Serena Pasqua al tempo del Coronavirus da SassiLive. Pubblichiamo l’omelia pronunciata da Monsignor Pino Caiazzo durante la Santa Messa celebrata questa mattina in Cattedrale per la Pasqua 2020, in compagnia di alcuni componenti del clero ma senza fedeli nel rispetto del Decreto sull’emergenza Coronavirus.
Carissimi fratelli e sorelle che seguite e partecipate a questa solenne Eucaristia del giorno di Pasqua attraverso la diretta televisiva annuncio a tutti la gioia incontenibile della Risurrezione di Gesù Cristo dai morti.
Gesù è realmente risorto dopo giorni di tradimenti, abbandoni, apprensioni, lacrime, funerali appena accennati. È stato così anche per Gesù. La sera del venerdì santo bisognava compiere al più presto la sepoltura del corpo di Gesù perché così imponeva la legge ebraica.
La sepoltura di Gesù si compie mentre le tenebre avvolgono la terra. Anche il giorno di Pasqua inizia con le tenebre, che però vengono vinte dal sole che sorge. Tra la luce che avanza e il buio che si dirada, Maria Maddalena si reca al sepolcro. Sente il bisogno di piangere, di gridare il suo dolore, di toccare quella pietra che impediva a chiunque di entrare per vedere ancora per un attimo quel corpo.
Chi è nel dolore desidera quello, poter vegliare la persona cara, guardarla, piangere. A Maria, la madre di Gesù, a Giovanni il discepolo che amava, alla Maddalena e alle altre donne, a tutti gli altri discepoli che poco alla volta erano ritornati insieme, non era stata data la possibilità di stare accanto al figlio, al maestro, all’amico.
Quante famiglie in questi giorni vivono questo atroce dolore! Questo dolore investe non solo quanti hanno perso una persona cara a causa del coronavirus, ma anche quanti hanno perso congiunti per altre cause: tutti allo stesso modo hanno avuto un rito funebre rapido e inumano.
Oserei dire che nessuno più della Madonna e dei discepoli possono capire questo momento storico che stiamo vivendo.
La Maddalena rappresenta le donne che portano innato il segreto della vita per custodirla, amarla e aiutarla. Ogni donna, pur non essendo madre, non perde il senso profondo della maternità.
La Maddalena le rappresenta tutte. L’evangelista Giovanni ce la descrive come donna che da sola, al mattino presto, sfidando tutti e tutto, si reca al sepolcro. Quanto succede quella mattina ha dell’incredibile: Maria Maddalena più si avvicina al luogo della morte e più la luce incomincia a prendere il sopravvento sul buio della notte, fino a quando è completamente irradiata dalla luce della risurrezione di Gesù.
La tomba è aperta, ma non vede il corpo di Gesù. Forse sarebbe meglio dire che lo sgomento e l’angoscia che prova in quel momento le impediscono di capire che è risorto. Invece di gioire è più disperata di prima.
Da questo momento è un continuo correre, mentre la luce dissipa definitivamente le tenebre. Maria Maddalena corre dai discepoli; Pietro e Giovanni corrono al sepolcro. Di bocca in bocca corre il racconto di un avvenimento che ha dell’incredibile.
Man mano che ci si avvicina e si entra nel sepolcro, si ha la “Verità” di ciò che sia realmente accaduto: Gesù non è stato portato via, è Risorto così come aveva promesso.
È un annuncio che fa respirare Vita nuova. È esattamente ciò che cerchiamo, desideriamo più di ogni altra cosa: tornare a respirare la vita senza paura. Questa è la nostra speranza, perché questa è la Pasqua: ridare ossigeno alla vita, tornare a camminare insieme, correre per ottenere la stessa corona di gloria.
In questi giorni mi capita spesso di ascoltare la voce tremante, accompagnata dal pianto, di tanti fratelli e sorelle che hanno perso una persona cara. Vorrei dire loro parole di conforto, ma mi rendo conto che servono a poco. La presenza spirituale e la vicinanza, anche solo telefonica, sono di grande aiuto e consolazione. Invece sono loro che mi parlano di vita eterna, di paradiso, della pace che i loro affetti hanno raggiunto. Cercano consolazione nell’annuncio di Pasqua: credere nella vita eterna, nell’immortalità dell’anima, nella risurrezione dei morti. Crediamo anche noi?
Pietro e Giovanni, entrati nel sepolcro, vedono in ordine le bende e il sudario e improvvisamente ricordano che Gesù “doveva risorgere” dai morti. Lo capiscono dopo, tardi ma finalmente lo capiscono. Il lutto e la paura si trasformano in gioia. Loro stessi, da quel momento, diventano annunciatori dell’alba di risurrezione, che è la Pasqua.
La nostra vita, carissimi, va riletta e vissuta alla luce del mistero pasquale. Dire Pasqua significa dire con i fatti “passaggio”. Un passaggio che, dopo tutto quello che stiamo vivendo, è necessario e indispensabile anche per i non credenti.
