Riportiamo di seguito la lettera aperta trasmessa ai Sindaci e ai Consiglieri comunali di Venosa, Rionero in Vulture, Melfi e altri 14 Comuni dell’area del Vulture (Atella, Balvano, Barile, Bella, Castelgrande, Filiano, Forenza, Ginestra, Pescopagano, Rapolla, Rapone, Ripacandida, Ruvo del Monte, San Fele) coinvolti in via diretta o indiretta nel Parco del Vulture.
Egregi Sindaci e Consiglieri Comunali,
è stato costituito il Comitato spontaneo, apolitico e apartitico “Natura e Libertà” per valorizzare e proteggere la zona del Vulture e le aree limitrofe sia per l’aspetto naturale, che economico, culturale e storico.
In questo periodo si sta tornado a parlare del Parco del Vulture e di un suo possibile ampliamento.
A riguardo riteniamo che il Parco del Vulture possa essere una grande risorsa ed una grande opportunità per valorizzare e proteggere il Monte Vulture, la sua flora, la sua fauna e le sue caratteristiche paesaggistiche storiche ed economiche.
Allo stesso tempo riteniamo che sulle aree limitrofe e contigue al Monte Vulture i limiti, i divieti e gli svantaggi conseguenti all’istituzione di un parco ambientale possano essere superiori agli eventuali vantaggi.
A riguardo abbiamo individuato 15 elementi di criticità che meritano particolare attenzione, discussione, approfondimento, riflessione e attenta analisi e valutazione nel rapporto tra costi e benefici.
Sottoponiamo pertanto questi 15 elementi di criticità a tutti i Sindaci e ai Consiglieri Comunali di maggioranza e di opposizione e di qualunque colore politico.
1. Attualmente uno Statuto vero e proprio del Parco non esiste, né esiste un Piano del Parco. Entrare nel Parco, in questo momento, è un salto nel vuoto. Sarebbe più opportuno posticipare la decisione. Prima si scrivono le regole e poi, se davvero rappresentano un vantaggio, si aderisce al perimetro nelle forme più adeguate.
2. Il Parco nasce per la tutela e la valorizzazione del Monte Vulture e dei Laghi di Monticchio. Gli altri territori hanno caratteristiche completamente diverse. Non ci sono ovunque castagneti, faggi, querce secolari, la farfalla bromea, l’alborella del Vulture. Quindi perché entrare? Si chiede quali specie animali e vegetali sono presenti nelle altre aree che usufruirebbero di vantaggi reali e concreti con l’ingresso nel Parco.
3. Chiediamo che sia specificato e quantificato il costo economico di adesione, gestione e partecipazione al Parco che sarà a carico di ciascuna cittadinanza anche per gli anni a venire.
4. L’Art. 34 della legge regionale del Parco prevede che ogni modifica di ampliamento o riduzione del perimetro sia soggetta all’autorizzazione del Parco stesso e della Regione, pertanto i Comuni, che dovessero entrare nel Parco o ampliare il loro perimetro di adesione, non potrebbero ridefinirlo o uscirne facilmente.
5. Il divieto di caccia all’interno del Parco favorirebbe la riproduzione, diretta e indiretta, di cinghiali e lupi. Le strade del territorio già attualmente sono attraversate dai cinghiali che creano paura e pericolo tra la popolazione, danni alle colture e alle attività economiche e pericolosi incidenti stradali anche letali. L’attività di abbattimento selettivo è affidata sempre a cacciatori e il divieto di caccia allontanerebbe questi ultimi dal nostro territorio. I cinghiali oltre a rappresentare un pericolo per la popolazione, ogni anno provocano molti danni all’agricoltura. Si invitano i Sindaci e i Consiglieri Comunali ad effettuare indagini analitiche dei costi dei danni provocati dai cinghiali nelle zone che aderiscono a Parchi confrontandoli con quelli arrecati nelle zone libere da vincoli. Per affrontare il problema si parla di selecontrollo tramite somministrazione di ormoni agli animali, cosa non semplice e pericolosa. Bisogna considerare la difficoltà oggettiva di somministrare pillole anticoncezionali ai cinghiali. L’impatto ambientale di questa tecnica è devastante e non vi può essere nessuna certezza del suo corretto esercizio. Tali sostanze chimiche potrebbero essere ingerite da altre specie animali ed influire in tutta la catena ambientale con rischi anche per l’essere umano.
