La diffusione del Covid 19 anche nel territorio della nostra Regione ha riaperto una discussione molto accesa sullo stato in cui versa la sanità lucana e sulla capacità della politica regionale di dare risposte ai bisogni del territorio e alle esigenze di questo periodo particolare.
Siamo be consapevoli che lo stato di salute del nostro sistema sanitario regionale non è dei migliori e che tanti problemi sono stati aggravati anche dalla decisioni prese negli anni scorsi di ridimensionare le strutture ospedaliere di “frontiera”. Ma oggi, ai tanti problemi ben noti, si aggiunge la difficoltà di gestire in maniera efficace la pandemia da Covid 19 e di dare risposte ai cittadini. Non solo il problema dei tamponi con tempistiche troppo lunghe e protocolli spesso contraddittori, ma anche e soprattutto la grave mancanza di spazi negli ospedali regionali che sembrano ormai essere arrivati al collasso.
La nostra Regione sta registrando una impennata del numero di contagi e, di conseguenza, anche del numero di persone che sono costrette a ricorrere alle cure ospedaliere. Questa situazione se ancora non ha portato ad una situazione di sofferenza per le terapie intensive, a detta della Regione Basilicata, però sta creando molti problemi ai singoli reparti e al personale sanitario. Per questi reparti e per il personale sanitario impegnato ogni giorno in prima linea, non è possibile continuare a sopportare a lungo questa situazione.
Fatta questa premessa, ci saremmo aspettati dalla intera classe politica regionale maggiore attenzione alla problematica e maggiore rispetto sia degli operatori sanitari sia dei pazienti. Invece dobbiamo sottolineare come non solo i problemi che oggi viviamo sono stati per mesi accantonati come se non si avesse conoscenza degli scenari che si sarebbero avuti e dei rischi che l’autunno avrebbe portato. Ma ancora siamo in attesa di una maggiore condivisione delle decisioni e di proposte che non si limitino alla penalizzazione ulteriore di alcune realtà ospedaliere territoriali come quella di Venosa.
Tempo per prepararsi a questa seconda ondata ne abbiamo avuto, eppure questo tempo è stato sprecato. Così i famosi ospedali da campo donati alla nostra Regione sono rimasti per mesi interi tende nel deserto e ancora oggi non sono attrezzati per accogliere pazienti. Così, la soluzione più immediata che è stata quella di ri-convertire la struttura di Venosa per trasformarla in Ospedale Covid. Una decisione vissuta naturalmente come una imposizione soprattutto dai sanitari che operano in quella struttura e che si sentono ormai commessi viaggiatori costretti a passare da una struttura ad un’altra a seconda della stagione.
Nessuno vuole sottrarsi alle responsabilità e chiudere gli occhi di fronte al crescere esponenziale della pandemia in Basilicata, ma come Uil sentiamo il dovere di condannare queste decisioni tardive, frutto di approssimazione e chiediamo maggiore rispetto per il personale sanitario. Allo stesso tempo chiediamo maggiore condivisione delle decisioni e una diversa attenzione delle realtà territoriali che non possono sempre essere chiamate solo a subire le decisioni dall’alto.
Purtroppola struttura ospedaliera di Venosa esce ancora una volta penalizzata e il trasferimento di interi reparti e degli ambulatori rappresenta una grave perdita per la città ma soprattutto per gli utenti. Una volta finita la pandemia, però l’Ospedale di Venosa deve poter recitare un ruolo di primo piano nello scacchiere del sistema sanitario regionale.
Questi sacrifici che si chiedono agli operatori e all’intera comunità venosina devono essere ricompensati ricollocandovi tutti i servizi sanitari sospesi causa COVID 19 e puntando ancor di più su quei settori che erano i punti di forza dell’Ospedale di Venosa.
Nov 10