Inaugurata questa sera negli ipogei La Lopa, nei Sassi di Matera, la mostra “Omaggio al Carnevale lucano, le maschere di Nicola Toce”. Sono intervenuti Vincenzo Maria Spera, Francesca Uccella e Francesco Linzalone.
Nicola Toce nasce a Stigliano, in provincia di Matera, nel 1970. Dopo aver passato i primi cinque anni della sua vita in Calabria, torna ad Aliano, paese d’origine del padre. Sin da piccolo dimostra una spiccata sensibilità artistica e prima dei dieci anni inizia a creare le proprie maschere da usare durante le sfilate organizzate per il Carnevale. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte di Potenza e frequenta i primi due anni all’Accademia di Belle Arti di Brera. Dopo aver lavorato come restauratore, decoratore e scenografo, dal 2008 al 2013 vive a Girona, in Catalogna, dove dà vita al suo primo progetto legato alle maschere che ha come risultato alcune mostre ed il volume I figli di Lamisco. Le maschere di Nicola Toce, uscito nel 2015 per i tipi di Rubbettino Editore. Ha realizzato sculture e bassorilievi per enti, comuni ed istituzioni.
Dall’8 febbraio al 28 aprile 2019 le sue opere sono state esposte presso la casina delle Civette a Villa Torloni, a Roma con la mostra il mito rivisitato. Le maschere arcaiche della Basilicata (catalogo de Luca editori d’Arte) visitata da quasi 21000 persone. La stessa mostra, durante l’estate, è stata allestita a Matera, nella centralissima piazza San Francesco. Nel 2019 è stato premiato con un attestato e meriti artistici e professionali dalla giuria del Gran premio internazionale del Leone d’Oro di Venezia.
La tecnica utilizzata da Nicola Toce per la creazione delle maschere è antica e tradizionale, ma nella realizzazione delle forme appare rivoluzionaria e innovativa. Il trattamento della carta e dell’argilla l’espressività ottenuta con la combinazione delle tinte molto spesso calde cariche, sfumate e leggere l’uso delle terre e l’incisività della focheggiatura fanno di ogni pezzo da lui realizzato un unicum irripetibile.
Vincenzo Maria Spera, già titolare della cattedra di storia delle tradizioni popolari all’Università del Molise e al Suor Orsola Benincasa di Napoli, oggi in pensione, ha introdotto il lavoro artistico di Nicola Toce con una lezione antropologica sul Carnevale lucano: “Il Carnevale, per quanto perseguitato e condannato, nasce nei monasteri, nell’Alto medioevo, ed è una festa che ribadisce il ciclo cristologico, infatti cade nel periodo che si trova tra il Natale e la Pasqua e non si può pensare ad una Quaresima senza il Carnevale. In Basilicata ci sono dei Carnevali molto interessanti ma non sono arcaici, come qualcuno dice. Sono riarticolazioni gestite e sollecitate dalle parrocchie, perché un modo per raffigurare il rapporto di confusione che nasce con il nuovo tempo, la nuova era e questo crea uno scombussolamento, bisogna cambiare l’ordine delle cose e per cambiarlo bisogna annullare quello che c’è prima. Si annulla, ribaltando tutto, con il mondo alla rovescia, carnevale ogni scherzo vale, le regole laiche, religiose e civili in quel periodo cadono, perché non esiste la norma, tutto è ribaltato perché deve la norma deve rientrare con tutto il suo vigore. Infatti con la Quaresima si ristabilisce l’ordine. I Carnevali sono la rappresentazione del potere dei morti che tornano, la maschera diventa la presentazione attraverso un occultamento dell’umano di un potere sotterraneo. Chi indossa una maschera diventa la maschera, per cui alla maschera è consentito tutto e in quanto tali sono sacre, gli è consentito fare quello che normalmente le persone non possono fare.
Come si sono evoluti i Carnevali in Basilicata? “Tutto nasce con una ipertrofia analistica della festa del Maggio di Accettura che è diventata famosa. Erroneamente alcuni storici delle tradizioni popolari che poco sapevano di tradizioni popolari ma avevano visto solo quella festa, dicevano che questa festa era una sopravvivenza dei culti arcaici, di cui si era perso il significato. In parte è vero ma ogni documento di cui veniamo a contatto ha bisogno di essere approfondito storicamente. La ricerca storica sul Maggio di Accettura mi ha portato a considerare un sacco di elementi, per esempio non è il matrimonio degli alberi anche se questo è piaciuto perché richiamava i culti arborei arcaici del millennio Avanti Cristo, una cosa che entusiasmava i lucani. E come Accettura in Basilicata ci sono almeno 14 feste di questo genere, altre 5-6 nel Pollino, nel Viterbese, in Umbria, in Toscana. Sono alberi della cuccagna ma dire che sono culti arborei rende la festa più nobile. Quindi i contadini, i bovari, gli artigiani, i paesani, sono stati espropriati della loro cultura, che è diventata oggetto di gestione della borghesia. Quando si dice che la festa affonda le radicin nella notte dei tempi vuol dire che la festa diventa interessante per la borghesia, perché è archeologia e l’archeologia è potere gestito dalla cultura. La borghesia comincia quindi a gestire la festa e la rigonfia, diventa così una rappresentazione della presentazione rituale”.
L’Omaggio al Carnevale lucano è avvenuto anche con la presentazione della maschera cornuta di Aliano.
Michele Capolupo
La fotogallery della mostra “Omaggio al Carnevale lucano, le maschere di Nicola Toce” (foto www.SassiLive.it)