I Consiglieri Nazionali di Ancescao (Associazione Nazionale Centri Anziani e Orti Sociali) congiuntamente ai referenti o coordinatori regionali della Basilicata, della Calabria, della Campania e della Puglia, in data 23 Giugno 2020 hanno discusso e approvato all’unanimità un documento sulle questioni socio-sanitarie delle regioni meridionali interessate inviato ai quattro presidenti delle giunte regionali e ai quattro presidenti delle Anci regionali.
Di seguito la nota integrale sottoscritta da Enzo Aita per la Calabria, Vito Auletta per la Basilicata, Antonio D’Ambrosio per la Puglia, Mario Di Gennaro e Italo Verlingieri per la Campania.
Il 2020, anno bisestile, “anno funesto”, come viene ritenuto da una credenza popolare, sarà ricordato come l’anno del coronavirus, del Covid -19, della paura e delle morti.
Per noi del Sud Italia, che da questa pandemia siamo stati colpiti assai marginalmente in confronto ad altre Regioni, quali la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Piemonte, il Veneto le Marche e tante altre, resteranno scolpiti nella mente: i numeri dei contagiati; quelli dei decessi da Covid–19, nonché quelle file interminabili di carovane di camion militari che trasportavano le bare dei defunti, avvolte nella bandiera d’Italia.
I primi a pagare il prezzo più alto sono stati gli anziani ultrasettantenni, cioè coloro che hanno fatto la storia degli ultimi decenni del nostro Paese e che la società doveva salvaguardare e, all’occorrenza, curare.
Quando è stato annunciato l’isolamento delle Regioni del Nord Italia ed è scattato l’esodo verso il Sud, lo scorso 07 Marzo, si temeva che anche nei territori meno colpiti dal Coronavirus potessero nascere dei focolai capaci di far collassare le varie Sanità Regionali.
Fortunatamente non è accaduto, grazie soprattutto ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari. A loro va il nostro più grande ringraziamento. Altro che “meridionali inferiori”! Ci auguriamo soltanto che il Dott. Vittorio Feltri, Direttore di “Libero” si renda conto della idiozia che ha proferito e che, una volta per tutte, la smetta di esprimere giudizi offensivi sui “meridionali” che nulla hanno di diverso, per
capacità, serietà, spirito di solidarietà etc. dai “settentrionali”. Siamo tutti italiani, uniti sotto la stessa bandiera.
Come succede spesso, durante e dopo una tragedia, si recuperano valori che, se non dimenticati, forse, erano stati trascurati, come il valore della scienza nel combattere le malattie, la competenza e l’impegno nell’esercizio delle proprie funzioni.
Negli ultimi anni, in tutto il meridione, per contenere la spesa sanitaria, sono stati chiusi tanti piccoli ospedali, generando un maggior carico di lavoro sulle strutture sanitarie rimaste aperte, senza rimodulare l’assetto organizzativo.
Quanto sta accadendo in questi mesi ha messo a nudo la condizione in cui versa la sanità pubblica nel nostro Paese.
I primi a lanciare l’allarme sono stati gli addetti ai lavori, (medici, infermieri e personale ausiliario) che ben conoscono i limiti strutturali del sistema-sanità nelle nostre Regioni, e bene hanno fatto alcuni esponenti politici ad amplificare queste urla di dolore.
Ma oggi bisogna andare oltre e pensare a come deve essere la risposta sanitaria, oltre che sociale, ai bisogni dei cittadini.
Il dato di partenza non può che essere quello di ridisegnare totalmente la destinazione dei presidi sanitari esistenti nelle nostre Province.
Lo schema del grande ospedale al servizio dei cittadini nei capoluoghi di provincia, non può più funzionare.
La risposta sanitaria e sociale va ripensata e pianificata in maniera scientifica su tutti i territori Regionali. Lo schema di tante strutture per lungodegenza, case di riposo e quant’altro, non risponde più agli effettivi bisogni dei nostri territori. A tutto questo bisogna aggiungere il problema del personale decisamente sottorganico rispetto al fabbisogno reale. Questa pandemia ce lo insegna: nessuno potrà scherzare con la vita delle persone.
Si apre una nuova fase. La ripartenza dopo il Covid-19 imporrà nuovi comportamenti e nuove regole a partire dall’utilizzo della mascherina e dal mantenere il distanziamento sociale tra le persone.
Da punto di vista del sociale, un ruolo importantissimo lo potranno giocare le strutture di aggregazione, i luoghi di incontri e i centri sociali anziani.
In questo momento di emergenza, gli anziani risentono molto per la limitazione della libertà e della socialità.
Ciò detto i centri anziani, nel rispetto del distanziamento sociale e l’utilizzo della mascherina, potranno essere frequentati da persone che appartengono a generazioni diverse, condividendo momenti della quotidianità, le stesse passioni, promuovendo l’invecchiamento attivo tra cittadini anziani attraverso progetti che mirano a favorire il benessere psicofisico, la formazione continua e il divertimento nel tempo libero. In questi posti si ha la possibilità di incontrare persone nuove desiderose di imparare cose diverse e mantenere il cervello in allenamento.
Bisogna essere creativi nella realizzazione di laboratori per mantenersi attivi e per esprimere i propri talenti.
Le relazioni socialisono una risorsa fondamentale durante la terza età, sono il principale antidoto contro la solitudine o la monotonia.
