Riceviamo e pubblichiamo la nota dei dipendenti consortili del Consorzio Industriale della provincia di Potenza. Di seguito la nota integrale.
A seguito di assemblea dei dipendenti consortili tenutasi in data odierna, dedicata alla situazione finanziaria del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della provincia di Potenza, abbiamo deciso di dire la nostra.
Nello specifico, il racconto che taluni – nelle scorse settimane – si sono esercitati a sviluppare non è risultato calzante, anzi è stato veicolato un palese attacco a noi dipendenti.
Pensate all’ironia della sorte. Noi dipendenti consortili saremmo – per alcuni – causa del disastro finanziario. Almeno questo il tentativo maldestro di alcune penne giornalistiche. Poco più di quaranta dipendenti che nel corso degli anni avrebbero “fabbricato” milioni e milioni di debiti. A nostro avviso invece noi dipendenti abbiamo assicurato nel tempo – nonostante tutte le criticità, non solo di ordine economico-finanziario – il prosieguo dell’attività, nel rispetto del ruolo di ciascuno, assicurando comunque i servizi essenziali cui l’Ente è preposto alle aziende insediate, per il tramite delle ditte di volta in volta incaricate.
Il nostro racconto vuole non a caso fare chiarezza su alcuni punti e accadimenti ritenuti fondamentali, propedeutici all’attuale disastro.
Non ci riferiamo alla lettura politica degli ultimi accadimenti, non compete a noi farlo, ma si tratta di discutere delle (im)probabili scelte dei vari manager che negli anni si sono avvicendati. E lo si fa enunciando atti pubblici, negli anni resi sempre più pubblici, solo con una formulazione diversa. Dunque qualcuno potrebbe spiegarci quali sono le responsabilità di noi dipendenti con talune decisioni dirigenziali, un esempio tra tanti quello relativo alla vendita di 10 ettari di terreni urbanizzati nell’area industriale di Viggiano, per la costruzione di un mega impianto fotovoltaico?
A valle di tale vendita ad una società privata il Consorzio ha percepito la somma di circa 1milione 400mila euro. Verrebbe da dire che non sono certo pochi, attesa la grave situazione finanziaria dell’Ente. Ma chiediamoci se si poteva fare di più e meglio, anche in termini occupazionali.
A riguardo, per la verità, ci siamo sempre chiesti perché il Consorzio non si è fatto parte attiva in tale progetto. Protagonista, per intenderci. Perché invece di concederlo a una società privata che macina milioni di euro di guadagni annui, non si è pensato per il bene dell’Ente di progettarlo e realizzarlo da soli o magari facendo business con la SEL? Non siamo stati certo noi dipendenti ad aver preso decisioni in merito. E quindi, cosa c’entriamo noi se il consorzio non è stato in grado di mettere a frutto i terreni di proprietà con proprie iniziative, privando lo stesso Ente di milioni di euro di guadagni?
Inoltre, sempre parlando di atti pubblici noti ai più, se vengono elaborati due piani di risanamento a firma di altrettanti commissari consortili, coadiuvati dai dirigenti, ed entrambi “naufragano”, la colpa è per caso dei dipendenti che non hanno partecipato alle decisioni?
Nello specifico, il primo piano di risanamento prevedeva come core-business l’assegnazione in gestione delle aree industriali ed impianti consortili a società private, tra cui il mega impianto di depurazione di S. Nicola di Melfi, che ha una potenzialità pari a 220 mila abitanti equivalenti. Il che contemplava un affidamento di circa 23 milioni di euro. In effetti così è stato, l’appalto venne assegnato, contrattualizzato salvo poi essere caducato.
Il risultato finale ottenuto dal Consorzio si è tradotto solo in alcuni ammodernamenti agli impianti di depurazione. Lavori peraltro eseguiti con fondi pubblici. Il piano di risanamento prevedeva che a gestione piena il Consorzio sarebbe stato in grado di camminare sulle proprie gambe. In effetti, con la gestione a pieno regime l’Ente avrebbe dovuto ricavare guadagni consistenti dal suddetto impianto di depurazione di S. Nicola di Melfi, più specificatamente dalla linea smaltimento reflui speciali.
Il risultato concreto ottenuto? Gara caducata e il suddetto impianto bloccato (da anni) proprio nella linea reflui speciali che, pertanto, da tempo non produce più guadagni. Tanto per intenderci, prima del mancato affidamento in gestione, il Consorzio aveva un fatturato medio di circa 1,5 milioni di euro annui.
A riguardo ci sarebbe da chiedersi a chi si sono rivolti i nostri clienti. Probabilmente hanno preso altre vie. Ora, in tutto questo non avendo partecipato alle suddette decisioni strategiche per l’Ente, che colpe abbiamo noi dipendenti? Se il piano di risanamento si è “spiaggiato” e con esso la gara di gestione, cosa c’entriamo noi?
Successivamente si predispone un nuovo piano di risanamento, il secondo, che prevedeva sempre la gestione delle aree ed impianti industriali consortili. Sempre targato commissario e dirigenti. Il risultato per il Consorzio è stato nullo in quanto l’affidamento in gestione non è mai avvenuto. Le procedure di gara sono state annullate per le criticità economico-finanziarie dell’Ente.
Ed ancora, se l’acqua industriale per anni è stata venduta sotto costo, che colpe abbiamo noi?
Se negli anni il recupero crediti nei confronti degli imprenditori insediati non ha funzionato, – attese le regolari forniture e servizi resi – che c’entriamo noi?
Pertanto, sarebbe opportuno che prima di parlare o scrivere si approfondissero le tematiche oggetto degli articoli. Potrebbe essere per tutti un utile esercizio.
Senza contare che a noi dipendenti del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della provincia di Potenza, in caso di perdita del posto di lavoro, non spetterebbero gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione o mobilità).
A tutto ciò si deve aggiungere anche il mancato accantonamento di quota parte del TFR dei dipendenti nonché il mancato versamento dei contributi previdenziali (in conto azienda) da circa 6 mesi.
Siamo professionisti, da anni svolgiamo con serietà il nostro lavoro con mansioni di responsabilità che nulla hanno a che fare con le sorti finanziarie ed economiche dell’Ente, non avendo noi mai rivestito ruoli dirigenziali né tantomeno partecipato alle scelte dell’Ente.
A tutto ciò si aggiunga anche una notizia non di poco conto, abbiamo ricevuto nota ufficiale da parte dell’attuale Commissario Dott. Francesco Pagano circa il possibile slittamento della erogazione degli emolumenti di gennaio a causa delle note difficoltà economiche.
A dirla tutta ci rammarica anche la mancata presa di posizione ufficiale dei quattro dirigenti consortili che negli anni si sono avvicendati alla guida dei vari settori, anche come direttori, affiancando di fatto Presidenti e Commissari, che avrebbero dovuto o potuto difendere per orgoglio l’Ente ed i suoi dipendenti dagli attacchi sconsiderati degli ultimi tempi.
Concludendo, se da un lato necessita l’intervento regionale per sostenere la struttura e con essa l’intero tessuto imprenditoriale, dall’altro non si possono non considerare le eventuali responsabilità circa l’inabissamento di quello che un tempo era considerato la “punta di diamante” tra gli enti vigilati dalla Regione Basilicata.
Siamo sempre più convinti che se un Ente Pubblico registra ingenti perdite, non si chiude l’Ente ma si interviene su chi di fatto ha gestito lo stesso negli ultimi anni.