Peppino Molinari, ex parlamentare lucano della Democrazia Cristiana in una nota ripercorre le vicende relative allo scontro genuino e squisitamente politico tra democristiani e comunisti registrato a partire dagli Anni Cinquanta a Irsina. Di seguito la nota integrale.
Se c’è un luogo, in Basilicata, che può essere ricordato per lo scontro genuino e squisitamente politico tra democristiani e comunisti, si tratta senza dubbio di Irsina. Una sorta di Brescello lucano, dove però la contesa tra le due parti, a differenza dei battibecchi tra Peppone e don Camillo raccontati da Guareschi e diffusi in TV, arrivarono a essere segnati da momenti realmente tumultuosi. Come quella volta, a metà degli anni Cinquanta, quando durante una manifestazione a cui presero parte Antonio Segni ed Emilio Colombo, la piazza fu sorpresa da alcuni colpi di pistola sparati in aria all’indirizzo del balcone in cui si stava svolgendo il comizio.
Irsina può davvero essere considerato il paese simbolo della lotta politica fra democristiani e comunisti per un periodo ampio, che va dagli anni Cinquanta ai Settanta. Le campagne elettorali si svolgevano in un clima di grande tensione e aspra dialettica, ma, contemporaneamente, la politica locale poteva contare su una vasta partecipazione popolare.
Il Comune fu interessato dalla riforma agraria, che la DC volle con forza; il territorio fu segnato dalle lotte contadine e dalle occupazioni delle terre: momenti di tensione e cambiamento di cui furono protagonisti anche gli assegnatari dei suoli della riforma che investì i borghi di Taccone, Notargiacomo e Santa Maria D’Irsi.
Durante tutta la Prima Repubblica, dal 1946 agli anni Novanta, Irsina elesse un solo sindaco democristano: Demuro, sostenuto peraltro da una lista civica, interruppe la lunga lista di eletti sotto il segno della bandiera rossa, che comprendeva Domenico Scialpi, Bevilacqua, Giglio, Castemenzano, Libero Rocco Scialpi, Lotito e Cesano. Il PCI ad Irsina poteva contare anche su altri uomini di impegno e capacità, come il senatore Angelo Ziccardi, Gerardo Desianti e Angelo Paradiso, tutti dirigenti comunisti impegnati nell’organizzazione delle lotte contadine, vicini al sindaco e sempre al fianco dei braccianti.
Anche la DC era profondamente radicata nella comunità irsinese, potendo contare sull’adesione di coltivatori diretti, assegnatari della riforma e giovani dell’Azione Cattolica. La classe dirigente democristiana locale non si sottrasse mai al confronto nelle piazze e nelle sedi istituzionali. Era formata da persone umili, professionisti, piccoli artigiani, commercianti e coltivatori profondamente legati a Irsina. Tra questi è doveroso ricordare Giorgio, Currado, Mascolo, Angelo e Mario Morea, Pedota, Castellaneta, Domenico e Rocco Candela, Lolaico e Nicola Marino. L’impegno politico e l’attività erano intensi e rilevanti; gli stessi leader nazionali, a cominciare da Colombo per arrivare a De Gasperi, Segni e Andreotti, e i vertici regionali della DC, da Tantalo a Sanza a Salerno a D’Amelio e Viti, non hanno mai fatto mancare la propria presenza nella piazza di Irsina. Senza dimenticare il senatore Scardaccione che, “padre” della riforma agraria e direttore dell’ente riforma, a Irsina era praticamente “di casa”.
A metà del secolo scorso, per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, Irsina esprimeva in maniera plastica questo costante scontro-confronto politico. Il Primo Maggio ne era la testimonianza più evidente: la ricorrenza veniva celebrata in due piazze diverse e distanti.
Ma Irsina è soprattutto il paese in cui le classi dirigenti della Dc e del PCI, e anche dei socialisti, hanno saputo interpretare al meglio la presenza nelle istituzioni e dare un orizzonte di sviluppo all’azione politica, seppur nel rispetto di ruoli e posizionamenti ideologici. È a Irsina che quelle classi dirigenti hanno scritto una bella pagina della storia dei partiti popolari della nostra regione.