In occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra il 20 novembre Vincenzo Giuliano (Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Basilicata) ha inviato una nota che riportiamo di seguito
Giuliano (Garante infanzia e adolescenza Regione Basilicata): “I diritti non si fermano”.
Di seguito la nota integrale.
Era il 20 novembre del 1989 quando l’Assemblea dell’Onu adottò la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in cui, per la prima volta, i bambini vengono riconosciuti come aventi diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici (la data scelta per questa giornata coincide proprio con il giorno dell’assemblea). E la figura del Garante nasce per tutelare e promuovere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza con lo scopo di costruire un futuro in cui non vi siano discriminazioni e disuguaglianze.
Ed è proprio sulle disuguaglianze derivanti dai provvedimenti messi in atto durante questo periodo che vorrei fermare l’attenzione delle istituzioni in questa celebrazione.
La pandemia ha cambiato la vita di tutti, specialmente dei minorenni, rendendoli più vulnerabili e aumentando le disuguaglianze tra questi. L’emergenza sanitaria ha prodotto l’effetto di mettere in secondo piano le necessità e i bisogni dei minorenni. Scontiamo l’approccio culturale che qualifica i bambini “minori” invece che “persone di minore età”, che li considera come una “appendice” dei genitori e più in generale degli adulti. Non dobbiamo perdere l’occasione per rovesciare la prospettiva, puntando sui diritti e ponendo al centro le persone di minore età. È arrivato il momento di tenere conto di quanto questi ultimi mesi sono costati ai bambini e agli adolescenti in termini di compressione dei diritti, in particolare del diritto alle relazioni, all’istruzione, allo sport, alle attività ricreative. Adesso aspettiamo di vedere se tali richieste troveranno risposte concrete per dimostrare che la prospettiva culturale della Convenzione è stata recepita nel sistema istituzionale italiano. Così scriveva al presidente Conte, alla fine del marzo scorso, l’allora Garante Nazionale Albano.
Purtroppo anche da noi questa prospettiva culturale stenta a decollare, e il più delle volte le nostre sollecitazioni sono rimaste inascoltate: dalla richiesta di un piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza per la ripartenza, all’appello di riaprire già la scuola a maggio e a quello ultimo della rete dei garanti regionali che chiedeva ogni utile sforzo per tenere aperte le scuole.
E’ vero che si espande sempre più la preoccupazione per la diffusione del Covid -19 nelle nostre vite e nei nostri luoghi quotidiani. Ma quest’ ansia che ci colpisce tutti, ha un potere molto più grande sui bambini/ragazzi che si stanno formando.
La scuola è anche socialità: gli esperti hanno paventato le conseguenze negative che la sospensione dell’attività didattica e l’isolamento hanno avuto e continueranno ad avere sui minori. Dai problemi comportamentali e sintomi di regressione, non solo per gli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, allo sviluppo della personalità, che nei più piccoli è stato significativamente compromesso dall’impossibilità di relazionarsi con i coetanei. La didattica a distanza, difatti, è stata ed è una modalità emergenziale di istruzione ma non può diventare la modalità ordinaria di assolvimento del diritto/obbligo educativo: la didattica a distanza è uno strumento compensativo ma non esaustivo del sistema formativo. Senza contare le disuguaglianze educative che genera.
E’ necessario tutelare la salute fisica, ma dobbiamo altrettanto porre attenzione alla salute mentale, perchè l’impatto di questa situazione può essere particolarmente destabilizzante sul benessere psichico dei nostri bambini e non solo per chi già soffre di determinate problematiche.
Da ciò l’appello a mettere in essere un Piano straordinario per la ripartenza dell’infanzia e dell’adolescenza e ogni provvedimento per evitare le disuguaglianze con il coniugare il sanitario con il sociale mettendo, da subito, in atto ogni utile iniziativa per misurare l’impatto della pandemia sui bambini/ragazzi utilizzando questi quindici giorni per rimuovere quelle criticità che hanno costretto il presidente Bardi a chiudere la scuola.
Utilizziamo questo periodo di chiusura per:
perfezionare i protocolli sanitari e adeguarli alle necessità dei minori in età scolare e delle loro famiglie, prevedendo uno screening rapido e costante della popolazione scolastica con il ricorso a metodi diagnostici meno invasivi e traumatici per i bambini; ricostituire la figura del medico scolastico necessaria per coordinare il settore sociosanitario e il settore scolastico che permetterebbe non solo di affrontare più efficacemente l’attuale emergenza, ma di intervenire su aspetti di primaria importanza quali quelli relativi al sostegno psicologico delle persone di minore età; rafforzare il trasporto scolastico prevedendo corse aggiuntive sulle tratte maggiormente critiche, evitando sovraffollamento di scuolabus e autobus; lasciare ai singoli comuni e istituzioni scolastiche la possibilità di decidere la modalità di didattica (in presenza o digitale) in base alla situazione epidemiologica presente sul territorio locale. Consentirebbe, anche, di venire incontro alle esigenze dei genitori che devono, ancora di più in questo momento in cui non possono contare sull’aiuto dei nonni e di altri familiari, conciliare le esigenze di lavoro con la cura dei figli.
Questo è l’appello che sento di rivolgere al Presidente Bardi in questa ricorrenza affinche il 3 dicembre p.v., possano riaprirsi tutte le scuole in piena sicurezza e non trovarci ancora impreparati scaricando sui minori lucani e sulle loro famiglie il peso più grande di questa pandemia; e predisporre un Piano straordinario per la ripartenza dell’Infanzia e dell’Adolescenza e debellare quella povertà educativa che ci sta attanagliando.