Il materano Michele De Lecce in una nota esprime alcune riflessioni sull’emergenza Coronavirus.
Il 9 marzo tutta Italia è diventata zona rossa e l’11 marzo sono state chiuse tutte le attività ad esclusione di quelle essenziali. E’ passato quasi un mese da quelle date e la situazione generale vede un miglioramento dappertutto grazie al distanziamento sociale che, grazie alla tecnologia, possiamo chiamarlo più correttamente “distanziamento fisico” che in Italia è stato indicato in un metro, in Usa in 1,82 metri e basta guardare il virologo Burioni da Fazio per capire che 1 metro è distanza insufficiente. E’ risaputo che l’emergenza è iniziata il 31 gennaio 2020 quando con decreto è stato dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, quindi fino al 31 luglio 2020. Cosa bisognava fare? Innanzitutto era necessario che, sia lo Stato che tutte le attività commerciali, imprenditoriali e industriali ed in particolare l’apparato sanitario statale e regionali, procedessero ad un aggiornamento dei Documenti di valutazione dei rischi che ogni azienda è obbligato ad avere ed aggiornare in ogni situazione nuova che si viene a creare nell’azienda o nell’ambiente circostante ai sensi del D. Lgs 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni ed integrazioni (in particolare il decreto correttivo ed integrativo del 3 agosto 2009, n. 106). Per quale motivo e come? Per il rischio epidemiologico prevedendo l’acquisizione urgente di idonei dispositivi di protezione individuali (DPI) per tutti i lavoratori e, come la legge prevede, di attuare tutte le idonee misure per la prevenzione (organizzazione del lavoro in turni, sanificazione costante e continuativa degli ambienti di lavoro e dei mezzi, lavoro agile dove è possibile, ecc ecc). Se ciò fosse stato fatto avremmo abbassato, e di molto, il rischio epidemiologico e tutte le criticità che ci sono state in questo grave periodo di emergenza e avremmo senza alcun dubbio evitato le contaminazioni avvenute in diversi ospedali e con la concreta possibilità di ridurre sensibilmente la circolazione del virus e tutte le conseguenze relative dal punto di vista delle perdite di vite umane, delle criticità nel sistema sanitario e nell’impatto con l’economia del paese. Anche il governo, che pur è stato bravo, tempestivo ed intelligente a istituire la zona rossa e la chiusura delle attività in tutta Italia e ciò è stato un intervento di prevenzione fondamentale da lodare e riconoscere al governo Conte, avrebbe dovuto nominare subito un commissario straordinario e studiato, ancor prima che l’epidemia cominciasse a circolare in Italia, un piano per il contrasto alla sua diffusione in larga scala ma ciò è stato un problema di tutto il mondo che ha enormemente sottovalutato la pandemia o pensava di poterci convivere per non frenare il motore economico del proprio paese. Cosa è successo invece? E’ successo che il virus ha iniziato a circolare in Italia sin da gennaio in maniera silenziosa e poco controllata (ci sono racconti di familiari di persone decedute per polmoniti anomale nei mesi di gennaio e febbraio ai quali non è mai stato fatto un tampone) e lo studio dell’ospedale Sacco di Milano insieme all’Università di Milano ha accertato che, dall’analisi filogenetica dei primi 3 genomi completi sequenziati al Sacco il 27 febbraio, il tempo di origine del cluster analizzato “corrisponde ad un periodo che precede di diverse settimane il primo caso evidenziato in Italia il 21 febbraio”. Ormai tutto ciò è da lasciare comunque alle spalle e pensare alla situazione attuale e provare a programmare il futuro. Il governo Conte lo sta facendo, il commissario Arcuri ha migliorato sensibilmente le criticità esistenti al suo arrivo e sta provvedendo regolarmente a distribuire i DPI indispensabili. I dati ufficiali ci dicono che in Italia, grazie ad un miglioramento sensibile nelle regioni del nord, il picco dei contagiati accertati in un solo giorno è avvenuto il 21 marzo con 6557 nuovi contagiati (alle 18 del 5 aprile erano 4316 che detratti dei deceduti e dei guariti delle ultime 24 ore porta al numero che la protezione civile comunica e cioè 2972 nuovi contagiati attualmente positivi). Adesso attendiamo il picco più importante che è quello dei contagiati attualmente positivi che sono ancora in crescita (alle 18 del 4 aprile erano 88274, al 5 aprile 91246 per un incremento nelle ultime 24 ore dei già precedentemente citati 2972 nuovi contagiati attualmente positivi). Avremo il picco relativo con conseguente inversione di questa curva quando il numero comincerà ad essere negativo cioè i contagiati totali attualmente positivi di un giorno saranno inferiori a quelli del giorno precedente e ciò avverrà quando la somma dei guariti e deceduti del giorno sarà superiore ai nuovi contagi accertati del giorno stesso.
Infine perché è stato ed è importante e fondamentale il distanziamento fisico e l’uso dei DPI? Perché abbiamo ridotto la circolazione del virus con contagiati accertati di 130.000 che, si dice, potrebbero essere nella realtà anche 600.000 ma anche con questo numero significa che al momento solo l’1% della popolazione italiana ha incontrato il virus producendo 16.000 morti (quelli ufficiali ma pare ci siano molti in più e basta guardare l’inchiesta fatta da un bravissimo giornalista dell’Eco di Bergamo) e attualmente ci sono circa 4.000 pazienti in terapia intensiva oltre ai più di 30.000 ospedalizzati. Ciò ci fa riflettere sul fatto che se invece il virus avesse già incontrato anche solo il 50% della popolazione avremmo avuto 50 volte in più di morti certi (quindi 800.000) più molti altri a causa della carenza di posti in terapia intensiva (sarebbero stati necessari 200.000 posti in t.i. e non i 4.000 attuali).
La ripresa quindi andrà attuata e preparata per bene in modo da prevenire ondate successive e va iniziata la fase 2 solo quando il virus sarà ben controllato e sarà indispensabile mantenere il distanziamento fisico e l’uso delle mascherine che devono essere ben usate e di ciò è necessario urgentemente che per il loro corretto uso sia i lavoratori che i cittadini siano ben istruiti e formati.
Michele Di Lecce