La prestigiosa rivista internazionale “Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America” (PNAS) ha appena pubblicato un articolo scientifico sul tema “Forest and woodland replacement patterns following drought-related mortality” che ha visto il coinvolgimento di scienziati di tutto il mondo, tra i massimi esperti a livello internazionale sulle tematiche riguardanti gli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste.Negli ultimi decenni sono stati segnalati migliaia di casi di mortalità di foreste in ogni parte del globo. Interi soprassuoli, a volte con superficie di migliaia di ettari, che a causa dei cambiamenti climatici, nel giro di pochi anni, disseccano completamente, alterando profondamente gli equilibri degli ecosistemi, con perdita di benefici a livello di biodiversità e di paesaggio. Nel pool di ricercatori, per l’Università della Basilicata erano presenti Francesco Ripullone (docente della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali) e Michele Colangelo (ricercatore a contratto della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali).Tanti gli interrogativi posti dal pool internazionale sulle future dinamiche di successione della vegetazione a seguito di mortalità delle piante indotte dal cambiamento climatico e sulle specie che saranno in grado di adattarsi alle nuove condizioni e quelle invece destinate a soccombere o a essere sostituite da specie più resistenti e resilienti. Lo studio è stato condotto in 131 siti forestali appartenenti a diversi biomi distribuiti sull’intero pianeta, caratterizzati da fenomeni di deperimento ed elevata mortalità degli alberi. Due dei siti inseriti nello studio si trovano in Basilicata, e precisamente a Gorgoglione in Provincia di Matera e a San Poalo Albanese nel Parco Nazionale del Pollino, caratterizzati dalla presenza di specie quercine (cerro, roverella e farnetto). Importante è stato l’apporto scientifico dei due ricercatori dell’Unibas sia nella fase d’indagine in campo, che nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.
In generale, dallo studio emerge che la mortalità degli alberi a causa della siccità sta portando a una conversione del tipo di vegetazione nel breve-medio termine in più biomi. I primi cambiamenti nella composizione delle comunità vegetali indicano che le foreste dominate da specie di ambienti più umidi si stanno evolvendo verso comunità con specie di ambienti più aridi. Tuttavia, per alcuni siti sono state osservate situazioni di completa sostituzione delle specie tipiche di quegli habitat.Ad esempio nel caso del bosco di San Paolo Albanese, caratterizzato dalla presenza del farnetto che è una specie endemica di grande interesse naturalistico, e riconosciuto come Habitat nell’ambito di Rete Natura 2000, nel prossimo futuro potrebbe essere a forte rischio di estinzione nel caso di un aumento dell’aridità. “In Basilicata, come nel resto dell’Italia – ha spiegato Ripullone – negli ultimi anni è stato riscontrato un notevole aumento della vulnerabilità delle foreste, legato al verificarsi di eventi sempre più frequenti di siccità, che si manifesta con avvizzimento della chioma, disseccamento di rami apicali, fessurazione longitudinale della corteccia, riduzione di crescita e in molti casi anche la morte delle piante.Ad esempio l’ondata anomala di calore che, nell’estate del 2017, ha interessato parte dell’Europa centrale e meridionale, ha determinato un forte impatto negativo anche sulle foreste lucane. Da indagini satellitari risultava che circa 100.000 ettari su un totale di 350.000, che è la superficie boscata lucana, erano caratterizzati da un notevole stato di sofferenza”. In questo contesto “la ricerca scientifica – ha proseguito Ripullone – sta dedicando ampia attenzione a questi fenomeni indotti dai cambiamenti climatici. Lo studio e il monitoraggio dello stato di salute delle foreste è fondamentale per comprendere l’impatto e pianificare eventuali interventi atti alla gestione e conservazione delle foreste. In Basilicata è in corso un’importante progetto PON OT4 CLIMA finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca e che vede coinvolti l’Università di Basilicata e diversi Istituti di Ricerca del CNR in Italia, in cui è presente anche l’IMAA-CNR di Tito (Potenza) che coordina l’intero progetto, che ha come obiettivo lo sviluppo e l’impiego di tecnologie e metodologie innovative che consentano di monitorare direttamente dal satellite i diversi impatti a scala locale e regionale dei cambiamenti climatici sul territorio”.
Link all’articolo: https://www.pnas.org/content/early/2020/10/27/2002314117