Ospedale territoriale di Villa D’Agri e presidio ospedaliero distrettuale di Venosa, Fp Cgil e Cisl Fp: “Assenza di visione programmatica. Lavoratori lasciati nel caos, vittime di disorganizzazione e approssimazione. La gestione delle scelte relative agli ospedali periferici della regione appare ancora fumosa e confusa. Servono, invece, scelte chiare, mirate e condivise”. Di seguito la nota integrale.
È trascorso quasi un mese – era il 17 marzo- da quando il presidio ospedaliero di Villa D’Agri afferente all’azienda ospedaliera regionale San Carlo e le unità ospedaliere Asp all’interno della struttura sono state chiuse a seguito dei casi di positività al Covid 19 per permettere la sanificazione della struttura e l’effettuazione dei tamponi al personale.
Oggi l’ospedale risulta riaperto solo parzialmente e, nonostante diverse richieste, non sappiamo con esattezza cosa si intende fare di questa struttura. La chirurgia resta tutt’oggi chiusa a causa della carenza di medici, tra dimissioni, malattie e nulla osta per comandi; la rianimazione è stata riaperta, ma anche in questo caso sussiste il concreto rischio che non possa reggere per molto, essendo i medici in sottorganico dopo il viatico della direzione generale. L’ortopedia fa solo attività ambulatoriali nelle ore mattutine, la pediatria pare abbia riaperto oggi mentre il reparto di servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Villa D’Agri, di competenza dell’Asp, è stato riaperto solo in Day Hospital, per carenza di personale senza mettere in campo iniziative atte a coinvolgere l’intero dipartimento di salute mentale. Su queste prolungate chiusure aleggiano voci incontrollate cui occorrerebbe porre un freno sia per gli operatori, garantendo loro di lavorare senza incertezze per il futuro, sia per la comunità della Val D’Agri.
Grandi perplessità regnano anche sull’ospedale di Venosa, che al di là dell’originario dibattito scatenato sull’opportunità della scelta rispetto all’ospedale di Pescopagano, sembra navigare in mezzo al mare delle incertezze. Sin da subito abbiamo chiesto chiarimenti su come si intendeva gestire questa riconversione e su come si sarebbe voluto utilizzare il personale. Era il 20 marzo. A oggi non è pervenuto alcun riscontro. L’ospedale è stato “momentaneamente” chiuso nonostante avesse al suo interno una lungodegenza che ospitava una ventina di pazienti, un centro Alzheimer con attività di non trascurabile impatto sulla popolazione della provincia, una rinomata oculistica che garantiva anche emergenze. Intanto, il centro ialisi pare sarà trasferito presso il Crob, mentre per il punto di primo intervento (Ppti) del dipartimento interaziendale regionale emergenza sanitaria, i rumors nella cittadina continuano a paventare la chiusura. In tutto questo il personale è a casa, tra ferie ed esenzioni, lasciato in balia di incertezze sul proprio futuro. L’impressione che si continua ad avere è che non vi sia alcuna vera visione programmatica e che tutto sia lasciato al caso e all’improvvisazione.
Servono risposte concrete. Ai lavoratori e ai cittadini lucani. Si rimetta l’ospedale di Villa d’Agri in una condizione di piena operatività e si diano risposte sul presidio ospedaliero di Venosa.
Cosa si pensa di fare del Ppti (presidio primo intervento territoriale)? Verrà istituita una unità di terapia intensiva e subintensiva, in considerazione del frequente e repentino peggioramento delle condizioni cliniche dei pazienti affetti da Covid-19? Come verrà gestito il personale del presidio ospedaliero considerato che è da anni impiegato nella gestione della cronicità e nelle attività ambulatoriali. Quando e in che modo si pensa di prepararlo alla gestione dell’emergenza infettivologica? Sarà rafforzato con personale specializzato (anestesisti-rianimatori e malattie infettive) inviato da altri nosocomi?Occorre una formazione non affrettata e approssimativa del personale medico e del comparto per la gestione in sicurezza dei pazienti e degli stessi operatori sanitari.
Troppi interrogativi. Troppe incertezze. Troppi dubbi. Eppure servirebbero risposte immediate, concrete, minimamente rassicuranti sulla visione che si ha della gestione di questa pandemia, lo si deve ai cittadini lucani e agli operatori sanitari che stanno combattendo quasi in solitaria, con scarsi supporti e armi spuntate.