Cinque persone sono state arrestate dai carabinieri tra Melfi e Cerignola nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza contro una banda specializzata nei furti di auto, commessi decodificandone le centraline elettroniche per eludere i sistemi di sicurezza “immobilizer”.
Le indagini hanno riguardato 30 furti fatti di notte lo scorso anno in provincia di Potenza. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la base operativa e logistica della banda era a Cerignola. Di seguito il testo integrale della nota inviata dalla Procura della Repubblica sull’operazione eseguita dai Carabinieri.
Nelle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Potenza e condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Melfi (PZ), è stata data esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, disposta dal GIP di Potenza, nei confronti di cinque persone, quattro delle quali residenti a Cerignola (Foggia) ed una in Melfi (Potenza), ritenute responsabili in concorso fra loro di decine e decine e di furti aggravati consumati o tentati avvenuti tra il gennaio ed il maggio 2019 nei comuni di Melfi, Lavello, Rionero in Vulture, Barile e Rapolla.
Dalle indagini emergeva una ben definita organizzazione di stampo “familiare” radicata nel Comune di Cerignola dedita alla realizzazione di una attività di vero e proprio “approvvigionamento” di autovetture svolta in tutto il territorio lucano.
In particolare, il quadro probatorio acquisito consentiva di individuare una sequenza di circa trenta furti commessi solo nella prima metà del 2019; dati, questi ultimi, altamente significativi ed allarmanti, soprattutto per le modalità adottate, connotate da particolare professionalità e scaltrezza criminale
Tale fenomeno, difatti, solo negli anni 2018 e 2019, collocava i Comuni di Melfi, Rionero in Vulture, Barile, Rapolla e Lavello, ai primi posti in Italia tra i Comuni più afflitti da questi reati di particolare matrice predatoria.
Le indagini consentivano di ricondurre tutti i furti ad un’unica organizzazione criminale promossa e gestita da due pregiudicati cerignolani (padre e figlio) con il concorso degli altri tre indagati.
In particolare, a seguito di un tentato furto commesso in Barile (PZ) il 07 maggio 2019, l’attività investigativa consentiva di identificare gli indagati ed individuare l’autovettura utilizzata.
Il gruppo veniva così monitorato e, in data 13 maggio 2019, due dei cinque indagati venivano tratti ln arresto in flagranza di reato mentre tentavano di impossessarsi di un’autovettura in Melfi (PZ).
Acquisiti in tal modo importanti elementi Investigativi, si procedeva ad una meticolosa ed articolata attività di indagine sviluppata attraverso l’incrocio di tabulati e celle telefoniche, esame di immagini estrapolate da sistemi di videosorveglianza, analisi dati e plurimi riscontri operativi, che consentivano di ricostruire l’intera attività criminosa e delineare la responsabilità dei cinque relativamente ad ogni singolo furto commesso dall’inizio del 2019.
Le macchine oggetto di furto erano tutte connotate da un elemento ln comune; difatti, dei circa trenta furti commessi nel territorio del Vulture-Melfese, le autovetture oggetto di sottrazione erano sempre di quattro modelli.
Il furto dei veicoli avveniva con il medesimo mezzo fraudolento ovvero con centraline decodificate che, sostituite a quelle originali, permettevano di eludere il sistema di sicurezza c.d. “immobilizer’ (caratterizzato da chiavi crittografate), così come alcune chiavi passepartout artigianali utilizzate per la messa in moto.
Tutti i furti ed i tentati furti commessi venivano posti in essere con un’unica modalità: gli autori, prima, aprivano o forzavano con arnesi da scasso le portiere delle macchine, disarticolavano i fili di accensione – come emergeva dalle denunce dei proprietari e degli utilizzatori dei veicoli rubati da cui si rilevava come i fili fossero stati estratti dalla parte collocata al di sotto del volante – aprivano il cofano delle macchine, nonché, avvicinandosi al body computer, staccavano i fili di accensione che collegavano, poi, alla centralina modificata.
Le modalità dei furti apparivano tutte ricorrenti, routinarie e ben consolidate, a riprova di un meccanismo ben collaudato dai complici che, consci dell’estrema facilità della sottrazione, compivano un numero effettivamente sorprendente di furti tale da allarmare la cittadinanza della zona del Vulture Melfese e tale da essere annotato persino nelle cronache nazionali che collocavano la Basilicata come il territorio con la più elevata frequenza di furti.
La misura è stata eseguita con l’impiego di 30 militari del Comando Provinciale di Potenza, che traevano in arresto gli indagati, sottoponendoli alla misura cautelare degli arresti do •ciliari presso le rispettive abitazioni.