Arnaldo Lomuti, senatore M5S e componente della Commissione Ecomafie ha presentato un’interrogazione al Ministro per l’Ambiente Sergio Costa sulla concessione per l’estrazione di petrolio in Val d’Agri. Di seguito la nota integrale.
Quello che accade in Val d’Agri nella Concessione Eni è paragonabile a quanto accaduto a Genova col Ponte Morandi?
È il senso di una interrogazione che ho fatto al ministro dell’ambiente, Sergio Costa, con l’intento di capire se la Concessione petrolifera in questione possa essere revocata, perché sono venuti meno i presupposti di tutela e controllo ambientale degli accordi del 1998.
O possa essere quantomeno sospesa, visto che è in fase di rinnovo nel 2020 e visto quello che sta emergendo dal processo in atto a Potenza, con 26 mila mq di reticolo idrico inquinati da 400 tonnellate di greggio fuoriuscito nel 2017 da due serbatoi mal funzionanti, con il sospetto che l’inquinamento sia molto più esteso di quanto denunciato dalla stessa Eni, perdurando da ben 7 anni. Secondo quanto ascoltato durante il dibattimento processuale che vede alla sbarra diversi dirigenti Eni di primo livello e diversi dirigenti di un ente pubblico regionale, i quali, pare, sapessero che il versamento di greggio nel reticolo idrico di questa valle fosse in atto sin dal 2012, con una quantità incalcolabile di greggio probabilmente versato nel bacino dell’Agri a monte della diga del Pertusillo.
Un bacino che serve, sia come acqua per irrigazione e zootecnia che per il potabile, ampie zone della Basilicata e della Puglia: migliaia di ettari di coltivazioni, centinaia di aziende agroalimentari e zootecniche e migliaia di utenze per il potabile.
Ci si chiede, dunque: per 7 anni, è stata servita acqua inquinata con la consapevolezza della ex società petrolifera di Stato?
L’interrogazione ricorda al ministro per l’ambiente quanto sia irrisoria la produzione di idrocarburi in Basilicata, al netto della propaganda che lo vuole il più grande bacino minerario in terraferma con l’estrazione dell’80% del petrolio italiano (in tutto è il 7% del fabbisogno nazionale, dunque una goccia nel mare energetico italiano), e rimarca quanto sia delicato l’ecosistema idrico lucano. Che, con i suoi 640 miliardi di litri acqua sorgiva e il miliardo di capacità di stoccaggio in invaso, è sicuramente uno degli imbriferi più importanti d’Europa, nei cui bacini idrici, cioè quella parte dei monti permeabile all’acqua piovana, è addirittura concesso perforare.
L’interrogazione non si è fermata qui.
Al ministro è stato anche chiesto se è sua intenzione predisporre uno studio dei fondali della diga del Pertusillo e, in relazione anche al suo recente Decreto Clima, il perché sul sito dell’Aqp, Acquedotto pugliese, ente accreditato e certificatore per l’invaso del Pertusillo in Val d’Agri, è da mesi sparita la pubblicazione delle analisi mensili sullo stato di salute di buona parte dell’acqua lucana. Se l’Aqp tornerà a pubblicarli in trasparenza, se renderà di facile accesso la visione dei dati in questione, perché non sono mai stati facilmente individuabili sul sito, e, infine, quali rischi eventualmente sussistano nell’uso dell’acqua “tal quale” del Pertusillo in agro-zootecnia e quali rischi sussistono se l’acqua potabile di questa importante diga da 156 milioni di mc, all’uscita del potabilizzatore di Missanello, registra la presenza di isotopi radioattivi, come il berillio, usato come tracciante durante le perforazioni, o sostanze come il bario (che è un derivato della barite ampiamente usata durante le perforazioni), il cobalto, il C10-C40 e lo zinco.