Doppia assoluzione per l’ex direttore generale di Matera, Pietro Quinto, coinvolto in due procedimenti, uno di natura contabile e l’altro penale. Di seguito la nota integrale a seguito della comunicazione avvenuta in data odierna da parte del G.U.P. Angela Rosa Nettis che ha confermato l’inesistenza del reato per abuso in atti d’ufficio.
Siamo diventati un popolo di giustizialisti. Stiamo tutti con il dito puntato e siamo pronti a giudicare, infangare e deridere senza essere a conoscenza dei fatti realmente accaduti. Basta un titolone sul giornale o una notizia ascoltata con distrazione da un telegiornale per cambiare idea su una persona o per farci un’idea sbagliata.
Succede in Italia e più nello specifico in Basilicata.
Un pubblico amministratore, nel caso di specie un Direttore Generale di un’Azienda Sanitaria, è costretto a subire due procedimenti uno di natura contabile e l’altro penale per aver fatto risparmiare all’ente circa 100 mila euro in seguito alla nomina del Direttore Sanitario.
Per quanto assurdo possa sembrare i fatti si sono svolti esattamente in questo modo.
L’ex direttore generale dell’Asm di Matera, Pietro Quinto, era stato accusato di danno erariale per aver nominato come Direttore Sanitario Andrea Sacco, con un incarico a titolo gratuito dopo i quattro mesi di proroga concessagli sulla base dell’originario contratto. L’avvocato del dr. Quinto, Vincenzo Montagna, in fase dibattimentale aveva già ampiamente spiegato come la nomina del D.S. Sacco aveva costituito per l’Azienda una sostanzioso risparmio che, invece di essere riconosciuto, era stato ingiustamente causa di un giudizio erariale.
Chi ha sporto ingiustamente denuncia, come il dr. Carlo Gaudiano, non pagherà nulla, mentre toccherà ancora una volta ai cittadini, attraverso le tasse, riparare al danno subito.
Intanto, dopo la sentenza di assoluzione di primo grado da parte della Corte dei Conti per l’ex Direttore Generale dell’ASM, è giunto anche il rigetto dell’opposizione e l’accoglimento dell’archiviazione avanzata dal pubblico ministero. Ma il G.U.P. Angela Rosa Nettis con ordinanza del 29.01.2021, ricevuta in data odierna, 3 febbraio 2021, ha confermato l’inesistenza del reato per abuso in atti d’ufficio.
Il G.U.P. “Dichiara inammissibile l’opposizione all’archiviazione avanzata da Gaudiano Carlo; ritiene, comunque, infondata la denuncia dalla stessa sporta da Gaudiano Carlo presso gli Uffici della Stazione Carabinieri di Matera in data 4 febbraio 2017 e, per effetto, ordina l’archiviazione del presente procedimento a carico di Quinto Pietro, come in atti generalizzato, disponendo la restituzione degli atti al P.M.”
Una considerazione però va fatta.
L’assoluzione per chi è stato additato dall’opinione pubblica come violatore di norme e uno “sperperone” di risorse pubbliche non riporterà mai gli anni vissuti nell’angoscia e nell’ingiustizia. La serenità tolta ad un uomo e alla sua famiglia, la sofferenza delle nottate insonni e dei troppi pianti trattenuti per la rabbia e la voglia di difendersi. I titoloni sui giornali, quelle ingiuste prime pagine e lo scherno quotidiano subito in silenzio. Ma questo non importa a nessuno giusto? I sentimenti purtroppo non fanno notizia in un mondo alla continua ricerca dello scoop e dello scandalo.
Il paradosso sta nel fatto che, ora, quei soldi risparmiati verranno ridotti perché l’Azienda dovrà rimborsare le spese legali previste per entrambi i giudizi.
Di seguito la replica del medico Carlo Gaudiano
In merito alla doppia assoluzione per l’ex direttore generale dell’ASM Pietro Quinto pur nel ribadire il pieno rispetto delle sentenze, è d’obbligo precisare alcune cose a tutela dell’operato del sottoscritto nonché di quello del capitano della guardia di finanza Fabio Pecci.
Facendo ricorso alla stampa, infatti, l’opinione pubblica è stata informata in merito al positivo risultato conseguito a favore di Quinto Pietro, indagato per abuso d’ufficio su esposto-querela del sottoscritto, e, tra enfasi e vittimismo, si è arrischiato a definire “ingiustamente” sporta tale querela, sottolineando che “il dr. Carlo Gaudiano non pagherà nulla”. Finge di non sapere che il dr. Carlo Gaudiano ha per così dire “pagato” preventivamente con quindici anni di mobbing da parte dell’ASM, mobbing che è stato riconosciuto da sentenza passata in giudicato e mai pienamente risarcito come sentenza aveva richiesto. Tanto precisato, la questione va chiarita nella sua interezza.
