”La fragilità della bellezza. Riflessioni sull’Italia vulnerabile, la necessaria prevenzione del rischio sismico e la salvaguardia del patrimonio culturale”. E’ il tema dell’incontro promosso questa mattina nella Chiesa del Cristo Flagellato per l’evento “Il tempo del dopo. Narrazioni, analisi e visioni del doposisma in italia”.
Nel giorno del 39° anniversario del devastante terremoto che il 23 novembre 1980 portò morte e distruzione in Irpinia e Basilicata a Matera si sono ritrovati questa mattina storici, sismologi, geologi, ingegneri, architetti, antropologi e giornalisti sull’ultimo mezzo secolo di eventi sismici nel Paese, fino ai terremoti del 6 aprile 2009 a L’Aquila e del 2016/2017 in Centro Italia. Al centro della discussione la vulnerabilità dimenticata, a fronte dei terremoti storici che hanno colpito nei secoli il Paese, gli strumenti e le pratiche per la prevenzione del rischio sismico e la salvaguardia del patrimonio culturale.
Dopo i saluti di Antonello Fiore, presidente Società italiana di geologia ambientale (Sigea) Aurelia Sole, rettrice dell’Università della Basilicata Marta Ragozzino, direttrice del Polo museale della Basilicata Salvatore Adduce e Paolo Verri, presidente e direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019, Egidio Comodo, presidente Fondazione Inarcassa Leo De Finis, presidente Ordine Architetti provincia di Matera, Gerardo Colangelo, presidente Ordine Geologi della Basilicata e Giuseppe Sicolo, presidente Ordine Ingegneri Provincia di Matera
Il dibattito coordinato dal geologo Antonello Fiore e dalla giornalista Federica Tourn, ha fatto registrare gli interventi di Emanuela Guidoboni dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e Centro Eedis, Bologna; Carlo Meletti di Ingv; Gianluca Valensise di Ingv; Roberto De Marco di Sigea; il docente Unibas, Angelo Masi, il docente dell’Università di Perugia, Antonio Borri, il docente dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe, Sergio Bianchi e Umberto Braccili dell’Associazione vittime universitarie del sisma del 6 aprile 2009 a L’Aquila, Fabrizio Gizzi per l’Ispc-Cnr di Tito; Raffaello Fico dell’Ufficio speciale ricostruzione Comuni del cratere del terremoto in Abruzzo del 2009, Antonio Conte dell’Università della Basilicata, Antonio Di Giacomo, curatore della mostra Terrae Motus e il docente dell’Università della Calabria, Vito Teti.
“L’obiettivo che si vuole realizzare attraverso “Il tempo del dopo” – che di fatto è la prima rassegna multidisciplinare dedicata alle tematiche dell’Italia fragile – è superare i confini che separano le due culture e mettere in dialogo discipline e competenze umanistiche e scientifiche attorno alle problematiche del doposisma in Italia, soprattutto per richiamare l’attenzione sulla prevenzione del rischio sismico che non può essere sempre quella del giorno dopo come purtroppo è finora avvenuto. Giornalisti, antropologi, sismologi, geologi, storici, scrittori, registi, fotografi, ingegneri e architetti – e fra questi l’antropologo della restanza Vito Teti, la storica dei terremoti Emanuela Guidoboni, i geologi Gianluca Valensise e Carlo Meletti dell’Invg, l’archeologo Giuliano Volpe, già presidente del Consiglio superiore per i Beni culturali e paesaggistici del Mibact, e Antonio Borri, esperto di ingegneria sismica dell’Università di Perugia si sono ritrovati a riflettere insieme, attraverso un reciproco scambio di saperi, sui destini dell’Italia fragile nell’ultimo mezzo secolo di terremoti, sulla necessaria prevenzione del rischio sismico e la salvaguardia del patrimonio culturale.
La rassegna “Il tempo del dopo” è stata curata da Antonio Di Giacomo, giornalista di Repubblica, e Antonello Fiore, presidente della Società italiana di geologia ambientale.
La fotogallery del convegno (foto www.SassiLive.it)