La riduzione dei livelli di una proteina, misurata in laboratorio nei primi giorni di ricovero di un paziente affetto da Covid-19, è legata ad un rischio maggiore di mortalità durante l’ospedalizzazione. Lo indica lo studio italiano pubblicato sulla rivista Thrombosis and Hemostasis e coordinato da Elvira Grandone, responsabile dell’Unità di Ricerca Emostasi e Trombosi dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia).
I pazienti affetti da Covid-19 hanno manifestazioni più o meno gravi della malattia associate, prevedibilmente, a conseguenze cliniche che possono essere estremamente diverse. In tutte le forme della malattia, il minimo comune denominatore è un’infiammazione del rivestimento interno dei vasi sanguigni (endotelio). Pertanto, un danno più o meno grave dell’endotelio può comportare, nelle sue forme più severe, una compromissione permanente dello stesso organo con la formazione di piccoli coaguli all’interno dei vasi del microcircolo dei vari organi; tale fenomeno viene chiamato “microangiopatia trombotica”.
I ricercatori hanno scopeto che la proteina chiamata Adamts13 rappresenta “il termometro” della microangiopatia trombotica. Viene prodotta da diversi tipi di cellule, comprese quelle dell’endotelio. Una riduzione dei livelli circolanti di Adamts13 comporta, tra le altre cose, la formazione di microtrombi e una riduzione, in misura variabile, del numero delle piastrine. È stato ipotizzato da diversi studiosi che una microangiopatia polmonare giochi un ruolo centrale nel determinare una alterata funzionalità respiratoria.
“I risultati dello studio – spiega Elvira Grandone – hanno rivelato che una riduzione dei livelli di Adamts13 misurata nei primissimi giorni di degenza si associa ad un rischio di mortalità significativamente maggiore durante l’ospedalizzazione
Set 10