Il Direttore UOC Rianimazione, Dott. Libero Mileti, il Responsabile Rianimazione Covid, Giuseppe Guarini e l’equipe di Rianimazione dell’ospedale San Carlo di Potenza in una nota respingono le accuse rivolte in questi giorni da alcuni organi di informazione sull’emergenza Coronavirus. Di seguito la nota integrale.
E’ ora di dire basta alle accuse.
Sono giorni che ci ritroviamo sotto attacco per colpe che non abbiamo, stiamo pagando responsabilità che non sono a noi attribuibili. La Terapia Intensiva si è trovata, nei giorni passati, al centro della bufera come se, attaccare noi, senza le dovute conoscenze, aggiustasse le cose o facesse trovare una soluzione alle problematiche che, tutti, in questo momento, ci troviamo ad affrontare.
Ci sentiamo umiliati e scoraggiati nonostante il nostro lavoro senza sosta, senza orari, con o senza dispositivi di protezione e con la volontà di sacrificare la nostra vita per salvare quella di tutti i nostri pazienti.
Ci sentiamo umiliati e mortificati quando viene messa in dubbio la nostra professionalità e i nostri sforzi. Siamo medici con anni di esperienza e con ruoli che ci siamo guadagnati sacrificando tutto, compreso la famiglia.
Quella stampa che ha voluto strumentalizzare questa difficile situazione non è stata clemente e, quindi, non ci è stata di aiuto, facendo passare il messaggio che tutto questo fosse un “gioco di potere” ed un attaccamento alle “poltrone dirigenziali”. Vi assicuriamo che, almeno noi nella nostra Terapia Intensiva, non abbiamo neppure il tempo di godercele quelle poltrone!
Stiamo combattendo contro idee ottuse, con le fake news, con notizie che sapevano prima gli altri e poi noi.
Occorrerebbe misurare le parole.
Leggiamo ovunque che la colpa è nostra. Ma quale colpa? La colpa di non sapere cosa ci troviamo di fronte, la colpa di essere spiazzati, stranamente, davanti l’evento morte? La colpa di vedere pazienti già compromessi?
Le decisioni sono rapide e, fidatevi, di fronte ad occhi che chiedono aiuto noi tutti immaginiamo sempre che ci possa essere una nostra figlia, un nostro padre o un nostro compagno.
La morte fa paura anche a noi.
In Terapia Intensiva i pazienti arrivano già con un quadro clinico compromesso, con l’impossibilità di alcuna interazione con i familiari ed affrontiamo tutto questo con risorse umane e presidi appena sufficienti. Ma nonostante ciò, ci battiamo con tutte le nostre forze. Continuiamo ad applicare scrupolosamente i protocolli dettati dalla comunità scientifica, in continuo dialogo con le altre Rianimazioni nazionali e con i vertici della nostra azienda. I protocolli farmacologici e di gestione del paziente sono stati subito messi in atto e condivisi con tutti gli altri reparti coinvolti.
Le nostre forze sono tutte dirette a salvare più vite possibili, a studiare, a confrontarci per ore, a riflettere sull’adeguatezza dei protocolli, ad osservare ed a gioire di ogni piccolo miglioramento. E finalmente in questi giorni, con il trasferimento di un paziente in reparto, abbiamo gioito, per un attimo, anche noi.
Siamo al centro della bufera “mediatica”, siamo stati in silenzio per settimane nonostante gli occhi dei cittadini ci guardassero come i “colpevoli”. Il silenzio non è stato un non voler affrontare le responsabilità, è stato solo una scelta di priorità. La nostra priorità non è stata quella di difenderci dalle critiche ma quella di continuare a far bene il nostro lavoro.
Non fateci pagare colpe di altri e, soprattutto, permetteteci di fare il nostro lavoro senza doverci preoccupare del mondo esterno e delle critiche becere e senza fondamento: il mondo che stiamo vivendo in Terapia Intensiva, in questo momento, merita tutta la nostra attenzione e la nostra concentrazione.