Il trentunesimo presidente di Confindustria ha lanciato la «sfida tremenda» dell’emergenza che le imprese stanno vivendo e che oggi ribadirà al Governo Conte. Un Governo che “sembra smarrito” e non avere “idea della strada che deve percorrere il Paese”. Nel frattempo la Zes Jonica tarda a decollare. Pierluigi Diso, Coordinatore dell’associazione Zes Lucana Taranto-Basilicata in una nota sprona il Consorzio Industriale e il neo presidente di Confindustria Basilicata ad andare avanti in fretta perché il tempo è tiranno. Di seguito la nota integrale.
L’Associazione Zes Lucana Taranto-Basilicata ha riunito oggi i suoi soci in videoconferenza per discutere sulla situazione ZES in Val Basento e del credito alle imprese per la Fase 2. Dal discorso lasciato in sospeso con il vecchio gestore della aviosuperficie di Pisticci e della sua importanza per un’area Zes, è stato ricordato come Enrico Mattei disse:”Noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso di inferiorità che ci avevano insegnato, che gli italiani sono bravi letterati, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione industriale. Tutto ciò è falso. Occorre avere fiducia in voi stessi , nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da voi questo domani”. Quella frase dev’essere da monito in questo momento delicato per l’economia italiana, per aiutarci a risollevarci ed evitare la pandemia economica, come ci avverte il Centro Studi di Confindustria che sprona Governo e istituzioni europee a fare in fretta. Dalla Pista Mattei si può ripartire e adesso tocca al Consorzio Industriali di Matera fare la sua parte. Nel frattempo Confindustria Basilicata ha scelto il suo nuovo presidente, Francesco Somma, il quale nella sua “ricetta” ha detto di voler mescolare:”…al meglio gli ingredienti di cui disponiamo, valorizzando appieno l’opportunità della Zona Economica Speciale, accompagnandola con una riforma della governance e con nuove politiche di sviluppo”. E’ da lì che bisogna partire e in Val Basento va subito attuato quel percorso annunciato il 9 novembre 2018, con l’evento organizzato a Pisticci dalla Regione Basilicata che aveva presentato la sua idea di Zes indicandone le caratteristiche, le agevolazioni fiscali e burocratiche, le aree e le superfici regionali ed i vantaggi per gli investitori e le imprese. Ad oggi nemmeno le semplificazioni amministrative hanno visto la luce. Nel frattempo la pandemia sanitaria ed economica sta colpendo il bel Paese. Il monito a fare in fretta e realizzare le Zes nel Mezzogiorno è stato lanciato due settimane fa da Assoporti e Svimez ed analizzato attentamente dall’Associazione Zes Lucana. Nonostante la pandemia sanitaria ed economica, l’Europa sarebbe disposta ad investire su gran parte di progetti che permettano al Mezzogiorno di rimettersi a correre, fuori da ogni logica assistenzialista e senza sprecare denari. “Un Paese che riparte fa piacere anche ai vicini di casa in Europa, ma il modello di sviluppo deve cambiare e gli imprenditori devono guardare a nuovi progetti di respiro europeo e mediterraneo”, ha riferito il presidente della Svimez, Adriano Giannola.Sarà come se uscissimo da una nuova Guerra Fredda e proviamoa darci un nuovo aspetto imprenditoriale, investendo in ricerca, automazione, modernità, puntando ad una crescita economica che determini una vera trasformazione del modo di vita italiano, con una classe politica e un sistema bancario che si muovano in questa prospettiva. Oggi la gravità della situazione, non solo economica, ma anche sociale e politica del Paese chiede risposte celeri e concrete. Cos’ come accadde quando fu eletto alla guida di Confindustria nazionale l’avvocato Giovanni Agnelli, anche l’avvocato Francesco Somma, prende le redini della Confederazionein un momento in cui molti dati statistici portano a concludere che all’Italia restano pochi mesi per correggere le storture passate e programmare lo sviluppo, mentre il Decreto Liquidità non è sufficiente a far ripartire il sistema produttivo. Infatti, il neo-eletto Presidente Somma ha già dichiarato che “..le dotazioni finanziarie governative sono insufficienti a coprire un fabbisogno che presuppone ben altra potenza di fuoco”. Il Governo dovrà correggere il tiro e riferire in Parlamento; deve prendersi le sue colpe, proprio come accadde in occasione dell’elezione di Giovanni Agnelli,quando intervenne il Ministro del Tesoro Emilio Colombo che, assumendosene le responsabilità, volle subito spiegare i motivi delle misure di regolamento del credito, ribadendo “che nessun sistema economico e politico può reggere al ritmo di un’inflazione crescente, pur esponendo le difficoltà del momento”. Non resta che sperare che la classe politica regionale e nazionale sappiano fare la loro parte, se è vero che il cavallo non va cambiato in corsa, resta il richiamo di Giovanni Agnelli: “più di una volta nella storia le grandi difficoltà sono diventate grandi occasioni e la prima da cogliere è quella della verità”. Ecco l’esigenza di una classe dirigente che manifesti maggior fiducia, innovando profondamente i modi tradizionali in cui è stato gestito sin ora ogni forma di potere, che maggioranze e minoranze politiche operino secondo un costume civile e una coscienza democratica assai più maturi degli attuali, perché non si può continuare con la bocciatura aprioristica di tutto ciò che viene dall’opposizione. Il mondo della cultura e della ricerca devono risolvere i problemi ancora insoluti, perché l’impresa sia considerata, anche in Italia, come lo strumento più dinamico di cui un popolo può servirsi per realizzare lo sviluppo di una società moderna. Fa piacere leggere che, sulla scia dell’avvocato Agnelli, anche l’avvocato Somma vuole impostare una seria e nuova politica industriale, definire obiettivi e programmi basati non su modelli astratti, ma sulla realtà, orientare il credito verso la piccola industria, richiedendo innanzitutto la restituzione dei prestiti in tempi più lunghi. Il DL liquidità del Governo è al momento un grande flop e va rivisto, perché non può chiedersi alle aziende di indebitarsi con le banche. Servono contributi a fondo perduto commisurati alle perdite di fatturato. Se non si proteggono le imprese nei territori, il rischio è di aprire la strada a una strage di disoccupati e nuovi poveri.