Qualche giorno fa, il 3 maggio, sulle pagine del Domenicale del Sole 24 Ore, è stato pubblicato un articolo di Goffredo Fofi sui due volumi di Sinisgalli[1] recentemente editi da Mondadori negli Oscar, Racconti (a cura di Silvio Ramat) e Tutte le poesie (a cura di Franco Vitelli). Nel pomeriggio giunge all’indirizzo di posta elettronica della Fondazione Leonardo Sinisgalli un’e-mail firmata da un signore che non conosco. Sergio Cereda.
Buongiorno,
leggendo l’articolo di Goffredo Fofi di oggi su «Il Sole 24 ore» riguardante Leonardo Sinisgalli ho pensato che alla vostra Fondazione possano interessare i testi delle lettere che lo stesso scrisse ad Aldo Buzzi nel corso degli anni, lettere che fanno parte di un archivio che ho rilevato dagli eredi, qualche anno fa.
Cordiali saluti.
Sergio Cereda
Penso immediatamente che si tratti del titolare di una libreria antiquaria. È accaduto spesso negli ultimi anni. Allega, in formato digitale, una cartolina e due lettere indirizzate da Sinisgalli ad Aldo Buzzi.
La prima cosa che faccio è chiedergli la consistenza del fondo. Un paio di giorni dopo arrivano altre e-mail, con cinque lettere, un articolo e un dattiloscritto di Ida Borra, per un totale di 11 documenti, alcuni dei quali composti da più pagine[2].
Mi affretto a scrivergli che la Fondazione Leonardo Sinisgalli è un piccolo istituto culturale, ma è disposta all’acquisto. La risposta è spiazzante:
Mi spiace ma fanno parte di un archivio che comprende altre lettere e documentazione da cui nulla può essere sottratto.
Saluti.
Quindi, nessun interesse economico, solo la soddisfazione di condividere con noi parte del suo archivio. E in effetti le scansioni sono perfette, ad alta definizione. Penso quindi alla sua generosità, all’idea elegante e romantica di superare ogni forma di parossistica gelosia, a volte tipica dei ricercatori e dei docenti, per il piacere e la gioia di donare, anche in modalità digitale, documenti che possano aiutare a ricostruire snodi biografici, relazioni, nonché scelte filologiche di un autore. Gli epistolari, da questo punto di vista, sono una fonte straordinaria di informazioni, chiudono e creano circuiti di ricerca, moltiplicando gli inciampi e stimolando nuovi percorsi. Sono come tasselli che, oltre a connettersi tra di loro per prossimità, forma o colore, forniscono un’immagine più nitida, diradando nebbie o lumeggiando angoli bui.
E allora al signor Sergio Cereda, di cui non so nulla, chiedo qualche dettaglio personale, perché l’intenzione è quella di ringraziarlo pubblicamente, in fondo è il minimo, per la gradita donazione, che giunge in un momento difficile, da una regione, la Lombardia, assediata dal flagello Covid.
Cortesemente mi risponde. Non si spazientisce di fronte allo sconosciuto un po’ molesto.
Gentile Biagio,
sarebbe una lunga storia considerata la mia età vetusta (quest’anno saranno 80). Da cinquant’anni colleziono arte in varie forme, prima grafica internazionale, poi arte moderna, poi Futurismo, in seguito disegni del 900 e da qualche anno illustrazione e qui mi sono fermato.
Il motivo per cui possiedo l’archivio Buzzi (avevate conoscenza del loro rapporto?) è per il fatto che qualche anno fa acquistai dagli eredi alcuni disegni di Saul Steinberg [uno dei più importanti disegnatori del XX secolo, cartoonist del New Yorker, ndr] che con Buzzi intrattenne un rapporto cinquantennale dopo che Steinberg laureatosi a Milano nello stesso corso di Buzzi si trasferì in USA a seguito delle leggi razziali. Dopo questo infausto periodo potrei spedirvi qualche libro scritto da Buzzi che negli anni ’50 collaborò come aiuto regista con Fellini e Lattuada (che era suo cognato).
L’autunno scorso feci un bel giro al Sud e passai anche da Potenza…
Cordialmente
Be’ no! Non sapevamo del rapporto con Aldo Buzzi. Sinisgalli ha attraversato il Novecento non certo scalzo, né in punta di piedi. Tantissime esperienze, pencolando tra Roma e Milano, ma anche tanti viaggi, in Italia e nel Mondo. Tantissime relazioni, e tutte di alto livello, nel mondo letterario, artistico, aziendale, pubblicitario, cinematografico, scientifico e tecnologico. Ma non avevamo nulla nella Casa delle Muse che ci raccontasse di tale amicizia.
