Giuseppe Ungaretti, dopo mezzo secolo dalla morte “si illumina d’immenso” . Di seguito l’intervento di Rosanna Travascia.
A 50 anni dalla sua morte e a oltre cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla quale partecipò, Giuseppe Ungaretti è il poeta che primeggia tra gli esaminandi di terza media. Le sue parole umane, trovate nel silenzio e scavate nella sua vita “come un abisso”, parlano ai ragazzi di oggi che hanno visto e vissuto sulla propria pelle il dolore, la sofferenza, il sacrificio, la fatica, l’impegno che la condizione imprevista e imprevedibile della pandemia ha chiesto a tutti, proponendo con il suo irrompere una dimensione in cui il riconoscimento della propria precarietà sono necessari, ma vitali. Con le sue brevi poesie, nei versi innovativi e profondi e calibrati, racconta fatti e stati d’animo eterni, certosine indagini dell’essere tra tempo e destino con i quali i giovani si confrontano crescendo, nella scoperta interiore ed esteriore del mondo, sprizzando vitalità: attraverso particolari dipinge le scene, muovendo il lettore a visualizzare ciò che descrive. L’esperienza della Guerra gli ha fatto incontrare culture diverse e multiformi tradizioni; tutto ciò ha fatto sì che in lui sedimentassero sentimenti ed esperienze indissolubili, guardando all’interno della coscienza umana anche in atteggiamenti di speranza e di sconforto: una poesia storica, ma non priva di luminosa sacralità.