Mediterraneo no triv, Medici per l’ambiente e Cova contro: “Il tombino nel canale 7 a Policoro: storia di un’opera fatta da un privato e di un abuso edilizio che potrebbe costare milioni di euro di soldi pubblici?”. Di seguito la nota integrale inviata dalla nostra redazione.
Con atto del 11.9.2020 Prot. 20200001305, il Commissario Straordinario delegato per la realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologi per la Regione Basilicata ha indetto la Conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’art. 14 c. 2 legge 241/1990 da effettuarsi in forma semplificata e in modalità asincrona e per acquisire i pareri e le autorizzazioni di competenza degli enti preposti in merito alla realizzazione di “Intervento di realizzazione di un canale scolmatore in località Torre Mozza” nel Comune di Policoro (Mt). Il progetto dell’intervento suscita alle associazioni ambientaliste alcune perplessità.
In effetti, nel progetto è indicato il rischio idraulico in corrispondenza del Canale 7 quando precisa che “in virtù dell’impianto idrovoro su Via San Giusto il Canale riceve un ulteriore contributo pari a circa 4,00 mc/s-di punta, in prossimità dello sbocco nell’antico meandro di foce del Fiume Agri che oggi avviene per mezzo di un tombino circolare del DN 2000 che paralizza sensibilmente la sezione idrica e pertanto costituisce un significativo ostacolo ai deflussi di piena. Tale manufatto interviene, infatti, come una vera e propria strozzatura pazializzando la portata in uscita e riducendo la capacità di smaltimento del canale a circa 1/3 di quella massima ” a sponde piene” comportando un significativo rigurgito a monte, causa di esondazioni lungo il Canale 7″.
Lo studio, fatta questa dovuta e opportuna precisazione, tuttavia, poi prosegue indicando l’impossibilità di rimuovere fisicamente il tombino su Via San Giusto.
Dalla lettura dello studio però non è possibile comprendere le ragioni di tale ineluttabilità e per un opera che, in realtà, è stata realizzata da un privato in difformità dalle prescrizioni imposte così come emerge chiaramente da numerosi documenti del Demanio e del Consorzio di Bonifica del Bradano e Metaponto.
In effetti, con nota prot. 4949 del 08/08/2002 l’Agenzia del Demanio, in qualità di titolare dominicale delle aree in questione, acquisiva una richiesta di assenso alla realizzazione di opere infrastrutturali presentata dalla Marinagri Spa e assunta al prot. 2342 del 5.4.2002. Con nota prot 2343 del 17.04.2002 l’Agenzia del Demanio chiedeva poi parere al Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto a cui seguiva nota dell’ente e assunta al prot. 4949 del 19.7.2002 di accoglimento della richiesta di realizzazione delle opere infrastrutturali a cura e a spese del privato con anche la precisazione che gli enti pubblici non avrebbero dovuto rispondere di eventuali danni che l’opera avrebbe potuto cagionare a terzi.
Tuttavia, leggendo con attenzione i predetti documenti, emerge che l’accoglimento della richiesta di realizzazione delle opere infrastrutturali era vincolata al rispetto di alcune importanti prescrizioni indicate con relazione dell’Ing. Cisterna e assunte sulla base di quanto deciso anche dal Consorzio di Bonifica, quest’ultimo indicato a vigilare la corretta esecuzione dei lavori.
Quindi, sia l’Agenzia del Demanio ma anche il Consorzio di Bonifica, autorizzavano il privato ad eseguire alcune opere infrastrutturali nel canale 7 ma imponendogli di dover garantire il flusso delle acque rinvenimenti dall’idrovora e nel rispetto delle portate di calcolo progettuale del canale, nonché il recapito al mare sui terreni di proprietà dell’Agenzia del Demanio.
Ma i lavori, a quanto sembra, hanno subito mostrato delle criticità tanto è vero che il Consorzio di Bonifica con lettera del 23.7.2004 Prot. 724, evidenziava il restringimento della sezione del canale che il tubo apposto creava rispetto alla larghezza dello stesso ( intubamento con 0 2.000 delle acque di scolo ).
Con la predetta lettera, l’estensore della comunicazione, manifestava tutta la sua preoccupazione. Negli anni a seguire, molteplici sono state le lettere e le formali constatazioni circa l’inidoneità dell’opera ad assolvere alle necessità idrauliche per il bacino delle zone alte e basse. Ad esempio con la lettera del 12.8.2004 prot. 726 il Consorzio di Bonifica precisava anche che il tubo dn 2000 e lo sbarramento del ponte della strada per il mare è stato, secondo le considerazioni tecniche progettato per lo smaltimento delle sole acque basse sollevate dall’idrovora San Giusto che è di mc. 47Sec, mentre da un calcolo sommario del flusso delle acque basse e della acque alte si aggira intorno ai mc 20/sec.
Non si comprende quindi, come mai nel progetto per “Intervento di realizzazione di un canale scolmatore in località Torre Mozza”, tali elementi non sono stati considerati, così come nessun riferimento è stato disposto riguardo alle cause che, a dire dei progettisti, non consentono in alcun modo, la rimozione di tale ostruzione.
Eppure, tali aspetti avrebbero inciso, a nostro parere, sulla valutazione della portata delle acque del canale 7 e sul conseguente rischio idrogeologico.
In sostanza, si ritiene che rimuovendo il tombino che, sempre basandosi sui documenti degli enti non è conforme alle autorizzazioni, la portata delle acque da confluire nello scolmatore di nuova realizzazione subirebbe una notevole rideterminazione o meglio, una notevole riduzione.
Inoltre, non riusciamo a comprendere perchè questi, e altri rilevanti aspetti, non sono stati analizzati tanto più se si considera che il rischio e la preoccupazione delle associazioni ambientaliste è che possa essere autorizzato un’opera che comporterà l’abbattimento di una enorme quantità di alberi nella zona adiacente allo scolmatore, oltre a far confluire una rilevante quantità di acqua in una zona e in canali, come quelli presenti in zona Mascagni, con già forti criticità.
Insomma, piuttosto che togliere il tombino di Via San Giusto, si preferisce adottare iniziative che non appaiono poter risolvere il rischio idrogeologico e che, anzi, riteniamo che possano finire per accrescerlo.
Inoltre, il quadro già di per se preoccupante diventa allarmante se si considera la zona che è stata scelta per accogliere tale opera e quindi, uno scolmatore di piena con annesse casse di laminazione.
In effetti, incredibilmente, si ipotizza di poter occupare così una superficie enorme della pineta e tagliando centinaia di alberi, tanti quanti saranno necessari per fare spazio ad un’area enorme e di ben 340.000 mq.
Purtroppo per noi cittadini di Policoro si tratta anche di una zona non solo bellissima ma addirittura soggetta a vincolo SIC IT9220080 Costa Ionica Foce Agri.
Tuttavia, sulla scelta di tale area lo studio del progetto sostiene che è finalizzata a ridurre l’onere finanziario dell’intervento escludendo “a priori” aree da espropriare e privilegiando aree pubbliche.
Ci sarebbe, quindi, più di qualche elemento di criticità, di perplessità e anche di preoccupazione sulla fattibilità di un progetto e sulla sua legittimità, con indubbio riflesso sul ciclo dei controlli e delle conseguenti responsabilità.