I dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro che riferiscono di 37mila madri-lavoratrici che si sono dimesse nel 2019, con una crescita specie al Sud e i continui allarmi per le conseguenze della crisi da Covid-19 sull’occupazione femminile, richiedono grande attenzione e una specifica iniziativa sindacale. Lo afferma Anna Carritiello, della segreteria regionale Uil Basilicata con delega alle Politiche di Genere.
Nella «Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri» – continua – emerge chiaramente come la motivazione principale sia la difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura dei figli per una serie di motivi come l’assenza di parenti di supporto, venuti meno in particolare durante la lunga fase di locdwon, gli elevati costi di asilo nido o baby sitter, il mancato accoglimento al nido. Le convalide di dimissioni nel 60% dei casi hanno interessato lavoratrici e lavoratori con un solo figlio o in attesa del primo.
E’ la stessa direzione nazionale dell’Ispettorato a segnalare che «l’evolvere dello scenario post Covid» rischia di «amplificare le aree oscure di elusione e di irregolarità in danno dei lavoratori, ed in particolare delle categorie più fragili e vulnerabili», mentre il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo assicura «l’intenzione di avviare una seria azione di contrastato al part-time involontario e introdurre una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni».
Sta dunque accadendo – dice Carritiello – quello che temevamo: il Family Act della Ministra Bonetti, approvato di recente dal Consiglio dei Ministri rappresenta un buon punto di partenza ma va necessariamente migliorato ed attuato in tempi più rapidi, altrimenti si rischia di comprometterne l’efficacia.
A questo si aggiunge, come ha rilevato il nostro Centro Studi Uil, che gli effetti Covid-19 su occupazione ed economia in Basilicata sono più pesanti per le madri-lavoratrici, specie per quante hanno fruito di congedi parentali, con gravi conseguenze sulla capacità di reddito, oltre al numero elevato di lavoratrici in cassa integrazione con perdite oscillanti tra i 400 e i 700 euro al mese.