L’avvocato cassazionista materano Leonardo Pinto esprime alcune riflessioni dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario avvenuta sabato scorso nella Corte d’Appello di Potenza e punta l’attenzione in particolare sulla riforma della prescrizione. Di seguito la nota integrale.
Ieri vi è stata l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Distretto della Corte di Appello di Potenza alla quale, purtroppo, non ho potuto partecipare per assolvere un’incombenza professionale con scadenza proprio ieri. Era mia intenzione intervenire sulle tante stramberie che si sentono e leggono sui giornali a proposito della giustizia.
A ragione si ricorda Calamandrei per sottolineare il ruolo indispensabile dell’avvocato, il quale, però, avrebbe mal digerito l’attuale gestione degli ordini forensi e del CNF di cui è stato ineguagliabile presidente. E dubito che avrebbe condiviso l’istituto della prescrizione versione ante riforma Buonafede, simile solo in Grecia che certamente non è un modello da prendere ad esempio.
Non è il ripristino della norma abrogata che risolve i mali della giustizia. Ricordo a chi non vuol sentire e capire che ogni processo che si conclude con la prescrizione del reato rappresenta il fallimento dello Stato per non essere riuscito ad esercitare il suo potere giurisdizionale al fine garantire la pace sociale (non è cosa di poco conto). Se questo è, com’è, per avere un processo di durata ragionevole, occorre l’aumento degli organici dei magistrati e del personale amministrativo degli uffici giudiziari oltre che modificare le norme (di cui nessuno parla) che attualmente consentono trasferimenti di magistrati senza disporre di loro sostituti; l’esatto contrario di quello che avviene negli altri uffici pubblici.
La situazione della giustizia dai tempi di Calamandrei ad oggi è degenerata, soprattutto perché è saltato il rispetto delle regole da parte di tutti.
Al punto dove siamo, ritengo sia necessario chiedere sempre (recte, pretendere) il rispetto rigoroso della legge.
Si tratta di regoletta semplice, di facile applicazione che non richiede investimenti, ma solo onestà intellettuale e reciproco rispetto.
L’applicazione rigorosa della legge è l’antidoto ad ogni sciatteria. Questo, è il mio fermo convincimento maturato dopo aver assistito a tante disinvolture (per usare un eufemismo) nelle aule di giustizia e dopo aver letto tanti provvedimenti giudiziari incomprensibili e ingiustificabili, frutto di grossolane approssimazioni.
Quella che auspico è una riforma concreta a costo zero certamente efficace che, però, non piace in quanto l’attuale sistema va bene a tutti, perché ciascuno può coltivare -senza essere disturbato- il proprio “particulare” per dirla col Guicciardini.
E’ ora che gli avvocati si sveglino e smettano di fare battaglie di retroguardia; devono guardare avanti proprio come faceva Calamandrei, che non era un conservatore, senza mai dimenticare il giuramento prestato quando hanno indossato la prima volta la toga: “Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”. Giuramento che costituisce forza dirompente che si impone su chi utilizza la giustizia per biechi fini personali e fa “salotto” nelle aule giudiziarie svilendone la funzione pubblica e sociale.