Pasquale Tucciariello, presidente del Centro Studi Leone XIII in una nota comunica che uno studio scientifico dell’Università degli Studi della Basilicata ha verificato che il legno di cerro presente sul territorio lucano può garantire 18 posti di lavoro. Di seguito la nota integrale.
Anche dal legno Basilicata al primo posto. Da circa tre anni uno studio scientifico dell’Università di Basilicata comunica che dal legno del territorio lucano sono possibili 18mila nuovi posti di lavoro non solo a costo zero per le casse regionali, ma ottenendo un valore aggiunto finale, nel complesso della filiera, di circa 3 miliardi di euro per gli operatori, dal taglio iniziale alla trasformazione e commercializzazione finale, ed entrate notevoli per la Regione, i comuni e i proprietari privati.
Il Laboratorio di Tecnologia delle Costruzioni, Scuola di ingegneria dell’Unibas, in questa ricerca coordinata dai prof. Filiberto Lembo e Francesco Marino (Il legno lamellare Quercus Cerris e le sue possibili utilizzazioni) “indaga da anni sull’uso e il miglioramento della risorsa forestale della Basilicata e sulla possibilità di utilizzare per vari usi l’essenza del Quercus Cerris” garantendo altissimi indici economici nella trasformazione del legno la cui quantità si aggira tra i 110mila e i 140mila metri cubi annui a fronte dei 4 milioni circa ora disponibili al taglio “senza che il patrimonio boschivo e la sua stabilità risultino alterati, anzi pervenendo ad un più accurato governo del territorio e delle risorse boschive (produttiva, ambientale, protettiva, ricreativa)”. E sono 4 milioni di metri cubi di fustaie già giunte a maturazione, 80 anni, che vanno tagliate sia per evitare che subiscano malattie sia per consentire corrette rigenerazioni.
Il protocollo di condizionamento studiato dall’Unibas risolve tutti i problemi derivanti dall’essenza di questo legno fino a renderlo cerro lamellare molto resistente tale da sopportare carichi 4 volte superiori al normale lamellare di abete. E’ un legname che oggi viene utilizzato per biomasse ad un costo bassissimo, ed invece ne avrebbe uno altissimo come impiego lamellare, come eco-progettazione e bio-architettura, come industria per arredamento e parquet, come infissi e porte, listellati, sfogliati, compensati.
In Italia la lavorazione del legno è interessata da 100mila aziende, 500mila addetti, 35 miliardi di fatturato e 10 miliardi di euro in export. In Basilicata, a fronte di circa 200mila ettari di superficie boschiva, le fustaie di cerro occupano una superficie di circa 30mila ettari, quasi la metà dell’intera superficie nazionale investita a cerro. Sono numeri importanti che possono far salire il numero degli occupati e la quantità di valore aggiunto nell’economia regionale tale da metterci al numero uno in Italia non solo per estrazioni petrolifere in Val d’Agri, non solo per la grande industria Sata di Melfi, non solo per i laghi di Monticchio e i suoi microclimi entro i quali è presente la Bramea, non solo per Maratea perla del Mediterraneo e per Matera in ciò che è stata capace di produrre da Saverio Acito a Raffaello De Ruggieri.
La trasformazione del Quercus Cerris lucano con la sua commercializzazione virtuosamente dirette da attenti pianificatori, tecnici, urbanisti in concerto con energie culturali capaci di disegnare nuovi contenuti organizzativi, strutturali, aggregativi, sociali ed economici sono le condizioni uniche per mantenere la Basilicata non all’ultimo ma al primo posto anche in materia di occupazione, ambiente, gastronomia, turismo. E il massimo ente territoriale, la Regione e il suo governatore possono, se vogliono, governare i cambiamenti chiamando a raccolta le energie più virtuose non entro stupidi stati generali che peraltro evocano divisioni sociali, ma congressi e meeting di unità lucana per realizzare ciò che a tutti è comune, il bene.