Come dice S. Paolo, è arrivato il momento di togliere il lievito vecchio per essere pasta nuova. Lui spiega così: Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità.
È giunto il momento di chiederci: cosa vogliamo fare quando tutto sarà finito? Intendiamo riprendere la nostra vita come prima oppure vogliamo incominciare a darle il giusto senso? Vogliamo continuare a vivere senza relazioni sincere oppure vogliamo rivederle in modo nuovo?
La scienza è alla ricerca del vaccino per sconfiggere il COVID19. Servirà a ben poco se invece nelle nostre case, nei nostri rapporti quotidiani e nelle scelte di vita che saremo chiamati a fare non saremo in grado di fare spazio alla risurrezione.
Di solito, quando si va a far visita ai defunti al cimitero, si rimette ordine sulla tomba: si buttano i fiori ormai appassiti, si cambia l’acqua ormai maleodorante. Penso che spesso si compia l’errore di eliminare solo ciò che è marcio. È troppo poco! Bisogna, invece, disfarsi dei nostri sepolcri personali, familiari, di amicizia, di lavoro, di espressione di fede che non comunicano vita. Siamo chiamati a sentire il brivido della vita nuova che la Pasqua ci annuncia.
Coraggio, carissimi, perché anche noi come Pietro, Giovanni, la Maddalena e quanti sono stati testimoni della risurrezione di Gesù Cristo, siamo chiamati ad annunciare la stessa risurrezione affinché crediamo nella rinascita di ognuno, del nostro paese, dell’Europa, del mondo intero. Ma questo non sarà possibile se non accettiamo di essere lievito che, perso nella massa della pasta, la lievita e lo fa diventare pane profumato, buono, come quello che la nostra tradizione ci ha trasmesso. Quel pane che le nostre mamme, nonostante le ristrettezze economiche e il difficile momento storico, continuavano a impastare e sfornare e poi lo baciavano come il pane della vita da non sprecare, nemmeno un pezzettino. Quanta fatica, quanta attenzione, quanti sacrifici, ma soprattutto, quanto amore ci mettevano! E le nostre case si riempivano del profumo che ci inebriava ancora prima di mangiarlo.
Pasqua significa ritornare a seminare i campi della nostra terra, perché dall’utero della terra ritorni a germogliare seme abbondante da raccogliere, custodire, macinare, impastare, infornare, spezzare da gustarne la bellezza nella condivisione.
Pasqua significa riaprire i forni della vita, condividere ogni cosa, dare senza aspettarsi nulla in cambio, vivere la fecondità dell’amore perché possiamo adorare il miracolo della stessa vita nel grembo di una donna, nei luoghi di solitudine, nell’opera continua e minuziosa della protezione civile, dei volontari, operatori Caritas, di forze dell’ordine di ogni grado e militari.
Pasqua significa non vanificare l’opera di quanti stanno amando e servendo la vita, spesso donando la loro per salvare la nostra, sui letti degli ospedali, di medici, farmacisti, odontoiatri, infermieri, paramedici.
Adoriamo la vita, ritorniamo a camminare mano nella mano come fratelli della stessa terra, come figli dello stesso Dio, come uomini senza maschere, tutti parte della stessa umanità.
Annunciamo a tutti che Cristo è veramente risorto, mostrando nei fatti che i sacrifici del momento presente ci hanno permesso di scrutare e godere dei tesori che ognuno di noi porta dentro come patrimonio comune. Rinneghiamo ogni forma di litigiosità di cui siamo testimoni in questi giorni. Uno spettacolo deplorevole e non degno di una società civile, che soffre e che ha bisogno del sostegno di tutti. Uniti si vince, divisi si perde sempre.
Annunciamo la vittoria della vita fino ai confini del mondo. Valichiamo le nostre terre e raggiungiamo luoghi e persone sconosciute, lontane ma così uguali a noi. Asciughiamo le lacrime sui loro volti per vincere la paura, la tristezza, la solitudine e la sofferenza. Torniamo a sorridere e danzare, magari a piedi nudi, e con gli occhi pieni di luce perché la Vita è rifiorita.
Risorgere con Cristo significa, allora, che tutti dobbiamo sentirci responsabili e attori del cambiamento che deve necessariamente avvenire. Facciamo con Cristo questo passaggio: vittoria e distruzione della morte.
Spalanchiamo, simbolicamente, le porte delle nostre case, per dire a tutti che Cristo è risorto e che la pietra tombale è stata fatta rotolare via. Da casa nostra, in questi giorni più che mai chiesa domestica, risuoni l’annuncio della vittoria, del riscatto, della vita nuova, dell’impegno affinché nessuno rimanga spettatore di quanto sta accadendo.
Santa Pasqua a tutti.
Così sia.
✠ Don Pino