Margherita Perretti, Presidente Commissione Regionale Pari Opportunità: “Valorizzare capitale umano in tutte le sue componenti”. Di seguito la nota integrale.
La presidente della Commissione Regionale Pari Opportunità: “Emergenza e questione femminile: la rinascita del Paese come svolta”
“Emergenza come opportunità di sviluppo, ma con una consapevolezza diversa: occorre affrontare le criticità legate alla questione femminile non solo per motivi di giustizia sociale, ma anche perché, in termini strettamente economici vale il 7 per cento del Pil”.
E’ quanto asserisce la presidente della Crpo, Margherita Perretti.
“Abbiamo un’occasione unica per uscire dall’emergenza operando una svolta nelle politiche di genere grazie alle possibilità offerte dalle risorse dei fondi del Next Generation EU, e non possiamo perderla.Durante l’emergenza epidemiologica – sottolinea Margherita Perretti – è esplosa in tutte le sue contraddizioni e drammaticità la questione femminile, una delle varie questioni irrisolte del nostro Paese: siamo al 76° posto del global gender index del World Economic Forum. Il trimestre aprile-giugno 2020 presenta 470.000 donne occupate in meno rispetto allo stesso del 2019. La maggiore contrazione di lavoro femminile si è registrata nell’occupazione a termine, nel lavoro autonomo, nelle forme part-time e nel settore dei servizi”.
“Le donne – puntualizza la Presidente della Crpo – sono state le più colpite da questa crisi, in termini di occupazione e sovraccarico del lavoro di cura, partendo già da una situazione svantaggiata. Con la chiusura delle scuole il tema della conciliazione si è imposto in modo emergenziale, sia per le mamme che hanno dovuto garantire la presenza sui luoghi di lavoro, che per quelle che lavorano in smartworking ma devono, contemporaneamente, seguire i figli con la didattica a distanza.
“Nell’ultimo rapporto sulla povertà della Caritas, la nuova povertà si identifica col profilo di giovane donna, precaria, con due figli”evidenzia Margherita Perretti che aggiunge: “Il presidente Mattarella, poche settimane fa, ha definito ‘impresentabile’ il tasso di occupazione femminile in Italia, pari al 48,4 per cento, contro il 60 per cento della Francia ed il 70 del Regno Unito. E’stato dimostrato – precisa la Presidente della Crpo – che, portando l’occupazione al 60 per cento il Pil aumenterebbe di 7 punti. Inoltre, il 73,2 per cento delle lavoratrici ricorre al part-time, per il 60 per cento involontario, e poi c’è il GENDER PAY GAP: i redditi complessivi guadagnati dalle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25 per centoinferiori rispetto a quelli degli uomini”.
“Nelle linee guida pubblicate il 9 settembre scorso per il ‘Piano Nazionale di Ripresa eResilienza’ – rimarca Margherita Perretti – è stata indicata come prioritaria la riduzione dei divari di genere, che deve sottendere tutti i progetti e le azioni dello stesso piano; tra le criticità evidenziate il basso tasso di occupazione femminilee il basso tasso difecondità (1,29 figli per donna), che sono strettamente connessi e da cui scaturisce la bassa crescita demografica. I Paesi in cui le donne lavorano di più sono anche quelli in cui nascono più figli. La stessa Commissione europea ha più volte raccomandato all’Italia di sostenere la partecipazione femminile al mercato del lavoro, potenziando l’assistenza all’infanzia (fascia 0-6 asili e infanzia). Infatti, le politiche di sostegno della famiglia vanno inserite in un quadro organico e coerente per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Il Documento elaborato dalla taskforce ‘Donne per un nuovo Rinascimento’ voluta dalla ministra Bonetti presso il Dipartimento per le Pari Opportunità e presentato lo scorso giugno, individua nei vari ambiti, lavoro, società, formazione, le direttrici strategiche da seguire per poter intervenire concretamente nelle politiche di genere.Obiettivofinale:empowerment femminile, formazione, occupabilità, autoimprenditorialità.Formazione intesa anche ‘on the job’ e lifelonglearning, a cui troppo spesso le donne rinunciano per mancanza di tempo da dedicarci causa difficoltà di conciliazione, che diventa invece fondamentale se pensiamo che i settori in cui verranno investiti principalmente i fondi UE, ambiente, digitale, STEM, informatica, cloudcomputing, dati e intelligenza artificiale, sono a prevalente occupazione maschile”.
