Il 29 gennaio 2021 si è tenuto, in videoconferenza, il Tavolo della Trasparenza relativo al Centro Oli di Viggiano, alla presenza, cosi come previsto dal Patto di Sito, di Eni, Sindaci, Organizzazioni Sindacali, parti datoriali e la Regione Basilicata rappresentata dal Capo di Gabinetto della Giunta Regionale.
È stato forse il peggior Tavolo della Trasparenza, cui come Organizzazioni Sindacali, non partecipavamo da tempo, visto che le problematiche e le vertenze sul lavoro che attanagliano il Centro Oli sono tante, e dunque come da “protocollo” il tavolo “virtuale”, essendo in video conferenza, si è caratterizzato da una rassegna di interventi ognuno dei quali rappresentava, anche se con sensibilità differenti, legate anche ed ovviamente ad interessi differenti, lo status delle attività industriali all’interno del Centro Oli.
Sarà probabilmente il prossimo, forse, la vera occasione, per trovare le soluzioni legate alla quotidianità dei lavoratori, perché in realtà non si è potuto entrare nel merito delle questioni ancora aperte – vedesi i diversi cambi di appalto che necessitano delle risposte, vedesi l’uso dell’ammortizzatore sociale, vedesi commesse sempre più a ribasso, vedesi il dumping contrattuale, vedesi la mancata clusterizzazione e tanto altro ancora.
Dal canto nostro, come UILM Basilicata, abbiamo cercato di rappresentare nel concreto le difficoltà che incontrano i lavoratori, a seguito di scelte unilaterali, scelte non condivisibili, decise da Eni, a partire dal taglio delle attività che ha prodotto negli scorsi mesi e ancora oggi una maggiore “aridità” sul territorio, il cui effetto è stato il “licenziamento” dei lavoratori meno fortunati, in quanto precari, con contratti a tempo determinato ed in somministrazione, che hanno perso il proprio posto di lavoro, auspichiamo solo transitoriamente.
E dunque oltre alle vertenze irrisolte, c’è una fermata, quella prossima, di cui ancora oggi nonostante le diverse sollecitazioni, non si conoscono elementi nel dettaglio, quali ad esempio l’impatto occupazionale, l’ organizzazione/orario di lavoro e come nelle precedenti fermate, e questo dovrebbe essere almeno doveroso, il riconoscimento salariale dei lavoratori.
Aspettiamo in tal senso un incontro richiesto dalle Organizzazioni Sindacali metalmeccaniche per vederci chiaro, e non trovarci impreparati rispetto alle scelte della committente, questo perché non vorremmo che ciò che è accaduto a maggio 2020 si ripetesse, quando Eni in maniera unilaterale cambiò l’orario di lavoro ed i turni dei lavoratori in tempi brevissimi, sicuramente per effetto della pandemia, una scelta priva della giusta attenzione verso altre iniziative necessarie – come ad esempio il trasporto pubblico, il disagio dei lavoratori che sono passati da giornalieri a turnisti – e dunque una scelta che ha avuto, di riflesso, il peggioramento dell’equilibrio vita/ lavoro.
Vorremmo in questo caso, e non è polemica, semplicemente capire e semmai condividere, con le parti datoriali perché le scelte industriali non impattano solo su una parte dei lavoratori legati direttamente ad Eni ma anche su un indotto di centinaia e centinaia di lavoratori.
Abbiamo in sospeso ancora alcuni cambi d’appalto a causa di interpretazioni del Patto di Sito diverse, rispetto al passato ed al passato, che stanno determinando tensioni tra i lavoratori.
Il Patto di Sito, a differenza di ciò che è stato sostenuto nel breve intervento da Eni nell’ultimo tavolo della trasparenza, che ha rimarcato che si tratta di un “patto” e non di un “contratto”, è secondo noi scritto sufficientemente bene ma purtroppo, soprattutto negli ultimi mesi, e viste le diverse interpretazioni, sarà necessario, per evitare tensioni ed ipocrisie, puntualizzare anche dal lato sindacale che il Patto di Sito, a prescindere da come lo si vuole chiamare, deve garantire il lavoro, lo sviluppo e la sicurezza.
