Il giornalista Michele Rutigliano in una nota presenta un grande progetto per far ripartire la Basilicata dopo l’emergenza Coronavirus: “La rinascita dei suoi centri storici”
Giovanni Russo, un raffinato e colto giornalista che amava tanto la Basilicata, ripeteva spesso che le statistiche non dicevano sempre la verità. I lucani, a suo dire, non erano seicentomila ma il doppio, un milione e duecentomila. Una metà viveva nella Regione e l’altra metà era sparsa per il mondo, in America,in Canadá e in Argentina ma anche in Francia Svizzerae Germania. Tutti impegnati a realizzare quella vera, grande rivoluzione che per i lucani fu, sempre secondo Giovanni Russo, non il Brigantaggio ma l’Emigrazione. Per non parlare poi diun altro grande poeta lucano, Leonardo Sinisgalli. Che amava ripetere “Girano tanti lucani per il mondo, ma nessuno li vede, non sono esibizionisti. Il lucano, più di ogni altro popolo, vive bene nell’ombra” Una Regione povera, isolata, silenziosa. Così era la Lucania che visitò Zanardelli e così era quella che ospitò Carlo Levi, ad Aliano,durante il fascismo. Eppure, nonostante l’emigrazione, l’isolamento geografico e la povertà così diffusa, alcuni viaggiatori, nel secolo scorso, sostenevano che la Basilicata era una terra ricca, piena di risorse, inesplorata. Le opinioni, come al solito, sono molto controverse. Ammettiamo pure che avessero ragione: Sì, ma quale era questa ricchezza? Oggi diremmo:il Petrolio! Ma neanche per sogno! La Lucania – diceva Marco Pannella – è come la Libia, ricca di petrolio e povertà.“
La vera ricchezza della nostra Regione, a mio parere, non sta nel suo sottosuolo, ma nel suo passato, nella sua Storia. Nei paesi di pietra, nei suoi paesaggi bagnati dal mare e accarezzati dal vento. Immersi nel silenzio delle valli o distesi su monti e calanchi. In quella natura che non ha mai avvelenato nessuno e che non ha mai tradito i suoi figli. Una bellezza millenaria che abbiamo ereditato dai greci e dai romani, dagli arabi e dai normanni, dagli aragonesi e dagli angioini, dai longobardi e dagli svevi. Case contadine e dimore gentilizie, cattedrali e monasteri, conventi e abbazie, torri e campanili, palazzi emonumenti. Labirinti e sentieri di pietra intarsiati nel tufo, scavati nella roccia , modellati nell’argilla. Ecco cosa sono i nostri Centri storici in Basilicata. Borghi immersi in una civiltà millenaria, scrigni preziosi di riti e di miti, di memoria e tradizioni, di fede e superstizione.
Centotrentuno. Tanti sono i paesi e le città della Basilicata. Se mettiamo sul piedistallo alcune eccellenze come i Sassi di Matera, la città Cattedrale, Acerenza, le due perle delle dolomiti lucane, Pietrapertosa e Castel Mezzano, gli altri 126 Centri Storici sono tutti tesori da salvare. Sono loro che custodiscono storia e identità, tradizioni e cultura, arte e architettura. Se non salviamo questo patrimonio, non potremo costruire alcun futuro. Ora che la Pandemia ha scombussolato il mondo e messo in discussione tante chimere e solide certezze, vorrei fare una domanda. Si possono rigenerare i nostri Centri Storici? Si può tornare a vivere in quelle case di pietra? Ci saranno forme di vita familiare e sociale in quei gioielli di urbanistica e architettura che, per secoli, furono i nostri Centri storici?
La prima cosa che faccio, quando torno in estate a Ferrandina, al mio paese, è un giro nel suo centro storico. Dove sono nato e cresciuto;dove mio padre aveva il mulino; dove ho trascorso un’infanzia spensierata e felice. Quanti di noi, attratti da curiosità o nostalgia, vanno a visitare i centri storici dei paesi nativi? In questi ultimi anni, ne ho visitati tanti.In Provincia di Potenza, ma soprattutto nella mia provincia, in quelli della Collina materana: Pomarico e Miglionico, Pisticci e Bernalda, San Mauro Forte e Stigliano. Ma è sul Centro Storico di Ferrandina che ho focalizzato la mia attenzione. Vogliamo farci un giro? E allora venite con me e vi racconto le cose come stanno. La nostalgia e l’entusiasmo, ahimè, durano poco.Più mi inoltro verso la parte bassa del paese e più mi assale lo sconforto. Lo spettacolo che si presenta ai miei occhi è un po’ desolante e anche un po’ surreale.Troppe porte chiuse, tanti portoni abbandonati, innumerevoli cantine e sottani, sbarrati per sempre. E allora mi chiedo: Che ne sarà di queste pietre, di queste case, di queste storiche dimore fra 25, 50 anni? (valga per tutti il Palazzo D’Amato Cantorio a Ferrandina, che alcuni storici considerano anteriore di due secoli alla fondazione della Città). Che fine faranno i suoi cinquecento anni di storia?