A sbirciare strabicamente nella vita di Buzzi, figlio di un chimico e una pittrice, lo ritrovi architetto pentito, ma grande appassionato di cinema e letteratura. È quasi coetaneo di Sinisgalli (Como 1910 – Milano 2009), anche “se Leonardo Sinisgalli sarà sempre ricordato come un maestro”[3], ci ricorda Marco Belpoliti.
I due si conoscono nel 1942, quando Buzzi scende a Roma chiamato da Alberto Lattuada per girare il suo primo film, Giacomo l’idealista, ma ad ottobre Buzzi è precettato per la leva militare e parte per Vipiteno.
Ritorna nella città capitolina nel febbraio del 1943 e confessa:
«Sono stato salvato dall’invio al fronte da Leonardo Sinisgalli, il poeta, che era allo Stato Maggiore e mi ha messo nel servizio aerostatico, nei palloni, a via Nomentana»[4].
Sinisgalli e Buzzi stabiliscono un legame fraterno («Carissimo Aldo, io sono felice di aver guadagnato in questi ultimi anni un amico come te»[5]), pur se l’atteggiamento di Leonardo, da fratello maggiore, è protettivo. In più passaggi, infatti, è prodigo di attenzioni e di consigli.
«Io spero che ti trovino da lavorare qui a Roma al cinematografo: sento che c’è una buona ripresa. E Lattuada ha rotto il ghiaccio? […] Sei stato mai a trovare Cantatore (Viale Premuda 21?) e Del Fabbro l’hai conosciuto? Se vuoi lavorare alla Giostra – Via Galilei 7 – vai a mio nome da Glisenti che è un ragazzo che io conosco da tanti anni»[6].
Le loro vite, non solo per l’epistolario che ne dimostra i contatti dal 1942 al 1977, seguono curve ellittiche ed eclettiche che a volte si sovrappongono. Basti pensare alle medesime riviste su cui i due hanno scritto, «Corrente», «Prospettive»[7], «La Ruota», «Il Costume politico letterario» tra la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta. O all’interesse per l’editoria («Sono contento che tu lavori e che l’intesa con Hoepli-Scheiwiller è stata, come io prevedevo, facilmente raggiunta»[8]) per le traduzioni, per l’architettura in generale (punti di riferimento sono per ambedue Edoardo Persico e Giuseppe Pagano):
«… ho scritto una specie di saggio Laurea in architettura, in cui confesso tante cose che ci appartengono»[9].
In comune hanno l’amicizia per Sebastiano Timpanaro, per Carlo Cardazzo, per Velso Mucci, per Curzio Malaparte, per gli editori Rosa e Ballo, per Bruno Munari («salutami Munari e Usellini se li vedi»[10]), per Federico Patellani, per Giovanni Scheiwiller, con cui Sinisgalli pubblicò le fortunate 18 poesie.
Ad avvicinare al cinema Buzzi, come si è detto, fu Alberto Lattuada, di cui fu assistente per lungo periodo. Con Sinisgalli, co-sceneggiatore[11], Aldo Buzzi fu aiuto regista ne Il cappotto (1952) di Lattuada, tratto da un racconto di Nicolaj Gogol con Yvonne Sanson e Renato Rascel in un insolito ruolo drammatico.
E forse la stessa scelta di individuare Matera, l’anno successivo, per girarvi La lupa, fu discussa insieme al lucano Sinisgalli, che ben conosceva la città. Il compianto amico Rocco Brancati, esperto di cinematografia e documentarismo, ripeteva spesso a tal proposito:
«Dall’incontro di Sinisgalli con il regista lombardo (era nato a Vaprio d’Adda) nacque l’interesse di Lattuada per la Basilicata, il primo grande regista che individuò nei Sassi la scenografia ideale per film di qualità»[12].
Nel frattempo, giunge per e-mail la risposta di Sergio, a cui avevo ricordato l’attività di art director di Sinisgalli per conto di grandi aziende (Olivetti, Pirelli, Finmeccanica, Eni, Alitalia, Bassetti), della sua lunga frequentazione con illustratori e grafici, e del ritrovamento di qualche settimana fa delle 18 poesie di Sinisgalli presso la Libreria Pontremoli.
