La memoria ritrovata dopo un lungo oblio. Questo è il risultato delle azioni messein campo dalla Pinacoteca e Biblioteca “Camillo d’Errico” di Palazzo San Gervasio, in sinergia con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.
A partire dal viaggio di Paolo Rumiz, che ha riacceso i riflettori sulla Via Appia, la regina delle strade in età romana, in questo paese del Vulture-Alto Bradano, dove l’importante istituzione culturale è ubicata, si è dato avvio ad una ricerca, che ha avuto esiti sorprendenti rispetto alle attese iniziali.
Anche le conoscenze pregresse, come il villaggio dei guerrieri sanniti scoperto in località Casalini nel 2014 e la necropoli di Grotte di Caggiano (editi in Palazzo San Gervasio. Modalità insediative e pratiche funerarie dal territorio, a cura di Antonio De Siena e Tonia Giammatteo), hanno acquisito un nuovo significato. L’estate scorsa, durante i lavori per la realizzazione della infrastruttura idrica “Bradano-Basento”, nei pressi della ex-stazione ferroviaria, in località Fontana Rotta, è stata scoperta una importante necropoli imperiale romana, datata tra il I ed il IV secolo d.C. Le tombe risultano allineate lungo un percorso, una strada che evidentemente esisteva già ai tempi in cui i defunti sono stati sepolti e che coincide con antiche ipotesi sul passaggio dell’Appia tra Venosa e Palazzo San Gervasio; nelle immediate vicinanzei resti di un edificio, seppure scavato solo in piccolissima parte, hanno già restituito materiale di gran pregio dell’età dell’imperatore Augusto.
Lo studio dei reperti e dei contesti scavati, tuttora in corso grazie ad una Convenzione tra la “Pinacoteca Camillo D’Errico” e la Soprintendenza -coordinamento organizzativo di Mario Saluzzi e direzione scientifica di Sabrina Mutino-, è stato quindi implementato con la ricognizione sistematica delle tracce archeologiche presenti nel territorio di Palazzo San Gervasio e dei paesi viciniori di Venosa,Banzi e Genzano di Lucania. Ne sono scaturite nuove scoperte, come la presenza di due ponti sulla fiumara tra Venosa e Palazzo e le tracce di un acquedotto romano, che da Palazzo sembra ricollegarsi al famoso acquedotto fatto costruire da Erode Attico nel II secolo d.C.da Montemilone a Canosa. Un ringraziamento particolare va rivolto al Settore Forestazione della squadra Palazzo San Gervasio del Consorzio di Bonifica della Basilicata per l’impegno fattivo profuso durante questi mesi
Sinergie disciplinari e collaborazioni istituzionali che trasformano l’immagine della Pinacoteca, da contenitore culturale a volano perla ricerca e la promozione del territorio, punto di riferimento dell’intera area altobradanica. Il dato che su tutti rende più significativa questa azione è la riscoperta dell’importanza di un territorio troppo spesso dimenticato, non solo dai grandi progetti di indagine archeologica attuati in passato, ma a volte dai suoi stessi cittadini.
La memoria ritrovata rappresenta proprio una nuova temperie culturale, che grazie alla Pinacoteca sta investendo integralmente Palazzo San Gervasio e il suo Paesaggio Culturale; un centro abitato e un territorio che, con la collaborazione della gente del posto,stanno offrendo agli studiosiinteressantissimi spunti di analisi e testimonianze materiali. Innegabile è il ruolo che questo territorio ha avuto in un periodo compreso tra il IV/III secolo a.C.e il XIII secolo. Qui l’edificazione infrastrutturale romana ha creato indubbiamente le premesse per il successivo sviluppo insediativo, perdurato fino alla piena età medievale, quando, una rinnovata attenzione per quest’area ha creato le basi per la costruzione di un caravanserraglio normanno, diventato poi un castello vero e proprio in età federiciana e manfrediana.
In riferimento a quest’ultimo, la stessa Pinacoteca ha intrapreso da alcuni anni un’azione di riscoperta e valorizzazione della struttura castellare, fornendo gli strumenti scientifici ed editoriali per lo studio del castello e le indagini storico-archivistiche, relative ai personaggi che vi hanno dimorato o, come nel caso di re Manfredi, vi sono nati.
È stato pubblicato, infatti, il volume di Nicola Montesano, San Gervasio. Palazzo dei Re, che identifica Palazzo San Gervasio come luogo in cui Bianca Lancia, compagna di Federico II, partorì Manfredi nel 1232, durante una sosta del viaggio di trasferimento da Spinazzola a Melfi; ma anche sede di un importante centro di allevamento e cura di cavalli, avviata proprio da Manfredi con un programma di selezione delle razze, attraverso un impegno multidisciplinare, sia scientifico nel campo dell’innovazione e della sperimentazione veterinaria, sia tecnico nell’allevamento e nell’addestramento dei cavalli destinati agli usi bellici e da parata.
Per valorizzare proprio la memoria manfrediana di Palazzo, l’Ente Morale Fondazione Pinacoteca e Biblioteca “Camillo d’Errico” è stato finanziato, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Spettacolo, per la realizzazione del Progetto “A Palazzo con Re Manfredi. Progetto di rievocazione storico-virtuale e fruizione del castello di Palazzo San Gervasio”.
Il Progetto, ideato dal professor Nicola Montesano, intende realizzare in una della sale a pianterreno del Castello di Palazzo San Gervasio una rievocazione storico-virtuale, con l’ausilio di un contenitore multidimensionale e multisensoriale, finalizzata alla valorizzazione dello stesso patrimonio storico-artistico del monumento architettonico, luogo prediletto dal re Svevo Manfredi, in cui trascorreva molti dei suoi periodi di riposo dalle fatiche della guerra, leggendo e commentando i testi della tradizione classica greca e latina.
Un territorio e un centro urbano, quindi, caratterizzati dalla forte impronta storico-archeologica che sta finalmente affiorando, grazie all’azione intrapresa dall’Ente morale Pinacoteca “Camillo D’Errico”. A questa attiva istituzione culturale non sfugge come, per individuare le opportunità che un determinato territorio può offrire, sia nel campo culturale sia in quello turistico,sia indispensabile recepirne tutti gli aspetti, materiali ed immateriali, in modo da carpirne l’anima identitaria, il bagaglio di informazioni che esso è capace di trasmettere.