6. Attualmente la caccia rappresenta un’importante risorsa culturale, turistica ed economica per tutto il territorio. Ad esempio, a Venosa nel mese di ottobre 2020, nonostante la pandemia, è stata certificata la presenza e il pernottamento nelle strutture ricettive di 100 cacciatori. Si invitano tutti i Sindaci e i Consiglieri Comunali del territorio a verificare l’impatto economico che comporterebbe il divieto della caccia all’interno del proprio Comune per il settore del turismo, del commercio, dell’agricoltura, dell’artigiano e della ristorazione e quali benefici la caccia produce nella tutela del territorio.
7. Come tutti sanno, a Melfi per andare a raccogliere le castagne serve un permesso e bisogna pagare. Si chiede di verificare se lo stesso possa verificarsi altrove, in caso di adesione al Parco, per quanto attiene la raccolta di asparagi, funghi, more, tartufi, frutta, legna, ecc.. con l’introduzione di patentini, permessi, tariffe, costi e limiti nel quantitativo di raccolta. A titolo esemplificativo il Parco del Vulture potrebbe introdurre un costo d’ingresso per visitare le Cascate di San Fele. Tale ulteriore balzello non andrebbe all’amministrazione comunale di competenza ma bensì al Parco.
8. In merito all’ipotetico “rischio” connesso alle trivellazioni per estrazione di idrocarburi, si chiede a tutti i Sindaci e i Consiglieri Comunali di verificare se l’ingresso nel Parco abbia effetto retroattivo e se sono in essere domande già presenti che resterebbero valide. Inoltre, si chiede di verificare se esistono altri strumenti giuridici per tutelare il territorio considerando la valenza culturale, storica, archeologica e turistica del territorio medesimo. In particolare, si chiede di verificare se questo tipo di tutela possa essere ottenuta attraverso il piano paesaggistico redatto dalla Regione congiuntamente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali o attraverso altri strumenti giuridici particolarmente idonei.
9. Il regolamento Regionale del Parco vieta le recinzioni dei terreni agricoli fatta eccezione di quelle realizzate in materiali tradizionali, ovvero staccionate in legno. Questa è una forte limitazione dell’esercizio della proprietà privata tutelata anche dalla costituzione. La mancata possibilità di una recinzione “normale” sarebbe un forte disincentivo per la realizzazione di nuove abitazioni e depositi agricoli con ulteriore danno per la cittadinanza, l’edilizia, il commercio, l’agricoltura e l’artigianato. Soprattutto a seguito della pandemia, le famiglie andrebbero piuttosto incentivate ad andare a vivere in campagna avvicinandosi ad una vita più salutare e a stretto contatto con la natura. Peraltro, i limiti relativi al cambio di destinazione d’uso precluderebbero la possibilità di ristrutturare molti immobili che si trovano in zone agricole che potrebbero usufruire del bonus ristrutturazione al 110%.
10. L’adesione al Parco, anche in zona 3, comporterebbe vincoli autorizzativi anche per la modifica del regolamento urbanistico e di tutti gli strumenti urbanistici che sarebbero sottoposti, oltre che all’eventuale autorizzazione della Regione, anche a quella obbligatoria del Parco. Si prega di verificare con attenzione anche tutte le altre autorizzazioni e permessi che richiederebbero un doppio passaggio burocratico con limitazione anche dei poteri in capo al Sindaco e delle attribuzioni e funzioni degli uffici comunali con danni per la cittadinanza, le attività economiche, produttive, artigianali, agricole, industriali, professionali, ecc.. Anche se il parere del Parco non è vincolante comunque rappresentare un passaggio burocratico che andrebbe a rallentare l’attività amministrativa.
11. L’adesione al Parco comporterebbe il divieto assoluto nella creazione di nuove strade e infrastrutture per alcune zone del Parco e la necessaria autorizzazione del Parco per altre zone. Si chiede di valutare, con massima attenzione, se valga veramente la pena rinunciare per sempre all’urgente e primario problema stradale e infrastrutturale. Al riguardo si fa notare che la manutenzione delle strade già esistenti, che dovessero ricadere nell’area del Parco, sarebbe di competenza dell’Ente Parco e pertanto, considerando gli esigui fondi, la manutenzione stessa potrebbe essere compromessa.