Ci viene in mente la bella immagine del “vecchio addormentato”, metafora di un passato che non ritornerà più; di un uomo che coltiva solo ricordi, in attesa dell’addio a questo mondo. Potranno mai rinascere questi gioielli della Storia e dell’Architettura lucana? E ancora: Che ne sarà di queste pietre che hanno custodito, per secoli, umanità, storie e leggende, riti e miti della civiltà contadina? D’amblé, mi verrebbe di rispondere: Non c’è nulla da fare. “Sic transit…..” Finché, sull’argomento, navigando in rete, ho scovatouna bella notizia che mi ha ridato fiducia e tanta speranza.
Un Sindaco del Nord-Italia, per evitare l’abbandono del Centro storico del suo paese, ha deciso di mettere in vendita gli immobili di proprietà comunale, per la modica cifra di…..1 euro ciascuno. Se io fossi un sindaco lucano, sposerei in pieno questa iniziativa. Anzi, farei di più. Ai privati che hanno abbandonato case, cantine e sottani nei centri storici, farei più o meno questo discorso: le vostre proprietà, se non le curate, se non le fate rivivere, prima o poi andranno in malora. Fra un po’ di anni, potreste restare con un pugno di mosche, se non di macerie. E allora cedete queste vostre proprietà al Comune in comodato d’uso per 25 anni, così noi le affittiamo, 1 euro al giorno, a quei giovani o a quelle famiglie che si impegnano, nero su bianco, a ristrutturarle e a farle rinascere. I proprietari non resteranno a mani vuote. Tutt’altro! Potrebbero ottenere un indennizzo riveniente da un Fondo speciale da istituire presso la Regione o presso un altro organismo, sempre pubblico, ma indipendente.
I nostri Comuni, ahimè, non hanno un becco di un quattrino per avventurarsi in progetti simili. Ora, però, la musica è cambiata. Non c’è più il Patto di Stabilità che ci tarpa le ali. Ora possiamo investire,possiamo indebitarci. Certo, non per vivere di assistenza e di sussidi ma per costruire il futuro con progetti seri, realistici, originali. Ai proprietari dei soprani e dei sottani che volessero accedere a questa proposta si garantirebbe inizialmente la nuda proprietà e successivamente, se la trattativa va a buon fine, un congruo indennizzo. Agli inquilini, invece, verrebbe garantito un possesso venticinquennale, con l’obbligo di ristrutturare la casa, nella prospettiva di diventarne proprietari.
E’ una formula che consente ai Comuni di uscire da questo vicolo cieco. E nulla vieta, se ci sono intoppi, di calibrarla meglio sul piano tecnico e giuridico. Non sarà certo una panacea, ma è pur sempre un escamotage per invertire questa tendenza all’abbandono di questo grande patrimonio della Regione. Che interesse ha il privato a ristrutturare un sottano o un soprano, dove né lui, né i suoi figli andranno mai ad abitare? Nessuno! Il Comune, invece, ha un interesse esattamente opposto. Anzi, io direi che non solo ha l’interesse ma ha il dovere di rigenerare e preservare tutto il suo centro storico. E, se i privati si mettono di traverso, si fa una bella legge regionale, supportata da un grande piano di rigenerazione e rinascita di tutti i centri storici. Perché quello che è stato realizzato a Guardia Perticara non si può fare negli altri comuni della Lucania? La prospettiva di questo combinato disposto (disinteresse dei privati e immobilismo amministrativo) sarebbe il lento e inesorabile degrado dei vecchi rioni, con tutti i problemi connessi alla stabilità e alla salubrità delle abitazioni. E quindi alla stessa sopravvivenza di questi paesi.
Ce n’è materia per inserire questo tema nell’agenda politica, ora che l’Europa, con il suo Recovery Fund, finanzierà i progetti per la rinascita degli Stati più fragili e indebitati. Non è detto che dobbiamo solo copiare quello che fanno al Nord. Possiamo andare oltre! Fare da apripista, quando ci sono in ballo interessi di così vasta portata. E poi, oltre al Turismo che rinascerebbe alla grande,c’è un altro aspetto da considerare. Se si rimette in moto l’edilizia, si rianima buona parte della Regione. Ora che l’economia a trazione petrolifera ha dimostrato tutti i suoi limiti, ora che la pandemia ha svelato i pericoli di una globalizzazione senza freni ,dobbiamo ritornare con i piedi per terra. Rigenerare e ricostruire i nostri centri storici può rappresentare un credibile piano di rilancio per la Basilicata. Un grande progetto che farà piacere all’Europa, ora che ha riscoperto la sua ragion d’essere, di una Comunità, forte, unita esolidale, così come la concepirono i padri fondatori e i grandi statisti del secolo scorso