Vorremmo rivolgerci direttamente ad Eni dicendo che dovrebbe terminare la stagione dei ribassi, delle gare a ribasso, perché significa non solo arretrare il valore assoluto di ogni impresa, ma significa soprattutto mirare ad azzerare il valore, le professionalità, gli aspetti economici dei nostri lavoratori. Massimizzare il profitto, ottimizzare il processo, non può in nessun modo essere la cartina del petrolio in Basilicata, ed Eni, come Total, devono cambiare impostazione; bisogna investire non soltanto in preparazione della transizione energetica ma anche nel quotidiano, nel lavoro, nella sicurezza, altrimenti di che cosa parliamo?
Quell’oltre significa non rispettare le regole, non rispettare le norme contrattuali, l’orario di lavoro, i contratti nazionali, affermare il dumping contrattuale e dunque significa, in sostanza un arretramento della nostra società. Dovrebbe invece affermarsi il concetto, datato ma attuale, del rispetto, che deriva anche dal rendere esigibili gli accordi siglati da Confindustria, le Organizzazioni Sindacali ed Eni quali ad esempio la clusterizzazione, andare avanti nella Contrattazione Unica e anche, su questo, chiediamo lumi alla Regione Basilicata, che fine ha fatto l’accordo del 14 febbraio 2019 circa la Sorveglianza Sanitaria.
Vorremmo ricordare a tutti e soprattutto alla Regione Basilicata che i fondi residuali del fondo dei lavoratori della Val D’ Agri, di circa 4 milioni di euro, utilizzati solo in parte dal progetto MCPO, devono essere investiti sulla sicurezza dei lavoratori rendendo esigibili i protocolli sanitari, perché almeno sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori non possiamo assistere alla vergogna di avere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.
Per alcuni queste domande poste al Tavolo della Trasparenza sono ritenute insolite, per altri provocatorie e non capiamo nemmeno il perché, forse a qualcuno piace costruire o realizzare un’immagine di assoluta perfezione, che sicuramente poco risponde, anzi non rispecchia affatto la realtà.
Auspichiamo e siamo fiduciosi in questo, che al prossimo Tavolo della Trasparenza arrivino le prime risposte perché l’impegno di rivedere il Patto di Sito deve essere chiaro a tutti, ma proprio a tutti, per evitare che qualcuno poi si svegli e inizi ad immaginare cose strane: il Patto di Sito, rivisitato, rivisto, arricchito, modificato dovrà tramutarsi semplicemente in uno strumento utile, in un patto, in un contratto che consenta ai lavoratori, al sistema industriale ed alla nostra terra di emergere sempre più perché, come già detto più volte, non ci piace la parola “compensare”, ci appassiona un’altra parola: sviluppo.
Stesso discorso con sfaccettature diverse semmai, ci verrebbe da fare per quanto riguarda il Centro Olio di Tempa Rossa, la cui fase di start up, terminata nel mese di dicembre non ci sembra – vedesi anche l’ultimo Tavolo della Trasparenza del 2 febbraio – abbia prodotto quel valore aggiunto in termini occupazionali auspicati perché dettagliati, in tavoli di confronto sindacale precedenti, dalla stessa Total.
C’è fame di lavoro, purtroppo, nella nostra terra ma anche e soprattutto nelle zone “oggetto” delle estrazioni petrolifere ma purtroppo sembra che ai tavoli le discussioni siano ferme a 25 anni fa, perché ancora ci si chiede come far incontrare domanda e offerta, la mancanza dunque di figure professionali, nonostante un’assortita banca dati, che bisognava come più volte detto formare in tempi congrui. La fotografia opposta è che ci troviamo di fronte ad aziende, anche all’interno del Centro Olio di Tempa Rossa, sotto organico costrette alcune volte ad orari non consoni anche dal punto di vista contrattuale.
È giusto fare sintesi ma è assolutamente ingiusto massimizzare anche il tempo delle relazioni sindacali perché siamo convinti, come successo nell’ultimo incontro con Total, che le idee, le proposte e il confronto derivanti da tutte le parti possano rappresentare ed essere un valore aggiunto nella direzione della crescita e dello sviluppo della nostra Regione.
Per essere chiari: bisogna dare una risposta celere ad un territorio o meglio a delle comunità che hanno visto e vedono probabilmente nelle estrazioni petrolifere una possibilità di sviluppo attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro di molti loro concittadini.