I Centri sociali rappresentano un grande patrimonio di altruismo, consapevoli che il mondo della solidarietà è diversificato. Oggi sta emergendo una nuova generazione che ha voglia di cambiamento e di costruire attraverso le proprie opinioni una prospettiva che non si arrende al presente. Si tratta di far emergere il bisogno, di conoscerlo e di attivare verso di esso risorse di natura diversa. Il Terzo Settore, le associazioni, i volontari, gli anziani stessi sono portatori di una nuova politica associativa basata sul consenso che significa condivisione e partecipazione.
L’anziano non più come soggetto da “parcheggiare” ma deve sempre essere visto come una persona da curare, quando si ammala, nel proprio ambiente di vita.
Oggi più che mai il sistema socio-sanitario va rafforzato e deve trovare la giusta collaborazione tra il pubblico e il privato con il coinvolgimento dei cittadini per un’assistenza diffusa.
Bisogna guardare con fiducia le nuove “tecnologie”, pensiamo:
1 – alla “Telemedicina”; un nuovo metodo telematico che osserva a distanza i pazienti con l’ausilio dei medici di famiglia nell’ottica di modificare l’approccio alla persona anziana e di migliorare la loro qualità di vita;
2 – al “Servizio Telematico di Assistenza Socio-sanitaria Integrata”; prestazioni necessarie a soddisfare il bisogno di salute del cittadino che include se necessario sia le prestazioni sanitarie che sociale. Oggi più che mai dopo l’emergenza del coronavirus non si può rinchiudere in casa gli anziani per sconfiggere l’epidemia;
3 -al “sistema (Care) dell’auto aiuto al tempo del Covid 19” – gestito direttamente da Ancescao con tutti i dipendenti, dagli anziani, dai loro familiari e da operatori volontari con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e il supporto dei servizi sociali comunali per un contatto quotidiano, o solo per compagnia, oppure per una consulenza a distanza, o semplicemente per un aiuto a domicilio;
4 – la “formazione continua” – per fare ciò bisogna cercare e creare le competenze con la formazione continua di accompagnamento nelle attività per volontari e dirigenti di ANCeSCAO. A tal proposito sarà necessario avviare una profonda riflessione con “Cavaretta Assicurazione” per valutare i rischi da Covid-19 dei volontari e attivare polizze integrative specifiche sia per R.C. che contro gli infortuni e malattie connesse allo svolgimento dell’attività stessa nonché per responsabilità civile verso terzi cosi come previsto dalla legge e dalle norme emanate dall’INAIL.
A questo riguardo ci auspichiamo che Ancescao possa sottoscrivere con l’ANCI un protocollo d’intesa condiviso con tutti i territori.
E’ necessario oggi creare nuove e innovative forme di partenariato che coinvolgono il settore pubblico, quello privato e quello del sociale in cui le associazioni di promozione sociale, del volontariato e del Terzo Settore, sono chiamate a svolgere un ruolo sempre più determinante. Il loro contributo deve essere non solo quello di partecipare, insieme alle istituzioni, alla pianificazione e realizzazione di nuovi e più efficaci servizi socio-sanitari a supporto degli anziani e dei loro familiari, ma anche quello di valorizzare ancora di più il ruolo degli anziani nella società e creare una rete inclusiva e in particolare per quelli che sono a rischio di isolamento sociale.
Necessario e determinante sarà il ruolo del Terzo Settore Nazionale e dei Forum Regionali esistenti o da rafforzare, possibilmente con la nostra presenza in ogni singola Regione; a tal fine anche noi proponiamo la istituzione di un Coordinamento Nazionale ANCeSCAO del Terzo Settore.
Cosi come in questi giorni di emergenza di pandemia le organizzazioni del Terzo Settore sono state direttamente impegnate in prima fila per sostenere le proprie comunità e soprattutto le persone più fragile in tutti i momenti di incertezze e di difficoltà, così deve essere in prima fila a governare i cambiamenti da covid-19 destinati a consolidarsi anche quando si tornerà alla normalità.
Nell’ottica della più ampia collaborazione con e tra tutte le strutture di Ancescao cosi come è stato ribadito nella proficua conferenza delle regioni del 6 maggio u.s., riteniamo, nel rispetto di tutte le direttive emanate dal Governo e dalle Regioni, che la circostanza ci suggerisce di aprire quando prima i nostri luoghi di aggregazione, dopo aver sanificato gli ambienti, e ritornare alla ripresa delle attività, con l’utilizzo di dispositivi individuali e promuovere incontri con le Istituzioni (Regione, Provincie, Comuni e l’ANCI Nazionale e Regionale) per chiedere di mettere a disposizione luoghi e spazi fisici, anche all’aperto, per essere protagonisti di eventi a sostegno della socializzazione, della solidarietà e combattere la solitudine, che nell’ambito delle politiche sociali comunali si riconoscesse agli anziani un protagonismo sociale come forma di prevenzione contro l’isolamento e il recupero della salute fisica e psichica dei partecipanti.
In tale ottica particolare impegno dovrà essere posto nell’implementazione della pratica degli “Orti sociali”, che, assai sviluppata in alcune Regioni, in quelle meridionali, dopo qualche timido tentativo, ha trovato finalmente, qualche stimabile attuazione.
L’occasione sarà utile per riprendere la fase del tesseramento, che, sicuramente, quest’anno subirà un notevole decremento. 4
E ciò comporterà inevitabilmente una riduzione delle risorse di quasi tutti i Centri sociali, nei quali la quota associativa costituisce, quasi esclusivamente, la fonte di introiti finanziari.
A tal fine, le scrivente Regioni del Sud auspicano che l’Associazione Nazionale, oltre al rinvio del pagamento dell’acconto di Maggio al mese di Dicembre, possa anche prendere in considerazione una riduzione del costo della Tessera nazionale.