La Basilicata Possibile: “Chi ha paura del Piano Regionale di Tutela del Paesaggio?”. Di seguito la nota integrale.
Vale la pena, per una volta, spezzare una lancia in favore dell’Assessore Gianni Rosa che ha difeso il lavoro svolto dai tecnici incaricati della redazione del Piano Paesaggistico Regionale, strumento indispensabile di pianificazione territoriale, colpevolmente ritardato nell’adozione in una regione che ne avrebbe avuto assoluto bisogno, alle prese (come è da tempo) con numerose ed inedite pressioni sul suo ambiente naturale.
Il lavoro del Comitato Tecnico Paritetico (del quale, è forse il caso di ricordarlo, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e il MIBACT sono solo parte) è eminentemente tecnico e, solo su questo piano, andrebbe contestato con argomenti di merito, scientificamente fondati. Esso non può surrogare, ma piuttosto dovrebbe informare, l’azione politica del Governo Regionale.
E non è certo una cattiva notizia, venire a sapere della ricchezza delle emergenze archeologiche e paesaggistiche del nostro territorio. Andrebbe piuttosto affrontato il tema di come tali risorse possano essere valorizzate al meglio in un disegno di sviluppo che ponga al centro la qualità dell’ambiente e del paesaggio, delle produzioni locali, del lavoro e dell’innovazione. Da questo punto di vista le condizioni di precarietà, in termini di risorse umane ed economiche, nelle quali le Soprintendenze sono da tempo costrette ad operare, rappresenta un limite da superare piuttosto che una colpa da attribuire.
Sarebbe, invece, più che mai il caso, che l’Assessore Rosa dia seguito rapidamente agli impegni assunti sulla moratoria delle nuove autorizzazioni (almeno fino all’adozione del PPR) e sulla revoca della delibera (approvata in limine mortis dalla precedente Giunta Regionale pochi giorni prima del voto per le regionali) che ha consentito il raddoppio della potenza installabile in Basilicata rispetto ai 981 MW previsti dal PIEAR del 2010. Anche allora, come oggi, LBP fu la sola forza politica a denunciarlo.
Sarebbe questo un segnale chiaro che salverebbe l’Assessore all’Ambiente dal rischio di finire nella palude che ha inghiottito i suoi predecessori.
Non serve molto oggi attardarsi su una singola istanza respinta (sebbene sarebbe utile considerarne la natura) ma, piuttosto, stabilire che cosa si vuole fare di questa regione e del suo territorio, già interessato, peraltro, da attività e richieste di concessioni per estrazioni petrolifere, per quasi il 60% della sua intera superficie.
Né si può poi contrabbandare per sviluppo produttivo la proliferazione incontrollata di impianti eolici che ha fatto della Basilicata la prima regione italiana per numero di impianti eolici installati (1409 a Novembre 2018, fonte Terna), 9 volte di più, in rapporto alla popolazione, della Puglia (che pure è la regione con la maggiore potenza installata), tre volte di più di tutte e 14 le regioni del centro-nord messe insieme, Abruzzo e Molise inclusi. E poi, la maggior parte degli impianti che insistono sul nostro territorio (1180), ha potenze nella taglia 20-200 kW che godono di un regime autorizzativo, del tipo silenzio-assenso, tutt’altro che farraginoso.
Non aiuta confondere lo sviluppo selvaggio e puramente speculativo dell’eolico, con la transizione energetica che avevamo posto – insieme al lavoro diffuso (oggi lo chiamiamo smart-working) supportato dalla banda larga ovunque, alla infrastrutturazione e incentivazione della filiera della ricerca e della produzione per la mobilità elettrica etc. – alla base della nostra stessa proposta politica per le elezioni regionali. Quella di una Basilicata prima regione europea a emissioni zero (prima ancora che la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ne facesse un obiettivo comune) che, come la cronaca di oggi ci insegna, rappresenta un obiettivo concreto di sviluppo, in grado di tenere insieme lavoro e innovazione, qualità della vita e dell’ambiente, ripopolamento dei nostri paesi e contrasto all’emigrazione giovanile. Per noi era un arrivare, una volta tanto, per primi, piuttosto che, come rischiamo oggi, restare gli ultimi nel solco dell’economia del fossile, fatta di lavoro povero, mal-pagato e poco qualificato, un’economia che non ha e non dà futuro.
In questo contesto, sicuramente anche l’eolico potrà dare un grande contributo. Purché nell’ambito di una programmazione territoriale fondata principalmente sulla piccola produzione distribuita, finalizzata all’autoconsumo e/o all’interno di comunità energetiche che, oggi, hanno trovato anche riconoscimento legislativo. In tale contesto anche gli investimenti pregressi potranno essere, ovunque possibile, salvaguardati – soprattutto per le (poche in verità), imprese effettivamente e fiscalmente basate in Basilicata – attraverso la delocalizzazione obbligata e concordata in aree appositamente destinate alla produzione industriale su grande scala. Sono queste le scelte, oggi ancora possibili, in grado di generare posti di lavoro qualificati e duraturi per molti nostri giovani, piuttosto che la pura rendita per pochi.
Il Piano Paesaggistico Regionale è uno strumento di cui ogni Regione deve obbligatoriamente dotarsi. Il ritardo imperdonabile accumulato per la sua adozione ha agevolato una serie infinita di operazioni speculative che hanno pesantemente deturpato il territorio di questa regione condizionandone, esse si, ulteriori e diverse opportunità di sviluppo. Vada avanti, dunque, l’Assessore Rosa, se ne ha veramente intenzione, evitando di dare ascolto a lobby e gruppi di pressione (già evidentemente in azione) che, dopo aver pesantemente condizionato l’azione del Governo precedente, si propongono a ogni evidenza di esercitare la loro influenza anche su chi governa attualmente. Ignori consiglieri fraudolenti e commentatori interessati e proceda, celermente e con rigore, nella direzione della redazione/adozione di tutti gli strumenti di cui questa regione ha bisogno (dal PPR al Piano di Tutela delle Acque) per promuovere uno sviluppo che sia davvero nel segno dell’innovazione e della sostenibilità, a beneficio dei suoi cittadini. L’esatto contrario di quanto finora è stato fatto. Lo chiamano cambiamento.