Francesco Lopedota (Presidente Nazionale CNA Tintolavanderie): “Tintolavandrie sul lastrico per il Coronavirus”. Di seguito la nota integrale.
Prima di iniziare questa mia denuncia, vorrei fare una premessa, il settore TintolavanderieArtigiane è un settore povero, noi siamo l’ultimo tassello della filiera moda e facciamo manutenzione tessile, non abbiamo fatturati da capogiro in quanto il nostro servizio è rivolto alla persona, alla manutenzione dell’abbigliamento, di arredi e tendaggi.
Negli anni le tintolavanderie hanno subito forti scossoni sia per cambiamenti di abitudini delle persone per il modo di vestire, sia con la crisi che ha travolto un po’ tutti dal 2007 in poi.
Arriviamo al 2020 (gennaio e febbraio) con un inizio anno in linea con gli ultimi con una leggera crescita di fatturato,il 26 febbraio scattano le prime restrizioni causa covid-19 nel giro di qualche settimana il fatturato crolla del 80/90% l’oscillazione è dovuta dal tipo di clientela a cui rivolgiamo i ns. servizi.
Arrivano i primi DPCM, le lavanderie per Decreto rimangono aperte in quanto ritenute essenziali per i servizi che svolgiamo (Igiene, pulizia e sicurezza) la qualità dei ns. lavaggi e la tecnologia a disposizione fa sì che virus, acari e batteri vengono completamente debellati. Nonostante il massimo impegno profuso dalle lavanderie sia in termini di sicurezza che di investimento con l’acquisto di attrezzature per la sanificazione e igienizzazione di capi non lavabili, il lavoro nelle lavanderie è un miraggio. La pandemia ha lasciato a casa tanti lavoratori alcuni in smart working ed altri perché svolgono in ambienti considerati a rischio contagio, chiuso le pizzerie, ristoranti discoteche e venendo meno le cerimonie (matrimoni, comunioni, battesimi) il servizio di lavanderia si è ridimensionato drasticamente con una perdita pari al 45/70% del fatturato annuo.
Il governo ha perso le tracce della nostra esistenza, 30/40 mila famiglie dimenticate completamente, famiglie senza nessun reddito da oltre dieci mesi, famiglie che hanno esaurito ogni risorsa per la sopravvivenza oltre che per l’attività.
In dieci mesi il Governo ha riconosciuto solo mille euro nel decreto rilancio che arrivato nel mese di giugno.
Nell’ultimo DPCM le lavanderie non appaiono da nessuna parte, né tra le attività essenziali e nemmeno tra le attività da riconoscere il ristoro. Decine di migliaia di professionisti umiliati e calpestati nella nostra dignità, lasciati nel limbo dei meandri burocratici e istituzionali “invisibili” usati per necessità e abbandonati al loro destino.
L’ultimo pensiero di questa denuncia lo voglio rivolgere a tutta la categoria a tutti i miei colleghi, voglio invitarli a riflettere, facciamo tanto per far crescere le nostre modeste attività con orari disumani soprattutto in alcuni periodi dell’anno ma non facciamo nulla per fare valere i nostri diritti e la nostra dignità.