E’ una scelta di lotta, di fronte al muro di gomma opposto dalla direzione aziendale alle più che legittime richieste dei lavoratori, quella che è emersa dall’assemblea dei lavoratori del San Carlo. L’incontro sindacale, partecipato e coinvolgente, si è tenuto questa mattina nell’auditorium dell’ospedale di Potenza. Il cartello dei sindacati autonomi, Fials, Fsi, Nursind e Usb, che l’aveva convocato ha preso atto della volontà dei dipendenti e ha proclamato lo stato di agitazione.
La parola passa ora al Prefetto di Potenza. La legge 146/90, che regolamenta il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (trasporti, sanità, scuola, etc.) prevede infatti che il rappresentante locale del governo convochi le parti per esperire le procedure di raffreddamento e di conciliazione.
Anche se negli ultimi giorni la grancassa mediatica ha dato grande risalto alla situazione di grave crisi della più importante azienda della sanità lucana, per numero di dipendenti e quantità e qualità delle prestazioni erogate, le sofferenze del San Carlo sono di lunga data.
Da diverso tempo nell’azienda ospedaliera si vive uno stato di estrema precarietà con gravi difficoltà per l’utenza e per i lavoratori dipendenti a causa delle persistenti carenze di personale che rischiano di peggiorare notevolmente la qualità dei servizi erogati.
A questa problematica storica si aggiungono le notevoli difficoltà economiche che gravano sull’azienda che hanno messo capo ai già annunciati tagli indiscriminati alle attività lavorative. E’ un gatto che si morde la coda. La consistente riduzione delle somme assegnate al San Carlo sul riparto delle somme del fondo sanitario regionale, è dovuta infatti, molto probabilmente, a un evidente calo delle attività
verificatesi nel corso dell’anno 2019, a seguito di scelte poco lungimiranti e rigidamente ragionieristiche della direzione strategica.
A peggiorare il clima aziendale e a demotivare un personale capace di grande dedizione e spirito di sacrificio è arrivata la recente attribuzione delle progressioni economiche orizzontali del comparto, avvenuta con l’impiego di criteri palesemente ingiusti che hanno determinato un diffuso malcontento.
Lug 15