“Occorre investire nelle infrastrutture sociali: interventi strutturali per i servizi di cura della persona, dall’infanzia alla terza età, soprattutto asili nido e tempo pieno nelle scuole; solo il 12 per cento dei bambini italiani frequenta il nido pubblico e si arriva al 23 per cento con i privati. Va, inoltre, potenziato un welfare di prossimità per la cura di anziani e disabili. La percentuale di occupati in Italia nell’assistenza sociale è del 2,5 per cento, contro il 7 della Francia, il 5,8 della Germania ed il 6,2 del Regno Unito. Se investissimo nella Sanità – sostiene Perretti – tanto quanto la Germania, avremmo 2,3 milioni di nuovi posti di lavoro, di cui 1,3 milioni donne.E poi, occorre cambiare metodo: basta con la logica emergenziale e gli interventi spot, tipo i bonus e i voucher una tantum, occorre una seria programmazione, un’azione strategica e coordinata. Tutti i progetti, inoltre, andrebbero valutati guardando anche all’impatto di genere: una risoluzione in tal senso è stata votata a maggioranza a Montecitorio, sperando che non resti solo sulla carta.Andrebbero formati degli esperti nella valutazione di genere, funzionari da inserire nella Pubblica amministrazione. E’questo il concetto di gender mainstreaming, ovvero dell’inserimento di un approccio di genere in tutte le politiche, e la considerazione del diverso impatto che queste hanno su uomini e donne”.
“Quali possibili azioni sviluppare sul territorio regionale? La Basilicata – esplicita Perretti – è tra le dieci Regioni dell’Unione europea con i tassi di occupazione femminile più bassi, il 33 per cento. Una giovane under 30 su quattro non studia né lavora, gli asili nido garantiscono il posto solo al 9,7 per centodei bambini (Rapporto Save The Children 2020) e sono presenti solo in una quarantina di Comuni.Indubbiamente necessitiamo di infrastrutture sociali per la cura di bambini ed anziani, con orari che supportino l’orario lavorativo della donna, quindi dall’organizzazione flessibile. E scuole a tempo pieno su tutto il territorio regionale.Mancano i nidi, i micronidi e i nidi aziendali : abbiamo soprattutto PMI sul nostro territorio, si potrebbero immaginare soluzioni di rete per una condivisione di servizi comuni per armonizzare i tempi vita-lavoro delle dipendenti.Gli investimenti in conciliazione vanno visti come investimenti produttivi per la crescita dell’occupazione femminile e creazione di nuovi posti di lavoro, e non solo come costi di welfare”.
“La proposta alla Regione Basilicata in merito ai nidi – pone in Chiaro Perretti – porta a stravolgere l’impostazione avuta fino ad ora. Va superato il concetto di nido come servizio assistenziale, la fascia 0-3 rappresenta l’inizio di un percorso educativo, per cui le competenze dovrebbero passare dalla Sanità all’Istruzione. E certamente andrebbero aumentati gli stanziamenti in bilancio, altrimenti le rette sono troppo elevate e il servizio è poco utilizzato. Del resto, questo incremento ritornerebbe già dall’anno successivo dal fondo nazionale ancora parametrato alla spesa storica. Inoltre, la legge che disciplina il servizio è del 1973 e, dopo 50 anni forse sarebbe il caso di riaggiornarla, adattandola ad esigenze ormai mutate. Abbiamo, inoltre, una legge regionale del 2016 sul nido familiare ‘Tagesmutter-mamma di giorno’, perché non darle la giusta implementazione?Anche la programmazione della formazione andrebbe mirata sulle reti delle infrastrutture sociali per consentire la formazione di operatori specializzati e consentire l’incrocio tra la domanda ed offerta di lavoro”.
“Come Commissione Regionale Pari Opportunità – conlude la Presidente dell’organismo consiliare – abbiamo una visione dello sviluppo della Regione Basilicata che si identifica con una società aperta, inclusiva, in cui donne e uomini, giovani e meno giovani sono parte di quel capitale umano che costituisce la nostra principale risorsa e, quindi, non va disperso o sottoutilizzato, ma valorizzato, in tutte le sue componenti”.