Caro Biagio,
ero amico di Giorgio Soavi (posseggo opere che vengono dalla sua collezione) ho lavorato in Bassetti diversi anni, tanti anni fa! Pontremoli (Lucia e Giovanni) sono amici: ex fornitori e poi acquirenti della mia collezione di Futurismo, (hanno pubblicato tre cataloghi) Grazie per l’invito, spero di poterne usufruire. Ho riscontrato che siete ad una trentina di km da Castronuovo dove ha sede il centro culturale MIG che si occupa di grafica. Qualche anno fa donai una ventina di grafiche comprendenti G. F. Ferroni, Vespignani, La Pietra, Treccani (cartella del 1946) ecc. […]
Un cordiale saluto
Sergio
Sergio Cereda, per il garbo e la discrezione dimostrati, mi dà l’idea di essere persona schiva, però determinata, sicuramente appassionata, e di grande cultura. Mi invia la copertina del rarissimo volume (con una pagina interna recante foto di un giovane Sinisgalli), Taccuino dell’aiuto regista, che Aldo Buzzi pubblicò nel 1944, per conto di Hoepli, proprio mentre sto leggendo la lettera in cui Sinisgalli ne parla:
«Io scriverei volentieri qualche paginetta prefàce al Taccuino. Bisognerebbe che tu mi facessi avere le bozze di stampa e i fumées delle illustrazioni: così più facilmente potrei mettermi in trance (o transe). Ma è una cosa difficile? C’è paura che le bozze vadano perdute?»[13].
Mi invierà, aggiunge, l’edizione del 2007.
Confesso che questo collezionista brianzolo porta con sé un’aura di ipnotico mistero. Di un personaggio che ha fatto di una passione il motivo dell’esistenza. Cerco informazioni nella rete, chiedo a qualche amico comune, non me ne dolga Sergio.
Scopro che è stato probabilmente il più grande collezionista a livello mondiale di libri, manifesti, riviste, documenti autografi, ephemera, cartoline del Futurismo. Ha poi venduto alla libreria Pontremoli di Milano che ne ha tratto ben tre cataloghi monografici per più di mille lotti.
Rimanendo al Futurismo, la sua collezione di opere di Giorgio Carmelich (l’enfant prodige dell’avanguardia triestina negli anni Venti, tra Futurismo e Costruttivismo) era unica al mondo, ed è stata ceduta, prima del resto della collezione futurista, alla celebre Beinecke Library di Yale. Per non parlare delle tante e importanti mostre che ha sostanziato con i suoi documenti.
Resto affascinato.
Come afferma lui stesso, si è poi concentrato sul collezionismo degli artisti dell’illustrazione (pubblicitaria, editoriale etc.), dalle opere originali agli stampati, accumulando un altro corpus di grande importanza, oltre a coltivare il collezionismo di alcuni artisti in particolare, anche contemporanei.
Ritornando al gran dono fatto da Sergio Cereda alla Fondazione, spigolando tra le lettere, laddove la grafia è più leggibile, si può affermare che di notevole interesse, anche per gli stralci già citati, è proprio il blocco 1942-45, per i riferimenti agli accadimenti biografici, storici e relazionali di Sinisgalli, in un periodo, di cui non si conosceva molto, per colpa della Guerra e dell’occupazione nazista di Roma[14].
In tale segmento epistolare si parla della clandestinità dopo l’8 settembre del 1943; dell’incontro con Giorgia, «una mia cara e gentile amica mi ha voluto prigioniero nella sua gabbia d’oro»[15] agli inizi del 1944 in Via Monti Parioli; dell’arresto da parte delle S.S. il 12 maggio e dell’interrogatorio su Guglielmo Petroni.
Per quanto anni difficili, Sinisgalli è straordinariamente attivo sul piano della scrittura e delle idee. E nelle lettere tanti sono i rimandi a ciò che ha pubblicato o ai progetti in fieri.
Se Vidi le Muse è del 1943 («Ti devo ringraziare delle care parole che per primo hai scritto sul mio libro»[16]), il Taccuino di Buzzi è del 1944, esattamente come il “piccolo” Furor mathematicus[17]. Addirittura, Sinisgalli si auspica un Furor “monstre”; dice di leggere i grandi romanzieri russi (Tolstoj e Dostoevskij) e vorrebbe tradurli; inizia anche a scrivere 4-5 prose che vorrebbe chiamare Fiori chiari fiori oscuri; accenna all’annotazione di “100 pensieri” (l’Horror vacui, ndr) che vorrebbe pubblicare con il titolo di Selva autunnale («È un peccato che tu non sia qua ché avrei tanta voglia di sapere cosa ne pensi»[18]).
Sono solo alcuni lacerti, raccolti dalla voracità frettolosa del lettore appassionato. Ma verrà il tempo dell’analisi più severa e ordinata[19]. Anche perché non meno interessanti sono le lettere successive.
* * *
Ritorno all’amico, nonostante abbia l’età di uno zio gentile, munifico come tutti i mecenati. A Sergio Cereda.
Che ringrazio di cuore, a nome mio, del Presidente, Mario Di Sanzo, dell’intero Consiglio di Amministrazione e di Sinisgalli stesso. Spero che venga presto a trovarci, ed è un invito, a Montemurro, nella Casa delle Muse di Sinisgalli, perché siamo certi, apprezzerà la nostra piccola, ma preziosa collezione sinisgalliana. A presto quindi.
