Una raccolta di composizioni per immagini al centro di questo nuovo progetto musicale, frutto di un sodalizio fra quattro autori lucani.
Da un’idea del pianista Vincenzo Paolino, del polistrumentista Daniele D’Alessandro, del tastierista Pierangelo Lapadula e dello scrittore Raffaele Irenze,tutti originari della Basilicata, è nato il progetto musicale VioletClouds, viola come il colore delle nuvole accarezzate dalla luce del tramonto nell’attesa del crepuscolo.
Gli elementi del paesaggio, in fremente attesa di lasciare una scia, un ricordo, sono ciò che ispira e unisce i quattro autori lucani, il cui sodalizio nasce da molto lontano. Precisamente nel 2008, quando Vincenzo e Daniele lavorano come musicisti e compositori per uno spettacolo teatrale originale. Quella esperienza insieme, cui ha fatto seguito una serie di composizioni per spettacoli e cortometraggi, è rimasta una traccia importante. Su di essa si è innestato, negli anni successivi, l’incontro con Raffaele e Pierangelo, che ha reso il progetto sempre più concreto sino alla sua definitiva realizzazione nel 2019. Il nome di quel primo spettacolo, “Oltre il Desiderio”, è diventato, in traduzione inglese, il titolo del brano conclusivo del loro primo album, “Daylight”, disponibile dal 22 luglio sui principali store digitali, fra cui Amazon e Spotify.
“Daylight” è una raccolta di composizioni per immagini, di concezione classica e lineare. Un percorso musicale e letterariosospeso fra l’incanto dell’infanzia ed il suggestivo fascino dei ricordi, la malinconica nostalgia e la gioia dello stupore, gli amori pensati e quelli inaspettati, le note suonate e quelle dimenticate. Un paesaggio sonoro e poetico che si nutre degli splendidi scenari nei quali è stato concepito, conducendo idealmente e ciclicamente da atmosfere notturne ed intime della Luna a quelle più giocose del giorno, fino ad approdare alla dolcezza del crepuscolo.
Il progetto dei VioletClouds, che si affacciano sulla scena musicale con questo primo album, è la fusione perfetta delle sensibilità artistiche che caratterizzano i quattro autori : Vincenzo lo ha ideato sin da quando compone musiche per spettacoli teatrali, pensando ad un album come punto di partenza per una nuova avventura; Raffaele ha cercato di creare un connubio fra la potenza della parola e l’universalità della musica, provando a sposare l’alba con il crepuscolo; Daniele ha voluto colorare e aggiungere storie al racconto principale, mentre Pierangelo ha creato un equilibrio di fondo che mantiene saldo l’intreccio tra classico e moderno, lo stimolo per dipingere scenari emotivi e trame atmosferiche, mettendole al servizio del pianoforte e delle orchestre.
“Daylight” è distribuito dalla casa editrice Soundiva e prodotto dall’Associazione Culturale Vulcanica,che opera in percorsi artistici e culturali nel territorio lucano del Vulture, organizzando dal 1999 il Vulcanica Live Festival. Dal 2020 Vulcanica co-organizza l’Open Sound Festival(www.opensoundfestival.eu). Sul sito di Vulcanica (www.associazionevulcanica.it) è possibile scaricare illibretto del disco, impreziosito dalle illustrazioni di Andrea Carbone e dalle poesie di Raffaele Irenze. Il video trailer del brano “Luna” è disponibile sul canale Youtube dei VioletClouds: https://www.youtube.com/watch?v=fZ4r5ohGoWk&t=64s
Biografia
Vincenzo Paolino, Matera
Ha iniziato lo studio del pianoforte all’età di otto anni, diplomandosi poi al Conservatorio “G. da Venosa” di Potenza. Ha insegnato in diverse scuole di musica e portato progetti musicali nelle scuole primarie. Per molti anni ha anche suonato nel Complesso bandistico della sua città, Rionero in Vulture (PZ). Con un master in direzione artistica e management musicale, ha all’attivo una lunga esperienza di organizzatore di concerti e spettacoli teatrali per l’Associazione Culturale Vulcanica, promotrice dello storico Vulcanica Live Festival, di cui è direttore artistico. Dal 2014 lavora per il progetto di Matera Capitale europea della cultura 2019.
