L’AIL, Associazione Italiana contro le leucemie-linfomi e meloma vi ricorda che le malattie del sangue non vanno in vacanza. Ache una sola goccia del tuo sangue è la fortuna di molti. Donare sangue significa salvare vite umane. Per informazioni contatta l’AIL di Matera al numeo 0835.336614 oppure manda una mail a ail.matera@ai
INFORMAZIONI UTILI PER POTENZIALI DONATORI
Il sangue e i suoi componenti sono a tutt’oggi dei presidi terapeutici insostituibili, di cui esiste tuttavia una risorsa limitata. Infatti il sangue che quotidianamente si impiega per la cura dei pazienti proviene dalla donazione volontaria e gratuita di molte persone che compiono generosamente un atto di grande solidarietà umana. L’Italia è ancora un paese non autosufficiente e in questi ultimi anni, accanto ad un numero di donazioni rimasto pressocchè invariato, c’è stato un incremento netto della richiesta dovuto al gran numero di trapianti d’organo e di midollo, che vengono effettuati, e all’impiego di terapie sempre più aggressive, che vengono usate per la cura di molti tumori maligni. Pertanto per salvare vite umane e per consentire i progressi della Scienza, è necessario che un numero sempre maggiore di persone in buona salute, di età compresa tra i 18 e i 65 anni, doni generosamente il proprio sangue.
Per Legge vigente la donazione può essere effettuata solo presso strutture pubbliche.
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La donazione di sangue è sempre un atto di elevato significato sociale e sanitario, ma assume un valore anche maggiore quando viene effettuata periodicamente. Ciò infatti rappresenta la via migliore per il raggiungimento di due obiettivi fondamentali per tutti i trasfusionisti:
– l’autosufficienza, cioè la capacità di rispondere adeguatamente al fabbisogno di sangue del territorio,
– il maggior controllo della salute del donatore e, di conseguenza, una maggior sicurezza sulla qualità del sangue e degli emoderivati.
Un adeguato approccio per la valutazione dell’idoneità alla donazione consiste in un esame clinico mirato a valutare le condizioni generali di salute e comportamentali del donatore e nell’esecuzione di determinati accertamenti di laboratorio (Artt.1-5 D.M.S. 15-01-91), con il duplice scopo di effettuare un controllo sulla salute del donatore e di minimizzare il rischio infettivo per il ricevente.
L’operare del medico trasfusionista viene esplicato in questo settore su una popolazione sana o presunta tale, con la possibilità per il centro trasfusionale di essere la sede idonea a svolgere un programma preventivo e di diagnosi precoce su vasta scala.
Al raggiungimento di tale scopo contribuiscono le normative relative ai criteri di protezione della salute del donatore ( Artt. 5-18, D.M.S. 15-01-1991). Un approfondimento ulteriore nell’accertamento dello stato di salute è attuato nel donatore periodico attivo, cioè in colui che si presenta presso una struttura trasfusionale per compiere l’atto della donazione almeno una volta ogni due anni. In tale categoria di donatori, ogni anno vengono effettuati esami laboratoristici e strumentali che comprendono: lo studio degli indici ematici di funzionalità epatica e renale; la valutazione del bilancio del ferro mediante il controllo della sideremia e della ferritinemia, rendendo possibile l’intervento terapeutico precoce nei casi di carenza marziale, prima dell’insorgenza dell’anemia; i livelli ematici del colesterolo e dei trigliceridi, importanti cofattori nell’instaurarsi di patologie a carico dell’apparato cardio-circolatorio.
Per quanto riguarda le normative relative ai criteri di protezione del ricevente, particolare attenzione è stata posta nei confronti delle malattie infettive trasmissibili con il sangue. Molte importanti decisioni sono state determinate dall’avvento dell’AIDS. L’introduzione dello screening delle donazioni di sangue per HIV in tutti i centri trasfusionali ha comportato l’individuazione di donazioni contenenti anticorpi anti HIV, donazioni che sono state e che vengono regolarmente eliminate e distrutte.
