Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani, Consigliere dell’Associazione Coscioni, membro del Consiglio generale del Partito Radicale: ” Occorre una visione olistica e un nuovo umanesimo”. Di seguito la nota integrale.
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un interessante articolo sulle pagine del Corriere della Sera, intitolato “Un capitalismo sostenibile che riduca le diseguaglianze”.
Non capita spesso di trovare riflessioni che squarcino la cappa di conformismo e vadano contro verità rivelate, totem e tabù.
Da molto tempo vado affermando che oltre ad occuparci della qualità delle nostre democrazie, sempre più “democrazie reali”, occorrerebbe interrogarsi sulla natura di questo capitalismo, che dopo la caduta del muro di Berlino e l’implosione dei Paesi del cosiddetto “socialismo reale”, è diventato sempre più un capitalismo finanziario e speculativo. No, non c’è solo “democrazia reale”, ma anche “capitalismo reale” e il combinato disposto di questa realtà, per alcuni invisibile, incide sulle nostre vite, la nostra quotidianità, il nostro futuro, il futuro delle nostre comunità e del pianeta tutto.
Quando sento dire che “il mercato si autoregola” avrei voglia di esplodere in una grassa risata e mi chiedo da dove sia venuta fuori questa gigantesca sciocchezza. Il “mercato”, che per alcuni è un’entità divina, non si autoregola affatto. Non a caso, per dirne una, abbiamo o dovremmo avere leggi antimonopolio, antitrust, antidumping e magari da qualche parte dovrebbero decidersi a separare le attività delle banche d’affari dalle attività delle banche commerciali. Lo aveva fatto, per esempio, tale Franklin Delano Roosevelt con il Banking Act. Nel 1999, ahinoi, un poco lungimirante Clinton abrogò le disposizioni volute dal 32° Presidente Usa negli anni ’30.
La verità è che la “mano invisibile” ci prende a ceffoni e a calci negli stinchi. La verità è che la ricerca dell’interesse personale non si trasforma automaticamente in bene comune.
Temo che in molti non abbiano compreso che uno dei presupposti della teoria di Smith era che “la zona di influenza della legge e della morale fosse pari a quella del mercato della mano invisibile”.
Inoltre in tanti non considerano il fatto che ai tempi di Smith i mercati non erano globalizzati.
In un interessante libro voluto dal Club di Roma, pubblicato nel 2018 e intitolato “Come on!” si legge quanto segue: “Oggi al contrario, il commercio è dominato da grandi società globali. I mercati hanno il mondo intero come zona d’influenza, mentre le convenzioni morali e i vincoli legali valgono solo per una singola nazione. Ciò ha dato origine al fenomeno della globalizzazione economica, in cui i mercati, per lo più di capitali, possono indurre i legislatori a modificare la legge per favorire investitori e azionisti. L’efficacia politica del capitalismo democratico è drasticamente diminuita negli ultimi anni. Si ignora, infatti, il tacito presupposto che sta alla base del pensiero di Smith, cioè l’esistenza di un sano equilibrio tra legge e mercato”.
Ecco, appunto, quel che da tre lustri ho definito “capitalismo reale”.
Questo capitalismo finanziario e speculativo, che finanziarizza (mi si passi il termine) le nostre vite, è insostenibile e pernicioso.
Spesso risulta difficile per chi vede la sua vita travolta da “bolle”, crisi e subprime, capire cosa stia accadendo. Le risposte della politica sono da troppo tempo inadeguate per fronteggiare i virus finanziari che mordono le nostre società. É del tutto evidente, e dovrebbe esserlo da tempo, che occorrerebbe avere istituzioni capaci di fare realmente da contraltare a poteri che per loro natura sono transnazionali. Occorrerebbe di certo immaginare e costruire il nuovo fuori dagli schemi precotti e decotti di chi si erge ad esperto di non si sa cosa e pretende di decidere della vita di Stati e persone.
Sembra incredibile solo a dirlo, ma lo sapete che il 98% delle transazioni finanziarie ha una finalità meramente speculativa? Occorrerebbe un’altra Europa, un’altra politica, slanci e idealità, visioni e capacità di governare il futuro, di prefigurarlo.
La globalizzazione che vorrei è quella dei diritti umani e della giustizia sociale. Occorre, lo ripeto, una visione olistica e un nuovo umanesimo.