Il pensiero di Aldo Moro ai tempi del Coronavirus, intervento di Pierluigi Diso. Di seguito la nota integrale.
”Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà”. Così si sarebbe espresso Aldo Moro in un periodo buio per l’Italia, in cui ci vien chiesto di non uscire per uscire al più presto da questo incubo virulento che sta contagiando il Paese. In questo periodo di studi, ricerche, riflessioni e ricordi, torna alla mente il giorno del rapimento di Aldo Moro. Fu sequestrato il 16 marzo 1978 a Roma dalle Brigate Rosse e il suo corpo senza vita fu ritrovato il 9 maggio successivo in via Caetani, nel centro della Capitale, al termine di 55 giorni di prigionia. Stare in casa per evitare il contagio non può certo essere paragonato a una prigionia, anche se stiamo assistendo non certo a quelle leggi speciali varate dal Governo per il caso Moro il 21 marzo 1978, ma i DPCM sono come degli abiti stretti da dover comunque indossare se si vuol stare bene dopo. Furono anche quelle per Moro delle leggi di emergenza per fronteggiare il fenomeno terroristico. La data del 16 marzo non vuole solo ricordare che 42 anni fa il presidente della DC fu rapito dalle BR e rimasto nella nostra mente per la foto con la stella a cinque punte alle spalle. Voglioperò ricordare Moro oggi per il suo pensiero politico, per il suo disegno strategico destinato a svilupparsi per decenni, coinvolgendo vari strati di cittadini sempre più ampi nel governo del Paese. Ecco che sono accolti con favore tutti i dibattiti accesi qualche giorno fa in città in vista delle prossime consultazioni elettorali per la scelta del primo cittadino di Matera. Moro fu un vero riformista. Alla sua memoria va dedicata la riflessione di carattere più generale, riguardo al contesto e al momento storico, in quanto la data del 16 marzo prima e del 9 maggio 1978 poi segnano la cesura nella storia del Novecento, tra ciò che c’era e ciò che è venuto dopo. La grandezza di Aldo Moro non sta pertanto solo nella moralità (che un politico dovrebbe comunque possedere, sebbene questo non porti consenso) ma sta soprattutto nella sua capacità di usare strategicamente la politica, cioè nella capacità di guardare al futuro, nell’amministrare di volta in volta le forze e le energie del cambiamento, persino se ideologicamente diverse. In una fase politica, priva di strategia e di rinnovamento, piegando la propria attività sempre più al particolare e al clientelismo, si dà vita solo alla corruzione, tanto che si giunse a Tangentopoli.La nascita della seconda Repubblica ha di fatto aperto una fase nuova nella storia politica portando alla ribalta leader più o meno carismatici e più o meno populisti che, salvo brevi interruzioni, hanno poi governato l’Italia dal 1994 ad oggi.La lezione di Moro è ancora attuale perché non si può intendere la politica come semplice gestione burocratica della cosa pubblica. Lo sguardo deve andare oltre il presente, dev’essere un impegno ad osservare e a confrontarsi con la società per coglierne esigenze ed aspettative al fine di costruire – con le risorse disponibili – un progetto condiviso, in futuro anche per Matera che dal locale già prima del 2019 si era aperta al nazionale ed oggi è città di respiro europeo e globale.Mai come adesso, a distanza di quarantadue anni dalla strage di via Fani è attuale il pensiero di Aldo Moro. E’ strano vedere ancora oggi la gente ricercare quel tempo lontano delle culture politiche che uniscono e non dividono, il confronto delle idee, delle strategie collettive, di soggetti veramente leader e capaci di costruire strategie valide per il Paese.Chissà cosa sarebbe successo all’Italia se Moro quella mattina di marzo fosse arrivato in parlamento a votare la fiducia al Governo Andreotti? Il suo pensiero è ancora vivo, perchèegli pone lo “….Stato al servizio dell’uomo;egli vuole affermare il carattere progressivo e dinamico che lo Stato deve avere, con la sua propria capacità di intervento in campo economico e sociale, rispettoso dell’interesse di una collettività che non abdica ai valori del privato ma riconosce la funzione armonizzatrice e coordinatrice dello Stato nella vita economica, per dare ordine e stabilità all’organizzazione sociale”. La sua concezione dello Stato non è classista, né populista, ma di impegno in una nuova democrazia verso una elevazione morale e sociale. Moro fu il primo politico a credere nel valore innovativo del dialogo e dell’intesa provocata dai cattolici moderati. Comprendere ed accettare questa lezione politica e di vita al tempo d’oggi, senza lasciarsi né distrarre né travolgere dagli eventi politici appena accaduti, è un compito terribilmente difficile. Già Moro aveva affrontato la crisi del centrismo, con le elezioni regionali del 1975 Moro capì che non si poteva restare imbrigliati in una formula sottraendosi all’obbligo di capire meglio i cambiamenti nel divenire, anche caotico, nella società.La parola giusta è senso delle istituzioni, specie adesso che l’Italia è diversa, con una differente classe dirigente politica e oggi con l’emergenza del Covid 19 e non del terrorismo interno, mentre ci sono ancora da affrontare la crisi economica, l’immigrazione, la sicurezza, il debito pubblico insostenibile, ma andrà tutto bene.
Pierluigi Diso