Tale procedura ha indubbiamente prodotto una drastica riduzione delle infezioni trasmesse con il sangue e gli emoderivati , ma non ha eliminato totalmente la possibilità che sangue infetto, negativo al test, sia trasfuso. Ciò è legato alla biologia e alla storia naturale dell’infezione da HIV. La conoscenza di questi due aspetti è indispensabile per stabilire quale è il rischio della trasfusione, a cosa sia dovuto , come possa essere individuato, come possa essere ridotto. E’ al cosiddetto “periodo finestra” – periodo di induzione della risposta anticorpale- che si deve attualmente il rischio residuo per le trasfusioni di sangue. Il periodo finestra non è il tempo di incubazione della malattia AIDS; il primo dura alcune settimane, il secondo anni. Il test attualmente prescritto dalla normativa legislativa nei centri trasfusionali non può individuare casi di infezione nel periodo finestra, dal momento che si tratta di test per la ricerca di anticorpi, di quegli anticorpi che non sono ancora presenti in questa fase nel soggetto contagiato.
Per ridurre il rischio infettivo legato al periodo finestra si è incentivata l’autoesclusione del donatore, fornendogli questionari contenenti domande esplicite relative a comportamenti a rischio; si è consentito l’accesso al test per la popolazione generale presso strutture pubbliche, in forma anonima e gratuita; si è incentivata la donazione periodica in quanto a minor rischio rispetto a quella occasionale, secondo i dati riportati dalla letteratura. Attualmente si calcola che il rischio di trasmissione dell’HIV sia < 1.000.000 unità di sangue trasfuse.
Ben più rilevante è il rischio di contrarre epatite. Le cause per cui un soggetto negativo alla ricerca di HBsAg ( esame richiesto dalla normativa vigente) può trasmettere l’infezione possono essere attribuite ad espressione parziale o nulla dei geni HBV o alla presenza di sottotipi diversi di HBV. Per quanto riguarda l’epatite C, notevole importanza rivestono il periodo finestra e l’assenza di risposta umorale nei confronti del virus.
Accanto alla maggior sicurezza della trasfusione da un punto di vista infettivo, il donatore periodico offre una maggior garanzia anche da un punto di vista immunologico. Infatti, oltre alla tipizzazione eritrocitaria routinaria dei sistemi AB0 e Rh, un certo numero di donatori periodici viene tipizzato anche per altri antigeni eritrocitari.
Quando un paziente è sottoposto a numerose trasfusioni, può sviluppare anticorpi rivolti contro antigeni presenti sui globuli rossi dei donatori, causandone la distruzione e di conseguenza la mancata resa trasfusionale. Per poter trasfondere successivamente questi pazienti, è necessario convocare telefonicamente quei donatori che sono privi degli antigeni responsabili della reazione e che risultano così compatibili con il ricevente, effettuando in tal modo una trasfusione sicura ed efficace.
Un altro tipo di sicurezza offerta dal donatore periodico è rappresentato dalla possibilità di trasfondere i pazienti anche nei periodi di emergenza dovuta alla carenza di sangue, come accade nelle grandi città durante i periodi di esodo estivo. Infatti il donatore periodico, comunicando anticipatamente la propria disponibilità, consente al centro trasfusionale di programmare la raccolta del sangue sulla base delle esigenze.
Da quanto detto si evince come, nell’ambito della popolazione dei donatori, si selezioni un gruppo, quello dei donatori periodici, che, in quanto maggiormente controllato, offre migliori garanzie non solo per la salute del donatore e del ricevente, ma anche del bene collettivo. Per le ragioni su esposte appare evidente come l’obiettivo di tutti i servizi trasfusionali sia quello di poter contare su donatori per lo più o esclusivamente periodici, anche perché la scelta del donatore di diventare periodico implica una sua assunzione di responsabilità e di impegno morale, che costituiscono una solida base per il raggiungimento della sicurezza del ricevente.