Padre Basilio Gavazzeni, presidente della Fondazione Lucana Antiusura “Monsignor Cavalla”, ha inviato una nota alla nostra redazione in vista delle prossime elezioni regionali del 20 e 21 settembre 2020. Di seguito la nota integrale.
S’ODE A DESTRA UNO SQUILLO DI TROMBA;
A SINISTRA RISPONDE UNO SQUILLO …
La mia diletta città potrebbe benissimo fare a meno di me.
Ma sono io che non posso fare a meno di essa.
Essa che mi scorre nelle vene e che amo.
Bernardino Telesio
Esaminate ogni cosa, trattenete ciò che è buono.
San Paolo
Già da mesi registriamo notizie sui movimenti di coloro che sono interessati all’elezione del prossimo Sindaco di Matera.
Mentre per diverse ragioni la politica non fa che precipitare nel discredito, preoccupa la pochezza delle riflessioni sia orali sia scritte che circolano in preparazione di quella che sarà una svolta, se non altro a causa della pandemia.
Non pochi sostengono che alla città facciano difetto donne e uomini con la vocazione e il carisma del servizio per il bene di tutti. Pur considerando che tale parere inclini all’andazzo dell’autodenigrazione, c’è da rifletterci.
La città provvidenzialmente ha goduto di un tempo privilegiato e favorevole – kairos, secondo la terminologia biblica – prima che comparisse il Generale Covid-19, il quale non ha infierito come altrove sui corpi, ma ha fiaccato un’economia che vagheggiava un trionfale prolungamento delle sue fortune.
Qualcuno prevede un periodo elettorale più triste del solito, un campo di battaglia ancor più percorso da vessilli mercenari, rotti a compromessi e pronti a cambiare posizioni e schieramenti, nonostante le alleanze e gli accordi depositati sui tavoli nelle trattative di giorni più tranquilli.
I chiacchieroni meglio appostati sono dediti con assiduità alla loro produzione. Quanti nomi sono già stati evocati dai giornali e come sono evaporati nello spazio di un mattino! Per il momento non appaiono le fake news che, soppiantando la realtà, diffondono precomprensioni che possono distruggere.
La maggior parte dell’elettorato non pare incuriosita dall’avvenimento, è silente, sospetta: se il peggio non è sicuro, nemmeno andrà tutto bene. La concentrazione dei più sulla faticosa quotidianità e la stagionata sfiducia nei confronti di ogni uomo pubblico sono tali che a nessun aspirante candidato è concesso di illudersi sulla possibilità di una sicura fidelizzazione.
Le reti dei partiti sono lacere e smagliate. Come faranno a pescare i voti dei renitenti, dei rancorosi, degli incerti e degli stessi onesti, vale a dire della porzione più consistente dell’elettorato che resta da tempo sommersa nella privatezza e che sola potrebbe creare la necessaria discontinuità, affluendo alle urne.
Matera, città in cui ci ostiniamo a intravvedere la somiglianza con la Gerusalemme storica e che vorremmo ritirasse qualche barlume di quella celeste; città che aspira a essere la rutilante miniatura di un Meridione riscattato ed esemplare non solo per l’Europa “frugale”, ma addirittura per l’area mediterranea; città in cui alcuni, più “rettorici” che “persuasi”, vagheggiano di aggiungere realizzazioni avveniristiche alle vestigia del passato: quale cittadino dichiarerebbe di non amarla?
Ma quando professiamo amore per Matera, siamo sinceri? Come dimostriamo di amarla attivamente al di là del “particulare” che ne spremiamo? Il cittadino normale non può svicolare di fronte a queste domande: risposte oneste lo potrebbero costringere a confessare che troppo a lungo si è chiuso in una colpevole impartecipazione.
