Sulla croce del Monte Vulture riportiamo di seguito un più ampio e preciso approfondimento storico lo studio documenta a cura di Antonio Cecere, redattore del blog Di Storia di Storie. Di seguito la nota integrale.
In un tempo d’incertezza come quello che stiamo vivendo attualmente, uno spunto di riflessione sull’importanza della tradizione e della religione nella nostra terra può esserci offerto da un approfondimento sul simbolo della cristianità per eccellenza: la Croce. Nella settimana più importante per la cristianità, quella Santa, c’è chi propone l’apertura delle chiese probabilmente sottovalutando il pericolo della cosa al pari di chi la scorsa settimana proponeva l’apertura delle industrie. Ma a volte basta rivolgere lo sguardo verso qualcosa a noi caro per trovare conforto interiore tanto più se questo qualcosa rappresenta il connubio perfetto tra storia e sentimento, senza per forza aprire i luoghi di culto: la croce monumentale sul Monte Vulture. Un qualcosa di straordinario che ha da sempre rappresentato il rifugio dell’anima per tutte le genti della regione del Vulture. Qualunque sia la nostra posizione sul territorio basta sollevare lo sguardo per vederla svettare “eroicamente”. Interessante lo studio di Gianni Maragno pubblicato ultimamente online proprio sul manufatto posto sulla cima più alta dell’antico vulcano. Per intenderci, sul Vulture, a tal proposito, di croci ce ne sono almeno altre sei al pari delle vette rimanenti come dimostrato da un altro studio condotto da Donato Di Lucchio qualche anno addietro e pubblicato sulle pagine di un importante quotidiano nazionale. Maragno si rifà ad un articolo pubblicato l’11 settembre 1901, cent’anni esatti prima dell’attentato al World Trade Center di New York, sul giornale cattolico “La Scintilla” per ciò che riguarda l’inaugurazione del monumento avvenuta il 28 del mese di agosto di quell’anno. Leggendo la relazione ricopiata per intero da Maragno, che per la verità costituisce in sé il vero articolo, affinché si possa avere un quadro ancor più chiaro circa quella croce, è doveroso riportarvi un episodio sconosciuto ai più ed il cui anniversario ricade nell’appena trascorso mese di marzo. Conosciamo la data dell’inaugurazione, ma poi? Sono ormai 119 anni che è lassù a vegliare sulle genti delle valli circostanti. Notevolissimo uno studio, dallo scrivente ritrovato, del famoso ing. Giuseppe Catenacci di Rionero datato 15/30 marzo 1961. Il prof. Catenacci arcinoto per le sue opere davvero avanguardistiche realizzate nel campo dell’architettura e non, quali il salvataggio in extremis, poiché destinata all’abbattimento su indicazione dell’allora Regio Genio Civile, della cupola della Chiesa Matrice di Rionero dopo il terremoto del 1930; l’impiego dell’appena diffuso cemento armato nelle costruzioni per la realizzazione ai primi del secolo scorso del cine – teatro “Combattenti” nella piazza XX Settembre della cittadina fortunatiana con importanti risultati e la prima ipotesi in assoluto di una moneta unica europea davvero tanti anni prima della più moderna Unione e dell’Euro, ci parla del crollo della croce sul Vulture per una violenta tempesta. Lo studio di Catenacci fu pubblicato in un minutissimo opuscolo di sole venti pagine, ormai introvabile, realizzato dagli orfani della Tipografia dei Frati Minori Conventuali di Rionero «Per onorare – si legge – Cristo Redentore». Era stata, infatti, autorizzata la ricostruzione integrale della croce in loco, dopo ripetuti interventi anche giornalistici di Catenacci, dalla Deputazione Provinciale di Potenza e dai Comandi Militari, poiché, va ricordato, che dagli anni cinquanta la zona è sotto la giurisdizione militare per la presenza di reparti trasmissione della NATO. La croce originaria, opera dell’ing. Donato Di Muro, con basamento in pietra vulcanica alto 7,25 mt e con un corpo in ferro alto 10 mt, cadde per via di un fulmine e per il fatto che alcuni ragazzini asportarono tra 1934, anno della loro installazione e 1961, anno della caduta, quegli elementi che in realtà avrebbero impedito il crollo fungendo da parafulmine ovvero delle punte plastinate e delle lastre in rame. Su tutti Catenacci, come tanti altri cittadini, non poteva più risalire la montagna senza la protezione della Croce: si sente fin da subito impegnato in prima linea per la riparazione ed oltre alla produzione di atti ed articoli, come già detto, progetta la nuova croce, che poi è quella che vediamo tutt’oggi (eccettuati alcuni piccoli interventi postumi), aumentandone le dimensioni rispetto alla precedente in altezza di 0,70 cm. Il traliccio venne realizzato da una fonderia di Pordenone e dopo un anno, grazie anche a quello che chiameremmo crowfunding, tanto in voga tutt’oggi per aiutare le terapie intensive italiane nell’emergenza Covid-19, tra le centinaia di abitanti della regio vulturis, può annunciare finalmente che «La Croce del Vulture è risorta». La storia di rinascita di questa eccezionale opera che oggi veglia sulle genti della Basilicata non può che farci mai perdere lo spirito di resilienza proprio degli italiani. Come è stato per la croce, siamo sicuri sarà lo stesso per la nostra amata Italia.