Penso che la musica sia un sentimento, paragonabile alle più importanti emozioni dell’uomo. Può farci venire la pelle d’oca, per quanta intensità in essa può esistere. Ha un suo profumo ed una sua specifica malinconia. Ascoltare o suonare musica è un investimento esistenziale, perché ha in sé il tempo e contemporaneamente lo scorrere del tempo. Ha il potere sublime del ricordo, molto più forte di una fotografia. E’ condivisione ed insieme una canzone per gli amanti.
Raffaele Irenze, Atella (Potenza)
Ha iniziato a scrivere poesie da quando aveva 13 anni, affascinato dalla “redenzione” e dalla catarsi che caratterizzano la scrittura. Laureato in D.A.M.S., indirizzo Arti Visive, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie nel 1999 ed è presente, con i suoi versi, in diverse antologie. Soggettista e sceneggiatore per alcuni cortometraggi che hanno conseguito importanti riconoscimenti, ha pubblicato nel 2019 il suo nuovo lavoro intitolato “Poesie per Amori pensati e Pianoforti dimenticati”. Da anni fa parte della giuria del premio letterario nazionale “Le cantine di Pasolini”.
La scrittura è liberarsi di noi stessi e dei limiti che il nostro vivere quotidiano ci impone. Ha il tragicomico dovere di raccontare qualcosa che è vera a metà, con una logica di impatto che, soprattutto nella poesia, ha i chiaroscuri della fotografia. La parola è una lingua di fuoco, che ci ferisce ed al contempo ci salva.
Pierangelo Lapadula, Rionero in Vulture (Potenza)
Il suo primo approccio con la musica è iniziato in tenera età, provando a riprodurre i jingle della tv con i giocattoli elettronici. All’età di sette anni ha iniziato lo studio del pianoforte classico che è proseguito fino all’adolescenza. È stato contaminato dalla musica dei Pink Floyd e dei Dream Theater, più recentemente da Steven Wilson e Neal Morse in ambito progressive-rock. Ha collaborato con diverse associazioni teatrali attraverso spettacoli in tour di cui due negli Stati Uniti e in Canada nel 2009 e nel 2010. Nel 2012 ha suonato in concerto con IanPaice, batterista dei DeepPurple, nel 2013 e nel 2015 con Claudio Golinelli bassista di Vasco Rossi, nel 2014 con Claudio Dirani batterista dei Modà, nel 2015 con Andrea Braido chitarrista di Vasco Rossi e di altri artisti italiani.
Èimportante l’origine di ogni cosa; nel suono tutto parte da una vibrazione che si trasmette nell’aria, nelle emozionitutto parte da un palpito che si riversa nell’anima. Attraverso la Musica può essere svelata la Natura dell’uomo; essa si materializza come intimo fondamento svelando la parte celata della sua vera essenza. Divulgare la propria arte è l’equivalente impronta dell’uomo sul suolo lunare, ne sancisce il suo transito e lo immortala nella Storia.
Daniele D’Alessandro, Bologna
Ha iniziato lo studio del clarinetto a 11 anni, affascinato dai primi ascolti di musica classica e jazz: la grandezza lirica di Verdi in “Trovatore” e l’indimenticabile “Intermezzo” della “Cavalleria Rusticana” di Mascagni. Sul lato B della cassetta un virtuosissimo Eddie Daniels improvvisava sui suoi brani più belli. Laureato in clarinetto presso il Conservatorio “G. da Venosa” di Potenza, ha intrapreso gli studi in “Musica da Film” al Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna. Inizialmente dedito allo studio della musica classica, pian piano inizia ad allargare il raggio della sua attività artistica che lo vede in progetti al fianco di Domenico Caliri (Festival Angelica al Teatro S.Leonardo di Bologna), Stefano di Battista (Teatro “Celebrazioni” di Bologna). Partecipa a vari dischi di jazz come ospite solista (Lost in Supermarket di Giovanni Ghizzani, Pinturas di Ugo Moroni, Non inizia bene neanche questo weekend di Claudia Cantisani, Funfara della Banda Osiris) e ha all’attivo diversi progetti in cui si alterna tra synth, orchestrazioni e clarinetto. Fra questi spiccano i Nuwa, progetto a suo nome.Nel 2019 realizza in collaborazione con Sergio Bachelet le musiche per il cortometraggio “Skenè” di Donato Larotonda e Marco Vodola vincendo il primo premio a New York nel concorso “TwoRoads International Film Festival”.
Ho studiato musica da film per una ragione: imparare a tradurre le musicalità delle immagini. Da sempre (dalle origini di ascoltatore dell’opera) mi ha affascinato questo saper usare la musica come “colorante”, nonostante credo sia un linguaggio puro.