Nonostante il calo di imprese femminili del 19,4% che si è registrato in Basilicata nel secondo trimestre dell’anno rispetto al secondo trimestre 2019, per il quale come per il resto del Paese, ha decisamente inciso il lockdown, la nostra regione si conferma “terra di imprese rosa”. E’ il commento di Rosa Gentile, presidente del Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio Basilicata al report diffuso oggi dal Comitato Nazionale Imprenditoria Femminile, al quale la Basilicata è stata presente con la quasi totalità delle sue componenti dell’organismo della Cciaa. La nostra regione – evidenzia – subito dopo il Molise è la regione con il più alto tasso di imprese di donne (16.081 pari al 226,6%). Per questa ragione ci riconosciamo nella “foto” scattata dal Comitato Nazionale che vede le donne “resilienti, tenaci, pronte anche più degli uomini a mettersi in gioco”. Tra le altre caratteristiche del rapporto che trovano riscontro nella realtà imprenditoriale lucana, anche se ancora fortemente concentrate nei settori più tradizionali, le imprese di donne stanno crescendo soprattutto in settori più innovativi e con una intensità maggiore delle imprese maschili. E’ il caso delle Attività professionali scientifiche e tecniche e dell’Informatica e telecomunicazioni.
Di fronte al Covid, però, molte aspiranti imprenditrici devono aver ritenuto opportuno fermarsi e attendere un momento più propizio. Tra aprile e giugno, infatti, le iscrizioni di nuove aziende guidate da donne sono oltre 10mila in meno rispetto allo stesso trimestre del 2019. Questo calo, pari al -42,3%, è superiore a quello registrato dalle attività maschili (-35,2%). Anche per effetto di questo rallentamento delle iscrizioni, sul quale ha inciso il lockdown, a fine giugno l’universo delle imprese femminili conta quasi 5mila unità in meno rispetto allo scorso anno.
Siamo però preoccupate – dice Gentile – perché il calo delle iscrizioni che si è verificato negli ultimi mesi alla Cciaa Basilicata rischia anche di rallentare quel processo di rinnovamento che si sta realizzando in questi anni nelle generazioni più giovani. Un rinnovamento che emerge con chiarezza dall’indagine di Unioncamere realizzata su un campione di 2mila imprese di uomini e di donne, contenuta nel IV Rapporto sull’imprenditoria femminile. I dati, raccolti a ridosso dello scoppio della pandemia, analizzano la risposta di genere all’interno del mondo delle imprese giovanili di fronte ad alcuni temi chiave della competitività e mostrano come le difficoltà innescate dal Covid 19 possano colpire maggiormente il mondo dell’impresa femminile, più sensibile al ciclo economico di quello maschile (il 21% delle imprese femminili ritiene di essere più esposto all’andamento negativo dell’economia contro il 18% degli imprenditori).
Infatti, le giovani donne d’impresa hanno una minore propensione all’innovazione rispetto ai coetanei uomini (il 56% delle imprese giovanili femminili ha introdotto innovazioni nella propria attività contro il 59% imprese giovanili maschili); investono meno nelle tecnologie digitali di Industria 4.0 (19% contro il 25% delle imprese giovanili maschili); sono meno internazionalizzate (il 9% contro il 13%); hanno un rapporto difficile con il credito (il 46% delle imprese femminili di under 35 si finanzia con capitale proprio o della famiglia). Inoltre, solo il 20% delle imprese di giovani donne ricorre in misura notevole al credito bancario e, tra tutte le imprese under 35 che lo richiedono, sono più le giovani imprese femminili, rispetto a quelle maschili, a lamentarsi di non aver visto accolta la richiesta o di averla vista soddisfatta solo in parte dalle istituzioni bancarie (8% vs 4%).
Questi elementi di fragilità peraltro si inquadrano all’interno di un sistema di “buona” giovane impresa che condivide, in misura spesso più diffusa dei colleghi uomini, una serie di valori fondanti.
L’impresa giovanile femminile, infatti, è più attenta all’ambiente, guidata soprattutto dall’etica e dalla responsabilità sociale: la quota delle giovani imprese rosa che investono nel green mosse dalla consapevolezza dei rischi legati al cambiamento climatico è superiore a quella dei giovani imprenditori maschili (31% vs 26%). L’attenzione al welfare aziendale è decisamente elevata tra le giovani imprese femminili, che, ad esempio, offrono maggiori possibilità di smart working ai propri dipendenti (50% tra le femminili contro il 43% di quelle maschili); hanno adottato in misura maggiore iniziative volte a sostenere la salute e il benessere dei propri lavoratori (72% contro 67%) e sono più propense a sviluppare ulteriormente attività di welfare aziendale nei prossimi tre anni (69% contro 60%).
Le giovani imprenditrici, la cui spinta a fare impresa deriva in misura maggiore rispetto agli uomini dal desiderio di valorizzare le proprie competenze ed esperienze professionali (24% contro 21%), danno lavoro di più ai laureati (41% contro 38%) e intessono rapporti più stretti e frequenti con la comunità territoriale (il numero medio di stakeholder con i quali l’impresa giovanile femminile intrattiene rapporti è pari a 3,81, contro 3,58 dei coetanei uomini).