Riceviamo e pubblichiamo un contributo inviato dall’ambientalista materano Pio Abiusi per conto di Città Plurale in cui affronta il tema del piano di monitoraggio delle acque di falda nel territorio Melfese.
Stiamo parlando della originaria barriera di monitoraggio delle acque di falda. Il piano di monitoraggio ambientale del Melfese di cui alla delibera regionale del 1999 ne prevedeva 10 di pozzi. Il dieci è risultato secco da tempo immemorabile e per ben due volte di seguito, Novembre 2011 e Gennaio 2012, sono risultati privi di acqua il 3, il 5 il 7 e l’8, La barriera di monitoraggio si è ridotta alla metà. A Marzo del 2011 i pozzi secchi risultarono essere il 2, il 5 e i’8 più alcuni dati non rilevabili in tutti gli altri. In poche parole lo scenario non è immobile e monotono.
A marzo 2011 ,la Regioneed i convenuti in conferenza di servizio tuonarono come usavano fare gli equipaggi delle flotte borboniche: guagliù facimm’ ammuina”; la cosa non andava bene bisognava ridurre l’emungimento. Il Prof. Fracassi, incaricato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Melfi per redigere la relazione di consulenza tecnica, ebbe a rilevare che”Le acque emunte sono state avviate nel depuratore di proprietà Fenice, ubicato nel perimetro industriale di SATA S.p.A. Questa pratica, non esaminata nel corso del presente accertamento tecnico , meriterebbe probabilmente un approfondimento per escludere violazioni di legge”. Egregio Prof. Fracassi evidentemente anche in chiave legale è tutto a posto.
L’Arpab nelle note esplicative afferma che, stante le prove del piano di bonifica delle falde sotterranee, la situazione migliora su quali basi si afferma questo non è dato conoscere, come al solito.
Il 28 Novembre dello scorso anno si tiene una ennesima conferenza dei servizi ed in quella data i convenuti intimarono a Fenice che entro 30 giorni avrebbe dovuto aggiornare l’analisi di rischio e chiesero alla Società di adeguare il sistema di monitoraggio della barriera idraulica serie 100 secondo il protocollo Ispra per il controllo remoto da parte degli enti deputati alla vigilanza – già ci immaginiamo l’Asp alle prese con i controlli- e consentire dal remoto le varie verifiche neanche questo è accaduto e continuiamo ad attendere per conoscere i dati relativi a quella che è divenuta la nuova barriera di monitoraggio anche se informale e da nessuno mai autorizzata.
Quel nuovo sistema di monitoraggio, la serie 100, diviene fondamentale per conoscere se almeno l’emungimento che ha svuotato i pozzi delle vecchia barriera hanno permesso di contenere l’inquinamento nel sito contaminato .
Ricordiamo che quando a Maggio dello scorso anno Fenice attenuò l’emungimento, su richiesta dalla conferenza dei servizi finalizzata alla approvazione del documento di Analisi del rischio tenutasi il 31 Marzo anche un pozzo della nuova linea presentò valori oltre soglia di contaminazione.
Si continua a girare intorno a Fenice senza fare un punto fermo e, nel frattempo, i dati relativi al monitoraggio della qualità dell’aria, del rumore, delle acque superficiali e dei sedimenti, del suolo e del sottosuolo restano sconosciuti
” Meno male che Fenice c’è” perché grazie alla attenta politica dei rifiuti adottata dalla Regione che punta, in buona sostanza , alle discariche ad agli inceneritori se Fenice non ci fosse stata la si sarebbe dovuta inventare. Che ci resta da dire o da fare? questa èla Basilicata ed allora: guagliù facimm’ ammuina e speriamo in un domani!
Pio Abiusi – Città Plurale Matera