I 23 Ministri e il presidente del Consiglio Mario Draghi hanno giurato al Quirinale davanti al capo dello Stato, Sergio Mattarella. E’ stata la prima cerimonia in era covid, dunque niente parenti, niente giornalisti e rispetto delle norme dell’emergenza sanitaria: distanziamento, mascherine, niente strette di mano, penna sanificata e cerimonia in streaming.
Tutti in abiti eleganti e tutti rigorosamente con la mascherina Ffp2 sul viso, seduti distanziati nel Salone delle Feste. “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”, Mario Draghi per primo pronuncia la formula di rito e firma. Il nuovo esecutivo guidato dall’ex numero uno della Bce inizia così il suo cammino.
Dopo il premier, la nomina di tutti gli altri 23 ministri, partendo da Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento). Tra una firma e l’altra dei titolari dei vari dicasteri, la penna è stata sanificata nel rispetto delle norme anti-pandemia: è un’altra delle novità in epoca Covid nella cerimonia del giuramento. E ovviamente, nessuna stretta di mano tra il presidente della Repubblica, quello del Consiglio e i vari ministri dopo la lettura della formula di rito ma solo un saluto finale con gli auguri di rito. E rigorosamente distanziati anche durante la foto di rito nel Salone dei Corazzieri, scattata solo da un pool di fotografi sorteggiati e dai fotografi ufficiali della presidenza della Repubblica.
Il governo ha così giurato ed è operativo. Dragi poco prima delle 13 ha lasciato il Colle e ha raggiunto Chigi per la cerimonia della Campanella con il passaggio di testimone con l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Al termine, è previsto il primo Consiglio dei ministri. Mercoledì la fiducia in Senato e giovedì alla Camera, ma tutto potrebbe svolgersi anche nella sola giornata di mercoledì.
Il via al giuramento era fissato a mezzogiorno, ma i 23 ministri erano già tutti al Colle mezz’ora prima. L’ultima ad arrivare, Cristina Messa, neoresponsabile dell’Università. La cerimonia è iniziata con tre minuti di anticipo. Ed è stata una delle più veloci della storia, anche per le restrizioni imposte dal Covid. Niente strette di mano e foto di gruppo con distanziamento
I primi a varcare il portone d’ingresso del Quirinale, poco prima delle 11, sono stati i neo ministri Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento), Roberto Cingolani (Ambiente e Transizione Ecologica) e Mara Carfagna (Sud). Poco dopo, alle 11.15, anche Mario Draghi è arrivato Quirinale, partito dalla sua abitazione ai Parioli, con una cartellina verde sotto il braccio. Poi alla spicciolata sono arrivati tutti gli altri, da Brunetta (di nuovo alla Pubblica amministrazione) a Giovannini (nominato ai Trasporti), da Colao alla guida del ministero dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale a Lamrgese confermata al Viminale, fino a Daniele Franco, nuovo ministro dell’Economia.
Niente leader in squadra. Un mix di politici e tecnici compongono il nuovo governo, nominati ieri quando l’ex banchiere ha sciolto la riserva al Colle. Più politici, 15 (quattro del M5s, tre ciascuno per Pd, Fi e Lega, uno per Leu e Iv) che tecnici, otto in tutto. Nove le riconferme, tra cui i lucani Roberto Speranza (Leu) alla Salute e Luciana Lamorgese all’Interno, Luigi Di Maio (M5s) agli Esteri, Lorenzo Guerini (PD) alla Difesa, Dario Franceschini (Pd) alla Cultura, Elena Bonetti (Italia Viva) alle Pari opportunità; poi 15 uomini e otto donne. Nasce il ministero della Transizione ecologica affidato al fisico Roberto Cingolani. La Lega, con Giorgetti, conquista il dicastero per lo Sviluppo economico. Un terzo le donne.
I ministri sono in tutto 23, di cui 15 politici e 8 tecnici, 18 sono del nord, di cui 8 lombardi. Le riconferme negli stessi ministeri – rispetto al Conte due – sono 7. In più Patuanelli resta ministro ma passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura e Fabiana Dadone dalla Pubblica amministrazione alle Politiche giovanili. Otto, in tutto, le donne.
Ecco tutti i nomi.
Luigi Di Maio (M5S) agli Esteri
Luciana Lamorgese (tecnica) all’Interno
Marta Cartabia (tecnica) alla Giustizia
Daniele Franco (tecnico) all’Economia
Lorenzo Guerini (Pd) alla Difesa
Giancarlo Giorgetti (Lega) allo Sviluppo economico
Stefano Patuanelli (M5S) all’Agricoltura
Roberto Cingolani (tecnico) alla Transizione ecologica
Dario Franceschini (Pd) alla Cultura
Roberto Speranza (Leu) alla Salute
Enrico Giovannini (tecnico) alle Infrastrutture
Andrea Orlando (Pd) al Lavoro
Patrizio Bianchi (tecnico) all’Istruzione
Cristina Messa (tecnico) all’Università
Federico D’Incà (M5S) ai Rapporti con il Parlamento
Vittorio Colao (tecnico) all’Innovazione tecnologica
Renato Brunetta (Forza Italia) Pubblica amministrazione
Maria Stella Gelmini (Forza Italia) agli Affari regionali
Mara Carfagna (Forza Italia) al Sud
Elena Bonetti (Italia Viva) alle Pari opportunità
Erika Stefani (Lega) alle Disabilità
Fabiana Dadone (M5S) alle Politiche giovanili
Massimo Garavaglia (Lega) al Turismo
Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli (tecnico).
Il voto sulla piattaforma Rousseau a favore del governo Draghi non sopisce gli slanci dei dissidenti M5s. Tanto che questa mattina il senatore pentastellato, Emanuele Dessì, ha annunciato: “Voterò no al governo Draghi”. “Ne valeva la pena?”, ha commentato invece ieri Alessandro Di Battista dopo la lettura della lista dei ministri. Lui ormai è fuori dal Movimento, una decisione presa dopo il risultato della votazione online degli istritti al M5s a favore della formazione dell’esecutivo guidato dall’ex banchiere. E questa mattina in un post su Facebook ha attaccato il nuovo esecutivo, soprattutto gli incarichi affidati ai tre esponenti di Forza Italia: Brunetta, Gelmini e Carfagna. “Nel 2008 i tre approvarono in Consiglio dei ministri il Lodo Alfano, un provvedimento per salvare Berlusconi dai processi. Ebbene io trovo immorale che politici che hanno speso tempo (e dunque denaro pubblico) non per occuparsi del Paese ma per risolvere le grane giudiziarie del loro leader, possano avere ancora ruoli così apicali”, incalza l’ex deputato.
Scosso anche il centrodestra, che vede esclusa l’area ‘sovranistà a favore dei moderati dopo lo strappo con Fratelli d’Italia. L’urgenza della gestione della pandemia e della crisi economica unisce i partiti di governo. Matteo Salvini promette “gioco di squadra”, Silvio Berlusconi è tra i primi ad assicurare il sostegno: “Forza Italia farà la sua parte”. Nicola Zingaretti promette sostegno “con lealtà e convinzione” promettendo più donne tra i sottosegretari. Matteo Renzi è entusiasta per “una squadra di alto livello”.