La città di Matera è la prima in Italia a promuovere il flash mob “Lasciateci respirare, un flash mob contro tutte le ingiustizie”. L’iniziativa è stata organizzata nel pomeriggio in piazza San Francesco, tra le 19 e le 19,15 dalla giovane materane Elena Esposito per protestare pacificamente a seguito dell’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto di Minneaopolis.
Un evento organizzato in conformità con le misure adottate dal Governo Italiano e con i provvedimenti attualmente vigenti in merito all’emergenza sanitaria pubblica Coronavirus. E’ stata quindi rispettata la misura di 1 metro minimo di distanziamento sociale tra i cittadini.
Tutti i partecipanti erano muniti di mascherina (oggetto che simbolicamente allude all’impossibilità o alla difficoltà di respirare) e di cartelli contenenti la frase “I can’t breathe”.
Elena Esposito dichiara: “George Floyd il 27 maggio 2020 è stato ucciso. Era conosciuto come Floyd o Big Floyd da parenti e amici e in quel giorno si trovava a Minneapolis per lavoro, quando è stato ucciso da un ufficiale di polizia in pieno giorno, davanti allo sguardo di numerose persone.
Floyd è stato fatto scendere dalla macchina, è stato buttato a terra e soffocato brutalmente mentre implorava di essere risparmiato.
L’intero avvenimento è stato filmato e il video ha fato in poco tempo il giro del mondo.
Il video mostra chiaramente Derek Chauvin, poliziotto, mentre esercita una violenza che potremmo definire bestiale su George Floyd fino ad ucciderlo, lentamente.
Nonostante ciò sia accaduto dall’altra parte dell’oceano Atlantico, queste immagini hanno colpito profondamente la sensibilità di milioni di persone e vorrei che noi, come comunità materana, dimostrassimo di non essere indifferenti, di non tollerare nessuna forma di violenza, di sopraffazione e di razzismo.
L’indifferenza è il male peggiore e io vorrei che Matera, nel suo piccolo, possa palesare la sua vicinanza a George Floyd, alla sua famiglia e a tutti coloro che subiscono violenze ingiustificate e assolutamente ingiuste.
In un momento storico particolare e unico in cui ci sono tantissime persone che sono morte e muoiono a causa di un virus che crea difficoltà al livello respiratorio è inconcepibile vedere immagini di una violenza barbara, quasi animalesca, di un uomo in divisa che poggia il ginocchio con tutto il suo peso corporeo sul collo di un uomo fino a soffocarlo, fino a spegnerlo lentamente togliendogli il respiro.
Credo che bisogni lottare contro questa violenza, la violenza di un uomo che consapevolmente e senza battere ciglio ha decretato la morte di un suo simile impedendogli di respirare.
Purtroppo, non esistono confini quando si parla di esercizio di ingiustizie e allora, allo stesso modo, dobbiamo combattere affinché in egual misura al di là di ogni definizione territoriale o culturale ci sia solidarietà e desiderio di giustizia.
George Floyd prima di essere ucciso, quando ha iniziato ad avere difficoltà a respirare, non avendo la possibilità né la capacità di ribellarsi, ha iniziato ad invocare sua madre.
È stata una scena straziante. Floyd è tornato bambino. È stato aggredito, si è sentito solo e indifeso e ha implorato la mamma affinché corresse in suo aiuto.
Floyd ha ripetuto “I can’t breathe”, “non riesco a respirare”, mentre il ginocchio di Derek Chauvin era fermo, pesante e fiero sul suo collo.
Chauvin non si è scomposto, nemmeno un momento, sembrava quasi soddisfatto. Osservando la gestualità del suo corpo in quel preciso momento sembrava che stesse in posa per lo scatto di una foto di squadra (accostamento messo in risalto da LeBron James, giocatore di NBA, che ha postato sulla piattaforma Instagram una foto in cui viene messa a confronto l’immagine del poliziotto di Minneapolis con quella del giocatore della NFL Colin Kaepernick durante l’inno nazionale). La differenza tra le due fotografie sta nel fatto che il ginocchio Chauvin non era poggiato su un campo da gioco, bensì sul collo di George Floyd, e lo stava uccidendo.
Non voglio vivere in un mondo in cui persone che dovrebbero rappresentare lo stato e la giustizia lo fanno in questa maniera. Non voglio vivere in un mondo in cui, addirittura in pieno giorno, un uomo viene ucciso mentre implora di poter respirare e invoca piangendo sua madre affinché possa proteggerlo. Non voglio vivere in un mondo in cui l’unica possibilità di reazione e azione che noi stessi ci concediamo è quella di indignarci o arrabbiarci di fronte a uno schermo. Siamo qui in piazza e uso la parola Comunità senza dover necessariamente farla seguire dagli aggettivi digitale o telematica.
La violenza è stata esercitata brutalmente su un corpo, uniamo allora i nostri corpi e indigniamoci insieme, guardandoci negli occhi. Uniamoci fino a formare una rete di esseri solidali e solidi, saldi e sicuri di poter contare sui propri diritti perché la vita è un diritto, respirare è un diritto.
Siamo qui, nel rispetto delle norme di distanziamento, per protestare contro la violenza esercitata su George Floyd e contro qualsiasi altra forma di violenza e di ingiustizia.
Con questo evento vogliamo dimostrare che la comunità materana c’è, è sensibile e non è indifferente.
Ci siamo uniti per dimostrare che c’è solidarietà e vicinanza al di là di ogni confine e di ogni distanza geografica.
Lasciateci respirare in un mondo giusto, equo, in cui chiunque appartenga a minoranze non venga guardato con diffidenza e disprezzo ma venga incluso e integrato.
Lasciateci respirare in un mondo che riconosce e valorizza le diversità e che ragiona all’insegna dell’uguaglianza e del rispetto tra pari.
Let us breathe”.
Il video del flash mob (SassiLive Tv)
La fotogallery del flash mob (foto www.SassiLive.it)