Il Consiglio Direttivo dell’ANCI Basilicata, riunito oggi, respinge qualunque ipotesi di localizzazione in Basilicata e nei territori confinanti della Puglia di un Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico così come descritto nel documento per la consultazione pubblica pubblicato sul sito “depositonazionale.it” in attuazione del D.lgs. n. 31/2010 dalla Sogin S.p.A.. Nella Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico risultano identificate ben 17 aree tra la Basilicata e ai confini con la Puglia. Nel documento una parte di tali aree viene classificata in classe C come zona sismica e quindi potrebbero non rispondere ai criteri necessari per localizzare il Deposito dei rifiuti radioattivi. Un’altra parte delle aree tra le province di Matera e Bari viene invece classificata in classe A2 e quindi che “presentano caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso successive indagini di dettaglio”. Si tratta di zone che coincidono con territori ad alta valenza ambientale, storica, archeologica, antropologica e culturale e quindi non rispondenti ad alcun criterio di proponibilità di un intervento industriale come il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. In particolare, è opportuno ricordare che gran parte del territorio individuato coincide con aree SIC e tutelate come il Parco delle Chiese Rupestri e della Murgia materana iscritto dall’UNESCO nel 1993 insieme alla città dei Sassi di Matera nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità e che nel 2014 l’apposita commissione ha dichiarato Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019. Né si possono accettare le considerazioni che, da una prima lettura, il documento dedica alla valenza produttiva dei territori individuati in Basilicata ed in Puglia. Tali territori infatti, lungi dall’essere quella specie di landa desolata descritta nel documento, sono caratterizzati innanzitutto da una qualità ambientale ricca di biodiversità ed inoltre da importanti attività produttive del settore primario. E’ noto che in particolare le aree dei comuni di Genzano, Acerenza, Oppido, Irsina, Montescaglioso, Montalbano, Bernalda… svolgono nel settore agro-industrio-alimentare una funzione di primissimo piano a livello nazionale. Infatti in quei territori vengono realizzate coltivazioni di prodotti di grande pregio che contribuiscono al saldo commerciale lucano grazie al sostenuto livello di esportazione. In ordine al tema della sostenibilità il documento in esame sottovaluta l’aspetto rilevante dello sfruttamento intensivo del territorio lucano sottoposto a una pressione sproporzionata in particolare per le attività di estrazione petrolifera attraverso la quale la Basilicata contribuisce direttamente ed in modo rilevante all’approvvigionamento energetico italiano. Analogamente accade per le risorse idriche, altro settore strategico di valenza nazionale e al quale la Basilicata offre da sempre un contributo notevolissimo con gli invasi e le dighe presenti sul territorio. Non meno importanti sono i problemi ancora irrisolti delle aree industriali SIN da bonificare. Anche l’impianto ITREC nel Centro ENEA di Trisaia in Rotondella (MT) va segnalato come una delle emergenze che in Basilicata vanno risolte con lo spostamento definitivo in altro sito dei 3.361 mc di rifiuti radioattivi presenti.In definitiva appare del tutto sottovalutato dal documento il tema della sovrapposizione delle diverse attività che costituiscono un peso ambientale eccessivo per una piccola regione. L’Anci ritiene fuorviante qualsiasi paragone con la vicenda del novembre 2003 quando il governo con un semplice decreto individuò in una miniera di salgemma in località Terzo Cavone in Scanzano Jonico il sito per la localizzazione di un Deposito Nazionale geologico di scorie nucleari e radioattive. Infatti, in quella occasione il Governo decise di realizzare un deposito nazionale di rifiuti radioattivi, senza alcuna consultazione né coinvolgimento dei territori e delle istituzioni locali e senza consultare le autorità scientifiche, che nel volgere di alcuni giorni dichiararono nel corso delle audizioni parlamentari non solo di non saperne nulla di quel progetto ma soprattutto di non condividere la localizzazione di scorie e rifiuti radioattivi ad alta e media attività che richiedono molte migliaia di anni per perdere il proprio potenziale di pericolosità in un sito geologico. Ed in ogni caso nel 2003 non esisteva al mondo alcun deposito geologico definitivo in esercizio che potesse offrire indicazioni utili al progetto.
Nulla a che vedere dunque con la procedura di cui ci occupiamo oggi che garantisce il contraddittorio grazie alle scelte effettuate proprio a seguito dello “strappo” del 2003. Infatti, con il Decreto Lgs. 31/2010 è stato avviato il procedimento che ha comportato un tempo molto lungo e che oggi arriva a maturazione.
L’Anci Basilicata parteciperà con convinzione al lavoro di coordinamento organizzato dal Presidente della Regione per definire una posizione unitaria di tutto il territorio per contrastare qualunque ipotesi di localizzazione in Basilicata e nei territori confinanti con la Puglia di un deposito di rifiuti radioattivi. A tal proposito l’Anci propone al Presidente Bardi di promuovere un coordinamento dell’azione con la Regione Puglia. Invita tutti comuni della regione a dichiarare la loro contrarietà alla localizzazione in Basilicata o nei territori confinanti della Puglia di un deposito nazionale di scorie e rifiuti nucleari e radioattivi e i comuni individuati nella Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a produrre entro i termini previsti dal procedimento osservazioni in stretto coordinamento con la Regione Basilicata che meritoriamente ha già provveduto ad una prima consultazione dei sindaci dichiarando l’assoluta contrarietà a qualsivoglia deposito di rifiuti radioattivi nella nostra regione.L’Anci Basilicata promuoverà a sua volta un coordinamento dell’azione necessaria con l’Anci Puglia.
Gen 09