E quale uomo pubblico può dire di amare la città? L’ha davvero innalzata al di sopra di tutti i pensieri? Non ha mai perseguito il proprio interesse, nemmeno per cavarci un blocco di tufi a piedistallo del proprio fantasticato monumento? Ha garantito una competenza aggiornata al suo servizio? Non è sceso a patti con consorterie esterne e interne, con privati e parti politiche che tendono agguati e avanzano ricatti nei Consigli comunali? Ha controllato con acribia e contrastato con fermezza la cattiva burocrazia che ingrippa la già complessa macchina di un Comune pur piccolo, a danno soprattutto dei cittadini meno ammanicati?
Chi ha senso civico ancora una volta andrà a porgere il voto, ancora una volta spererà contro ogni speranza, ancora una volta crederà in un cammino di condivisione che accoglie la diversità unitas, in diversitate, ma rifiuta la frantumazione e i conflitti. Poi riprenderà i suoi compiti, discernendo il meglio che è possibile per sé e per gli altri, nella nuova storia che fatalmente irrompe dalla breccia aperta dalla pestilenza.
Il buon cittadino non è un’anima bella che ignora le asprezze che infestano l’agone politico e i meccanismi e i dispositivi spesso arrugginiti che lo affaticano, ma non è disposto a concedere agli uomini pubblici che rinuncino a una responsabile razionalità per far largo alla volontà di potenza pronta a estrarre vantaggi dal degrado.
Nella relatività e nei limiti della politica, che cosa chiedere a quelli che ambiscono al servizio pubblico?
Ecco alcune proposte semplicistiche.
Intanto non cominciate a propinarci dichiarazioni d’intenti raccogliticce e nominalistiche affidate a graziose plaquette che finirebbero nel cestino.
Apprestatevi a una metamorfosi della vostra persona, dei comportamenti e della mente. Trasformatevi: dovete essere eroi forniti di discernimento che è attenzione affinata per poter distinguere.
Dobbiamo presumere che giungiate adorni di competenze adeguate. Dovete accrescerle, non sottraendovi alla fatica dell’analisi per innalzarvi a una conoscenza sintetica della configurazione e del senso delle cose. Bisogna individuare dove e come misurarvi con la prassi.
Volete la responsabilità: assumetela con decisione, senza affidarvi all’ideologia tecnologica né ripararvi dietro la pratica della delega.
Non assecondate i progetti della hybris, febbre che ha preso uomini pubblici e privati al séguito di Matera 2019, il “sempre di più” che non si addice proprio a una lettura realistica della nostra condizione.
Piantate i piedi nella terra della vita concreta, a imitazione del bue frumentifero del nostro stemma.
Pensate alla dignitosa amministrazione dell’esistente, non intesa come ossessione per l’efficientismo e il funzionalismo, ma come cura della vita ordinaria, a vantaggio di tutta la comunità.
Non isolatevi dal popolo: preferite i suoi punti di vista diversi alle elaborazioni strategiche di cerchie elette, di amici e compagni di cordata.
Fatevi prossimo secondo giustizia e carità e gratuità.
Preoccupatevi di assicurare a tutti i Materani lavoro, casa, pane, decenza e dignità: è il solo umanesimo che ci preme.
Apritevi allo spirito di pluralismo. Garantite e promuovete tutte le sane espressioni dell’autonomia sociale e culturale, tenendo in scacco l’invadenza dei partiti e la pressione dei mercanti.
Perlustrate regolarmente tutti gli angoli del territorio, sino in fondo alle periferie, per scoprirne le magagne e rimediarvi, per bloccare le nequizie e gli abusi di certi privati e, soprattutto, per riconoscere le preoccupazioni e le ferite dei cittadini più sofferenti. La persona è la categoria davanti alla quale anche l’uomo pubblico deve inchinarsi.
Non sottovalutate l’ipotizzata reviviscenza autunnale del Covid-19. Ci ha risparmiati ma permane, ed esige un’organizzazione sanitaria di cui la città non sembra provveduta.
Per qualche anno decidete di impoverirvi visto che, se scendete in politica, disponete di risorse assai superiori alla media.
Semplicismi? Come si dice delle parolacce, quando ci vogliono ci vogliono.