L’introduzione di un importante aumento dei canoni d’imbottigliamento, unitamente al canone aggiuntivo relativo all’acqua minerale emunta ma non imbottigliata, porterà non solo maggiori oneri per le imprese del territorio lucano, ma anche serie e preoccupanti ricadute occupazionali.
Per questo è necessario intervenire subito con delle modifiche alle misure previste dall’art. 6 della Legge Regionale di stabilità 2020 (legge 10/2020) ed evitare che la rideterminazione dei canoni a carico dei concessionari entri in vigore con il disegno di legge regionale che dovrà essere approvato entro il 31 dicembre 2020.
È quanto denunciano i sindacati Fai, Flai e Uila che hanno inviato una lettera al Consiglio Regionale della Basilicata nella quale a fronte della audizione prevista di Confindustria, Regione Basilicata e Mineracqua nella IV Commissione Consiliare, chiedono di partecipare ed essere auditi in merito alla modifiche alla legge di stabilità regionale 2020.
Con una produzione imbottigliata di 1 miliardo di mc d’acqua, pari a circa il 10% del totale nazionale, l’industria delle acque minerali in Basilicata ha una ricaduta economica importante e coinvolge 350 dipendenti tra occupati, diretti e indiretti, nei gruppi maggiori (Acque Minerali d’Italia, San Benedetto, Fonti del Vulture e Coca Cola). L’aumento degli oneri collegati all’attività di imbottigliamento determinerebbe una particolare situazione di vantaggio competitivo a favore delle aziende che operano nelle altre regioni, provocando l’uscita dal mercato delle imprese lucane in un momento già difficile per il settore, gravato dalla prossima introduzione della plastictax e dal fatto che le maggiori aziende hanno attivato la cassa integrazione. Inoltre il parametro dell’acqua emunta determina un aumento degli oneri scollegato da ogni logica di mercato, atteso che solo l’acqua minerale imbottigliata corrisponde al volume dell’acqua posta effettivamente nel contenitore finale e rappresenta il reale bene utile dell’azienda.
Va dunque evitato, dichiarano i sindacati, l’aumento esponenziale dei canoni che rischia di affossare definitivamente un settore che garantisce occupazione e genera ricchezza in un territorio non industrializzato, prevalentemente montano, in cui la riconversione occupazionale sarebbe assai complicata.