Enrico Gambardella, Segretario generale della CISL Basilicata e Luana Franchini, Responsabile del Centro Studi CISL Basilicata: “Comuni lucani a rischio paralisi, serve un piano occupazione”. Di seguito la nota integrale.
La manifestazione nei giorni scorsi di oltre settanta sindaci, in rappresentanza di più della metà delle amministrazioni lucane, per denunciare davanti alla Prefettura di Potenza la mancanza di segretari comunali, con il conseguente rinvio delle sedute dei Consigli comunali e la mancata approvazione dei bilanci di previsione, nonché di diverse delibere, è stato un evento esemplare per descrivere lo stato drammatico in cui versano i Comuni della Basilicata. La Cisl da tempo sta denunciando il crescente deficit di capacità amministrativa degli enti locali e proponendo al contempo una soluzione, anche in ragione del fatto che con i pensionamenti anticipati di quota 100 la situazione è destinata a peggiorare, col rischio di arrivare alla completa paralisi delle amministrazioni locali, con danni incalcolabili per i cittadini.
La Basilicata, come è noto, è costituita per il 97 per cento di piccoli comuni con meno di 3 mila abitanti rientranti nella classificazione di area interna. Si tratta di comunità penalizzate dalla distanza dai servizi essenziali, come istruzione, salute e mobilità, e caratterizzate da un graduale processo di isolamento, riduzione demografica e calo dell’occupazione. Ora si ritrovano a dover fare i conti, sempre più spesso, con la mancanza del segretario, il dirigente pubblico che fornisce assistenza giuridica agli organi del Comune per garantire che i loro atti siano conformi alle norme di legge, allo Statuto e alle procedure amministrative, nonché di altre figure fondamentali, come gli assistenti sociali, professionalità questa che diventa cruciale in realtà caratterizzate da livelli crescenti di fragilità sociale.
Questa realtà deve spingerci con urgenza ad adottare dei provvedimenti virtuosi, giacché proprio i Comuni, in base al principio della sussidiarietà, sono gli enti più vicini ai cittadini; erogano servizi essenziali, in particolare in ambito socio-assistenziale; e sono destinatari di molti fondi: da quelli nazionali per le politiche sociali a quelli di provenienza europea (Fse, Fesr, etc.). Ai Comuni è richiesta una notevole capacità di programmazione, progettazione, erogazione, monitoraggio e valutazione delle spesa e dei servizi, ma mancando il personale adeguato, sia da un punto di vista numerico che dal punto di vista della padronanza delle nuove competenze, i Comuni lucani non riescono ad adempiere sufficientemente ai compiti assegnati. Questo deficit amministrativo significa in concreto l’impossibilità di spendere le risorse assegnate e l’incapacità di intercettare ulteriori fondi partecipando a bandi europei, nazionali e interregionali.
Occorre, dunque, aprire un confronto sulla capacità amministrativa degli enti locali lucani in una regione in cui la maggioranza del Pil è generato dalla spesa pubblica per infrastrutture, aiuti alle imprese, acquisto di beni e servizi, con fondi Por e Pon, e che pertanto risente moltissimo della scarsa efficacia e della lentezza dei procedimenti. Una ricerca della Banca d’Italia sulla produttività della spesa dei fondi europei individua alcune condizioni che rendono la spesa più efficace in termini di aumento della produttività: il buon funzionamento del sistema istituzionale e la densità abitativa. Si tratta quindi di intervenire sull’anello debole della capacità amministrativa della nostra regione per fare in modo che i fondi nazionali ed europei, a fronte delle scarse risorse del bilancio regionale – definito di lacrime e sangue nonostante le royalties del petrolio – siano spesi al meglio e producano non solo spesa rendicontata, ma soprattutto occupazione e qualità dei servizi e della vita.
Uno studio del Cnel sulla qualità della spesa dei Comuni ci restituisce non a caso l’immagine di una regione in cui viene realizzata una spesa dispendiosa e inefficace, una spesa quindi che non aggredisce le criticità e il disagio sociale. Dobbiamo, perciò, necessariamente intraprendere la strada del processo di nascita e consolidamento di nuove forme di governo, come la gestione integrata tra Comuni di funzioni e servizi pubblici locali: dalla protezione civile al catasto, dai servizi informatici al trasporto pubblico locale, dalla statistica all’edilizia scolastica, fino ai servizi sociali. Un nuovo modo di fare amministrazione pubblica, insomma, capace di soddisfare i bisogni dei cittadini e attivare nuovi processi di collaborazione e di reciproco riconoscimento tra pubblico e privato.
Occorre, infine, dare immediata attuazione al piano occupazionale nei Comuni, come annunciato un anno fa dalla Provincia di Potenza, che consentirebbe un aumento dell’occupazione, in particolare di laureati, e un aumento della capacità di produrre buona spesa e buona programmazione dei servizi. Il futuro della Basilicata non può che passare attraverso queste scelte, non più rinviabili.