12. La realtà agricola della nostra area, oltre all’eccellenza della produzione intensiva (che per sua definizione è incompatibile con un parco ambientale), vanta anche numerose piccole realtà per le quali l’agricoltura rappresenta un fabbisogno familiare. Il divieto di bruciare le potature rappresenterebbe sia un danno economico per lo smaltimento, sia la limitazione di abitudini, consuetudini e tradizioni che ci tramandiamo da secoli.
13. Il settore economico più danneggiato, dall’adesione al Parco o dall’ampliamento del suo perimetro, sarebbe sicuramente quello agricolo, in particolare quello legato alla produzione di cereali e a seguire tutti gli altri. Queste limitazioni avrebbero gravi conseguenze sia per l’agricoltura intensiva che per quella che soddisfa il fabbisogno familiare. Prima di aderire al Parco si chiede un’analisi dettagliata dell’impatto economico che avrebbero sull’agricoltura i divieti e le limitazioni che ne conseguirebbero.
14. Attualmente i tecnici regionali coinvolti in questo processo sono unicamente quelli dell’assessorato all’ambiente. Considerando i danni derivanti in tutti gli altri settori, come ad esempio quello dell’agricoltura, dello sviluppo economico e delle infrastrutture, si chiede a tutti i Sindaci e i Consiglieri Comunali del territorio di coinvolgere adeguatamente anche i tecnici dell’assessorato all’agricoltura, alle infrastrutture e allo sviluppo economico e di ogni altro dipartimento atto a valutare l’impatto economico e sociale per ciascuno di detti settori.
15. Il Parco si riserva l’acquisizione di immobili di proprietà privata (disciplinata dall’art. 25 della L.R. n. 28/1994).
In particolare, l’Ente Parco può, ai sensi del D. Lgs. n. 325/2001: espropriare e/o imporre servitù di passaggio su strade e sentieri, ecc.. Vale la pena limitare la proprietà privata e i diritti delle comunità cittadine? In nome di cosa?
Il Parco del Vulture, come si evince da questi aspetti, non è uno strumento di sviluppo economico, ma nasce per tutelare specie di flora e fauna con particolari caratteristiche sacrificando lo sviluppo economico, l’esercizio della proprietà privata e i diritti della cittadinanza. I possibili vantaggi potrebbero non arrivare mai o impiegare anche decenni prima di essere attuati. I limiti, i divieti e le restrizioni invece sarebbero subito operativi.
I Sindaci e le amministrazioni comunali demanderebbero all’ennesimo poltronificio politico alcune proprie funzioni e poteri rinunciando a porzioni importanti di sovranità, limitando di fatto la funzione democratica delle istituzioni comunali.
Non è un caso se la Regione Basilicata è una delle regioni più povere d’Italia e allo stesso tempo quella con più Parchi ambientali. La nostra area è potenzialmente la più ricca della Basilicata e questo parco sarebbe l’ennesima mangiatoia che blocca lo sviluppo della nostra area a tutto vantaggio di Potenza.
Per tutte queste ragioni abbiamo costituito il Comitato spontaneo, apolitico e apartitico “Natura e Libertà” aperto a tutta la cittadinanza del territorio e a tutti i Sindaci e Consiglieri Comunali di maggioranza e opposizione senza distinzione di colore politico.
Il nostro obiettivo è tutelare e valorizzare l’aera del Vulture cercando il giusto equilibrio tra la tutela ambientale, lo sviluppo economico, l’esercizio della democrazia e i diritti dei singoli cittadini.
A riguardo abbiamo anche creato il gruppo Facebook “NATURA e LIBERTÀ per il VULTURE” per discutere e approfondire questi argomenti.
Invitiamo tutti i Sindaci e i Consiglieri Comunali ad iscriversi al nostro gruppo e contattarci per arricchire la discussione, superare le criticità e trovare soluzioni concrete nell’interesse e per il bene di tutti.
Siamo disponibili a partecipare ed organizzare incontri, convegni e dibattiti che coinvolgano tutte le cittadinanze. Per la città di Venosa abbiamo chiesto al Sindaco che ogni decisione sia affidata alla cittadinanza tramite un referendum popolare secondo i principi della democrazia diretta. Auspichiamo che lo stesso avvenga in tutti i Comuni della zona.
Preghiamo i Sindaci e i Consiglieri Comunali di estendere il nostro invito a tutte le associazioni, i comitati e le organizzazioni del loro territorio che sono interessate a superare queste criticità e trovare soluzioni adeguate a contattarci per avviare una proficua collaborazione.