punctum che segna il passaggio da un periodo all’altro.
Il testo è distribuito su due colonne di venti righe, di cui le prime tre, che costituiscono l’incipit dei Vangeli, presentano i caratteri in oro, mentre il resto è in argento. Le miniature conservate nel Codice sono quindici. Di esse, dodici(I, II,III,IV, V, VI, VII, VII, X, XI,XII, XIII) raffigurano episodi della vita di Cristo, una riproduce il Canone della concordanza degli evangelisti (IX) , mentre l’ultima(XV) è un ritratto di Marco.
Non ci sono elementi per poter stabilire con sicurezza la datazione del Codice Purpureo, il luogo in cui fu realizzato e l’identità di chi lo portò a Rossano. La maggior parte degli studiosi, basandosi sullo stile del manoscritto, per quanto concerne la datazione, concordano su un periodo compreso tra il IV e il VI-VII secolo. Il secolo più accreditato è il VI. Dal confronto con altri manufatti coevi, di localizzazione certa, si evince che, probabilmente, il Codex è stato realizzato in Siria, forse ad Antiochia. Si ipotizza anche che l’ondata migratoria dei monaci greco-orientali avvenuta nel VII, a causa del primo iconoclasmo, abbia condotto a Rossano un gruppo di monaci che custodivano il prezioso Testo Sacro. Ma non è da escludere anche che sia stato un nobile aristocratico della corte di Bisanzio a recarlo a Rossano.
Il testo fu segnalato per la prima volta nel 1846 dal giornalista Cesare Malpica e fu scientificamente studiato nel 1879 dai tedeschi Oscar von Gebhardt e Adolf Harnack, che lo sottoposero all’attenzione della cultura internazionale.