Rosanna Travascia: “La Grotta dei Cervi: a Otranto la “Cappella sistina” del Neolitico”. Di seguito la nota integrale.
La Grotta dei Cervi, nella località di Porto Badisco, la perla di Otranto, sulla costa adriatica del Salento, in provincia di Lecce, è una grotta naturale costiera nella quale si contano circa 3mila pittogrammi e un numero elevato di graffiti. Nell’antichità era un luogo di culto, un santuario per le popolazioni del Neolitico, 8mila anni fa.
E’ legato a un aneddoto la grande scoperta della Grotta nel 1970, mezzo secolo fa, da parte dei cinque membri del Gruppo Speleologico Salentino. Uno di loro sentì il bisogno di appartarsi e, in quegli attimi di solitudine, notò una strana aria fresca proveniente da un pertugio nella roccia. La sua deformazione lo portò a incuriosirsi e a scavare: saltò fuori una vipera che lo fece trasalire! Durante la Preistoria, la grotta era abitata dall’uomo e successivamente venne utilizzata per riti religiosi. E’una memoria storica, nonché un manifesto ideologico della preistoria. Si presenta con le pareti gremite di graffiti che mostrano molteplici particolari sulla caccia praticata dagli uomini cavernicoli (i quali usavano archi e frecce) e sulla flora del Salento in età neolitica. Le scene si concentrano prevalentemente sulla caccia dei cervi, motivo per cui la grotta venne denominata la “Grotta dei Cervi”. Viene anche denominata la “Grotta di Enea”: questa definizione sembra risalire ad un’antica tradizione secondo la quale Enea era sbarcato a Porto Badisco nel suo viaggio in Italia, precisamente sulla costa adriatica del Salento, fuggendo da Troia, prima di raggiungere il Lazio. All’interno della grotta c’è il complesso pittorico neolitico più grande d’Europa che comprende due pittogrammi, quelli figurativi e non figurativi. In una sala, le pareti sono ricoperte di impronte di mani di bambini. Pertanto non è stato soltanto un artista a lasciare il segno indelebile sulle pareti, ma ciò testimonia il fatto che intorno alla grotta c’era sicuramente un villaggio. Le pitture all’interno sono state eseguite in ocra rossa e guano. Accanto alle scene di caccia viene raffigurata la figura dello Sciamano, stregone danzante, intorno a un segno cruciforme. Questo è conosciuto come “Il Dio che balla”. I pittogrammi non figurativi raffigurano forme geometriche astratte e simboli magici non facilmente interpretabili. La stessa grotta fungeva da tempio e al suo interno sono stati ritrovati vasellame e persino degli scheletri. Al suo interno sono presenti 3 corridoi, interessati dal fenomeno carsico e ricchi di numerose stalattiti e stalagmiti. La grotta non è aperta al pubblico. Nel 2017 il fotografo Leonello Bertolucci ha avuto l’onore di entrare nella grotta, un luogo “misticamente interdetto” e che solo pochissimi addetti al lavoro hanno avuto la fortuna di esplorare. Prima di lui, solo pochi, tra cui Alberto Angela, erano stati ammessi. Entrare nella grotta non è per tutti perché oltre alla preselezione, per ottenere il benestare, bisogna avere anche il fisico e dichiarare di essere di buona e robusta costituzione; gli spazi all’interno, fitti di cunicoli, sono stretti e bui e non bisogna soffrire di claustrofobia: è un’impresa da speleologi!