Il GUP (giudice delle indagini preliminari) ha archiviato il procedimento penale facendo proprie le conclusioni del pubblico ministero e dello stesso avvocato. Il fatto portato all’attenzione dal sottoscritto alla procura di Matera riguardava l’illecito arricchimento, circa 44.000€, dell’ex direttore sanitario Sacco Andrea prorogato, a dispetto delle norme vigenti, nella citata funzione da Quinto Pietro; quest’ultimo prorogava il medico in qualità di direttore generale della ASM. La legge impedisce l’utilizzo del dipendente in pensione, a meno che il pensionato svolga l’attività gratuitamente. La funzione esercitata da Sacco, dal giorno stesso del suo pensionamento, doveva essere assunta al fine di non interrompere l’azione amministrativa della ASM, dal dr. Domenico Adduce, quale naturale sostituto, come previsto dalla deliberazione n. 208 del 29 febbraio 2012. Adduce avrebbe così assunto la funzione di direttore sanitario facente funzione. Pertanto, il citato medico avrebbe percepito la somma di 500€ al mese aggiuntiva al suo stipendio, come previsto dal contratto nazionale di lavoro. Quindi, in quattro mesi la ASM avrebbe elargito 2.000€ a fronte dei 44.000€ realmente concessi a Sacco. L’esposto-querela fu assegnato alle cure del pubblico ministero Salvatore Colella, che iscrisse quale indagato, con l’ipotesi di abuso d’ufficio, Quinto Pietro e considerando parte offesa il sottoscritto. Il pubblico ministero assegnò l’attività d’indagine al capitano della guardia di finanza Fabio Pecci. Le indagini confermarono i fatti denunciati. Il capitano concluse la relazione investigativa, con cui trasferì al PM l’attività delegata, asserendo: “Alla luce di quanto esposto, si rimette alle valutazioni del S.V. la sussistenza dell’ipotesi di reato di cui all’art.323 c.p. in capo a: Quinto Pietro, ………., poiché violando il disposto dell’articolo 3 comma 7 del D.Lgs 502/92 e s.m.i., dell’articolo 5 comma 9 legge 7 agosto 2012 n. 135 e ss.mm.ii., in qualità di Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di Matera, ha illegittimamente prolungato l’incarico di Direttore Sanitario della A.S.M. al dott. in quiescenza Andrea Sacco a titolo oneroso, oltre la scadenza di diritto privato triennale, determinando un illecito arricchimento del medesimo.” Il PM, non raccoglie le conclusioni del finanziere, e chiede al GIP, dottoressa Angela Rosa Nettis, l’archiviazione del procedimento in essere affermando che: “pur volendo assumere che vi sia stata violazione di legge ….. non vi è prova alcuna della intenzionalità di arrecare un vantaggio ingiusto, ……….. per cui era necessario assicurare la prosecuzione dell’incarico al fine di non determinare un’interruzione di pubblico servizio”. In pratica il PM si rifaceva alla mancanza del “dolo intenzionale”, cioè all’aspetto psicologico del reato. Inoltre, il PM si rifà alle condizioni poste dalla Cassazione affinché il reato di abuso d’ufficio fosse completamente compiuto: “…. a) dall’evidenza della violazione di legge, come tale perciò immediatamente riconoscibile dall’agente; b) dalla specifica competenza professionale dell’agente, tale da rendergli anch’essa, senza possibile equivoco, riconoscibile la violazione; c) dalla motivazione del provvedimento, nel caso in cui essa sia quantificabile come meramente apparente o come manifestamente pretestuosa; d) dai rapporti personali eventualmente accertati tra l’autore del reato e il soggetto che dal provvedimento illegittimo abbia tratto ingiusto vantaggio patrimoniale”. Il sottoscritto si oppose all’archiviazione precisando che le quattro condizioni poste dalla Cassazione erano pienamente soddisfatte. La violazione di legge era immediatamente riconoscibile; Quinto aveva e ha le competenze adatte a riconoscere senza possibile equivoco che stava commettendo un reato; la giustificazione che la proroga era stata assunta per la continuità dell’azione amministrativa era pretestuosa; erano evidenti i rapporti personali dovendo i due, Quinto e Sacco, dover lavorare gomito a gomito tutti i giorni. Inoltre, tra l’altro, il sottoscritto quale indagine suppletiva chiese di verificare che ci fosse un naturale sostituto già definito del Sacco. Il GIP dispose la camera di consiglio. In udienza il sottoscritto portò all’attenzione del giudice la deliberazione n. 208 del 29 febbraio 2012 chiedendo che la stessa facesse parte del procedimento, quale atto di prova conclusiva e certa che Quinto aveva illegittimamente favorito Sacco. Il magistrato rigettò la richiesta di deposito asserendo che si era al di fuori dei termini previsti dalla norma. L’avvocato Montagna, a conclusione dell’udienza, presentò la sentenza della Corte dei Conti con la quale la Corte affermava che la somma percepita dal Sacco non costituiva sperpero di pubblico danaro. Il giudice accettò il documento facendolo entrare nel procedimento. A fine udienza l’avvocato ringraziò il giudice. In conclusione il sottoscritto sottolinea, ragionando per assurdo, che oltre al sottoscritto anche la guardia di finanza nella persona del citato capitano avrebbe “subito” l’archiviazione.