L’”eutanasia” dei piccoli borghi, lo spopolamento delle aree interne e la fuga dei giovani – come da nuovo allarme sociale, questa volta della Svimez (Rapporto 2018) – non sono sciagure che richiedano come rimedio l’unico intervento di “protezione civile”. Il quadro è chiaro: il calo demografico in Basilicata e nel Mezzogiorno, nei comuni montani e collinari, è di intensità tale da non essere compensata dai modesti incrementi registrati nei comuni medi e grandi. I piccoli e piccolissimi comuni presentano un tasso di natalità decisamente più contenuto di quello rilevato nei centri più grandi sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord. A bassi livelli di natalità corrispondono indici molto elevati di invecchiamento della popolazione residente: nei piccoli comuni del Mezzogiorno l’indice di vecchiaia è quasi doppio di quello medio dell’area (303,2% a fronte del 152,8%). A questo si aggiunge la consistente perdita dei giovani laureati che interessa tutte le regioni del Mezzogiorno e assume un rilevo maggiore in Basilicata e in Abruzzo, rispettivamente il 33,9% e il 35,0%.
Ma cosa si può fare? Come si può provare ad arginare la desertificazione dei nostri territori (non solo dei Borghi)? Come si può provare ad invertire la tendenza in atto? Come si può provare a dimostrare ai nostri ragazzi che possibile vivere anche in Basilicata, potendosi sentire anche qui e da qui “cittadini del mondo?”. Noi un percorso lo abbiamo indicato: il Progetto Pilota 2018 Terre di Aristeo -che complessivamente sviluppa investimenti per 370 milioni di euro – dei quali soltanto l’8% (31.000.000) a carico della Regione – in cinque comprensori più la città di Matera. Non è un “sogno” perché è costituito da concretezza, possibilità, realismo, consapevolezza, solidarietà, partecipazione, coinvolgimento nel rispetto della diversità dei ruoli e delle funzioni di ognuno, ma è indispensabili che si realizzi da l’altro ieri.
Certo questa è una rivoluzione, ma una rivoluzione “vera” nella nostra Regione : una rivoluzione vera deve significare che le speranze delle nuove generazioni lucane devono essere sostenute, alimentandole non con il pesce da mangiare, ma insegnando loro ad “usare la canna da pesca”; questo è il rapporto , la filosofia e la cultura da riattivare; è rivoluzionario accettare un diverso ed innovativo rapporto tra pubblico e privato, riconoscendo ad entrambi l’esercizio delle proprie funzioni in una efficace distinzione dei ruoli; è vera rivoluzione sostenere la propria cultura, identità, storia, tradizioni attraverso l’animazione e la formazione (per tutti) per consentire la promozione delle economie locali; è rivoluzione straordinaria garantire strade idonee e sicure per consentire collegamenti tra i borghi, quale condizione vitale per riformulare la dimensione di “vicinato” propria delle nostre tradizioni economicamente sostenibili in una logica di “Comunità Integrate”. Così come è vera rivoluzione pensare all’ambiente (a cominciare dalla semplice piantumazione degli alberi) come elemento identitario e identificativo dell’esistenza Regionale.
Spesso sentiamo dichiarazioni a favore di un Mezzogiorno innovativo necessario all’esistenza dello stesso Paese Italia. Poche volte tutte queste speranze sono coniugate con la partecipazione e la responsabilità delle Comunità, delle persone del e per i giovani, del e per le nuove generazioni. Noi siamo pronti! vorremmo essere sostenuti efficacemente senza nessun timore dei controlli, siamo determinati anche a misurarci sui risultati.
Queste condizioni possono consentire la realizzazione di un nuovo Risorgimento Lucano per la cui realizzazione dobbiamo dimostrare soltanto (si fa per dire) di essere capaci di operare esaltando la nostra identità culturale, sociale, religiosa ecc. nel Mercato e nel Tempo in cui si opera. Attenzione però, il tempo non è una variabile indipendente!! e questo vale anche per i tempi della “burocrazia” e per le decisioni Pubbliche! il mercato non aspetta e non ci dà tempo per maturare!
Nov 11