Montemurro, 10 maggio 2020
[1] Si ringrazia l’erede, Ana Maria Lutescu.
[2] I documenti nell’archivio di Sergio Cereda sono così numerati: 72 – lettera di due pagine (72-1-2): 12 ottobre 1945; 81 – cartolina: 5 agosto 1942; 82 – lettera: 1 dicembre 1943; 83 – lettera di tre pagine (83-1-2-3) 25 marzo 1944; 84 – lettera di due pagine (84-1-2) 4 ottobre 1945; 85 – lettera di due pagine (85-1-2): 23 gennaio 1963; 86 – lettera di due facciate: 6 dicembre 1967; 87 – lettera di tre pagine (87-1-2-3): 11 novembre 1971; 88 – stampa della prima pagina di un articolo di Sinisgalli con dedica a Buzzi: s.d.; 89 – lettera: 19 novembre 1977; 90 – dattiloscritto di Ida Borra: 6 aprile 1982.
[3] Luca Gallarini, Le molte vite di Aldo Buzzi, Letteratura, editoria e cultura del cibo, Edizioni ETS, Pisa 2018.
[4] Marco Belpoliti, Buzzi, scrittore alla «kok», «La Stampa», 26 gennaio 2006.
[5] Lettera del 25 marzo 44.
[6] Lettera dell’11 ottobre 1945.
[7] O matematiche severe! è il titolo del pezzo di Sinisgalli posto in apertura del n. 37 di «Prospettive» (a. VII, 5 gennaio 1943) che ospita, di Buzzi, Ultimi viaggi di un borghese (pp. 20-21). Questo numero è curato da Sinisgalli stesso, per conto di Curzio Malaparte.
[8] Lettera del 25 marzo del 1944.
[9] Lettera del 1° dicembre 1943.
[10] Lettera del 25 marzo del 1944.
[11] Nei titoli di testa della pellicola sono segnalati in successione Alberto Lattuada, Giorgio Prosperi, Giordano Corsi, Enzo Curreli, Luigi Malerba, Leonardo Sinisgalli e Cesare Zavattini.
[12] Rocco Brancati, Visti da vicino. Alla ricerca della lucanità, Osanna edizioni, Venosa 2019, p. 183.
[13] Lettera del 25 marzo 1944.
[14] Basti pensare che scoprirà di aver perso la madre, il 16 settembre del 1943, solo nel giugno del 1944.
[15] Lettera del 25 marzo 1944. Rimando alla bella poesia “Crepuscolo di Febbraio a Monte P.” (L. Sinisgalli, Tutte le poesie, a cura di F. Vitelli, Oscar Baobab, Mondadori, Milano 2020, pp. 104-106), in cui si parla del trasferimento dall’Albergo Colonna a casa di Giorgia.
[16] Lettera del 1° dicembre 1943.
[17] Fu pubblicato per Urbinati nel 1944.
[18] Lettera del 1° dicembre 1943.
Post Scriptum
Sergio Cereda, che ha definito questo mio ringraziamento “un racconto”, a mia insaputa lo ha inviato ad amici e cultori di Aldo Buzzi. Si è creato un effetto domino, quasi cinematografico, e quando ho ricevuto la squillante ed entusiastica telefonata, stamani, mentre passeggiavo con Zero (il mio pastore tedesco), del curatore dell’opera di Aldo Buzzi, Gabriele Gimmelli (che a sua volta ha informato Marco Belpoliti), curatore del freschissimo volume, Tutte le opere, con disegni di Saul Steinberg e l’introduzione di Antonio Gnoli (La nave di Teseo, Milano 2020, pp. 598) sono rimasto basito.
La chiacchierata, scoppiettante, per una serie di paradossali intrecci e di relazioni comuni, mi è stata utile per aggiungere la tessera di un incontro tra Buzzi e Sinisgalli, il 14 gennaio 1951, nel ristorante Santa Lucia in via Dell’Agnello a Milano[1]. Al tavolo Antonio Delfini, Orazio Napoli, Giuseppe Cesetti, Leonardo Sinisgalli e lo stesso Buzzi, che nell’occasione, si rivolgerà al Nostro apostrofandolo affettuosamente come “il mio buon maestro”.
Lo sguardo mi svirgola tra le pagine del libro che ho immediatamente acquistato in formato kindle e l’occhio mi cala su una frase di Buzzi che fa al caso mio: «Esco per impostare una lettera. Non la chiudo perché all’ultimo momento potrebbe venirmi in mente qualcosa da aggiungere» (p. 378). È un po’ quello che è accaduto con questa strana lettera, o racconto, che non ha voglia di chiudersi.
Ah!, dimenticavo, sempre oggi, mi ha chiamato Sergio Cereda. Sta organizzando una mostra su Pinocchio. Ovviamente a Seul.