L’Italia è il Paese al mondo con il maggior numero di siti riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Lo Stivale conta infatti ben 55 luoghi che, per la loro importanza storica e culturale, sono stati inseriti nella prestigiosa lista. Forse per questo non poteva partire che dall’Italia il progetto che cerca di preservare il patrimonio archeologico attraverso una delle tecnologie più innovative del momento: la blockchain. L’idea di un ragazzo italiano si è trasformata in un progetto concreto che ha avuto presto visibilità internazionale e perfino l’interessamento dell’Unesco. Ma andiamo con ordine.
Cos’è la Blockchain?
Una domanda a questo punto potrebbe venire spontanea: cosa c’entra l’archeologia con la Blockchain? In effetti appaiono mondi piuttosto lontani, ma questo è dovuto al fatto che spesso si collega questa tecnologia con le criptovalute e il trading online, in altre parole le valute digitali come il Bitcoin. In realtà, queste sono solo delle possibili applicazioni della Blockchain, che è una tecnologia utile per moltissimi altri settori. Con le criptovalute la Blockchain viene utilizzata principalmente per verificare le transazioni tra tutti gli utenti, grazie all’assenza di una gestione centralizzata e alla crittografia. Così è possibile inviare dati in modo sicuro, in assenza di intermediari. È proprio questa caratteristica ad essere la più interessante perché consente di creare un registro universale, sicuro e non violabile, in cui tenere delle informazioni.
Kapu, la start-up italiana che rivoluziona l’archeologia
L’innovativo progetto che unisce il patrimonio culturale e la Blockchain sfrutta proprio la sicurezza delle informazioni per realizzare un sistema di catalogazione dei reperti archeologici. A sviluppare l’idea è la start-up italiana Kapu, creata dal giovane Martino Merola, developer ed esperto di criptovalute.
Dal momento che la conservazione e la preservazione dei reperti archeologici è costantemente minacciata da smarrimenti, furti, alterazioni o semplicemente dal trascorrere del tempo, il progetto Kapu vuole catalogare in modo sicuro ed univoco i reperti al fine di preservarne le informazioni per l’eternità. E’ infatti possibile condividere o avere accesso ai dati relativi ai reperti antichi in modo sicuro e veloce: in altre parole, si tratta di uno strumento utile per i professionisti che operano nel settore archeologico, ma anche per le università, i musei e qualsiasi altra attività culturale.La App ufficiale di Kapu è già disponibile e scaricabile sia sull’Apple Store che sul Play Store di Google. Una curiosità: il nome “Kapu” deriva dalla città di origine del fondatore, Santa Maria Capua Vetere.
Il progetto ha avuto fin da subito una visibilità internazionale ed è stato oggetto di interesse anche da parte dell’Unesco. Quest’ultima si è complimentata con il tema italiano e nel 2019 lo ha invitato ufficialmente a presentare il progetto.
Il progetto si finanzia con una criptovaluta
Un ulteriore aspetto interessante del progetto dell’intraprendente Martino Merola è la modalità di finanziamento. La start-up infatti ha lanciato una propria criptovaluta per ottenere i finanziamenti necessari allo sviluppo. La moneta si chiama ovviamente Kapu ed è anche attenta al rispetto dell’ambiente: se infatti le criptovalute di solito comportano un elevato consumo di energia, il sistema scelto da Merola (chiamato DpoS) riduce sensibilmente i consumi legati alla produzione di nuove monete rispetto ad esempio al Bitcoin.
I benefici per i siti protetti come Matera
Date le numerose manifestazioni di interesse a livello italiano e non solo, il progetto Kapu potrebbe svilupparsi rapidamente nell’ambito dell’archeologia e più in generale della protezione del patrimonio culturale. Per i siti riconosciuti patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco le possibilità derivanti dall’utilizzo di Kapu potrebbero essere sicuramente interessanti, non solo per la protezione ma anche per la condivisione dei singoli reperti.
La città di Matera, che grazie ai famosissimi “Sassi” è salvaguardata dall’Unesco fin dal 1993 nonché uno dei siti più amati, avrebbe sicuramente numerosi luoghi da inserire nell’archivio dell’applicazione per proteggerli e per renderli condivisibili tra gli esperti di archeologia o anche tra i semplici appassionati. Il progetto Kapu a breve sarà a disposizione per i musei o per qualsiasi istituzione archeologica. L’utilizzo della applicazione sarà totalmente gratuito, l’unico costo che gli enti dovranno affrontare sarà l’inserimento dei dati relativi ai reperti all’interno del sistema Kapu.