Riportiamo di seguito l’intervento del Consigliere regionale Roberto Cifarelli sull’ipotesi del deposito unico di scorie radioattive in Basilicata nella seduta odierna del Consiglio Regionale.
Gentile Presidente del Consiglio, Gentile Presidente della Giunta, Assessori e colleghi Consiglieri,
“In seguito alla sospensione dei lavori del Consiglio dello scorso 12 gennaio, ma soprattutto in seguito alla crisi politica che ha aggrovigliato la fragile maggioranza di Governo regionale con il conseguente rinvio di alcune sedute del Consiglio, oggi riprendiamo la discussione su un argomento che, nel frattempo, è stato affrontato con l’attenzione che merita dai diversi soggetti istituzionali, sociali coinvolti.
Proviamo però a “riavvolgere il nastro” di quanto accaduto negli ultimi quaranta giorni di questo 2021.
Il 5 gennaio la Soginha pubblicato la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla costruzione di un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi di media e bassa intensità. La Carta elaborata in base ai criteri previsti dall’Ispra nella Guida Tecnica n. 29, oltre ai requisiti indicati nelle linee guida dell’International Atomic Energy Agency (Iaea) individua 67 aree con diversi livelli di idoneità ad ospitare l’infrastruttura che da cronoprogramma dovrebbe funzionare a partire dal 2025. Tra queste troviamo aree in Provincia di Matera, di Potenza e a cavallo tra le province di Matera e Bari.
Subito dopo si è aperta ( ed è tuttora in corso) la fase di consultazione pubblica, della durata di 60 giorni, in cui le Regioni, gli enti locali e tutti i soggetti portatori di interesse qualificati possono formulare osservazioni e proposte tecniche, all’esito della quale si terrà (nell’arco dei 4 mesi successivi) il seminario nazionale con la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca durante il quale saranno approfonditi tutti gli aspetti relativi al posizionamento del deposito.
In base alle osservazioni e alla discussione nel Seminario nazionale, Sogin aggiornerà la CNAPI, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Mise e dei Ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture e successivamente sulla scorta di questi pareri il Mise convaliderà la versione definitiva della Carta.
Non dimentichiamo che nell’ottobre scorso sulla vicenda l’Unione Europea ha aperto contro l’Italia una procedura di infrazione e, quindi, il Governo ha avviato l’iter che velocemente ho riassunto. Governo che nel frattempo si è trasformato in un Governo di (quasi) unità nazionale.
Nel corso di questi quaranta giorni il Governo regionale ha definito i tavoli tecnici che dovranno predisporre le osservazioni di carattere tecnico-scientifico contro l’ipotesi di una eventuale localizzazione del sito in Basilicata.
Coordinati dal Dipartimento Ambiente sono stati istituiti i tavoli tecnici che in raccordo con la Regione Puglia, con la collaborazione della Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata e con la partecipazione dei Comuni, delle Province, dell’Università, degli Ordini professionali, delle associazioni di categoria, degli enti sub regionali e dei rappresentanti delle Soprintendenze paesaggistica ed archeologica del Mibact sono tuttora impegnati nella stesura delle osservazioni in merito all’indubbio valore naturalistico, paesaggistico delle aree interessate che in parte rientrano nel patrimonio mondiale Unesco con i Sassi di Matera.
Dal versante delle infrastrutture il tavolo tecnico denominato “ strutture strategiche di relazione” ha sottolineato come da questo punto di vista da un lato scontiamo una rete viaria e ferroviaria non adeguata al supporto di un deposito di rifiuti radioattivi, dall’altro una struttura di questo tipo risulta assolutamente incompatibile con gli ingenti investimenti in opere realizzate dalla Regione e dallo Stato nazionale nel campo delle attività petrolifere e soprattutto, nell’ambito delle risorse idriche.
Per esempio, citando una parte del lavoro portato avanti da questo tavolo tecnico, sovrapponendo le aree individuate dalla Sogin con i distretti irrigui e con lo schema dell’adduttore regionale del Sinni risulta che le zone indentificate con i codici PZ9, PZ12 e PZ13 sono interamente comprese nel distretto irriguo “G”, quella identificata con il codice PZ10 ricade in parte nel distretto “G” ed in parte nel distretto “T”, mentre le aree indicate con i codici PZ6, PZ8 e PZ14 ricadono totalmente nel distretto “B” dello schema idrico Basento – Bradano, che è già stato completato e attrezzato.
Infine, le aree indicate con i codici MT1, MT2 ed MT16, nelle aree di Montalbano Jonico e Bernalda, sono attraversate dalla condotta del Sinni che porta l’acqua in Puglia. Pertanto la presenza di simili infrastrutture dovrebbe rientrare fra i motivi di esclusione.
Dal punto di vista tecnico il lavoro significativo portato avanti dai diversi tavoli sta fornendo una serie di ragioni che condividiamo a sostegno di un No motivato e non pregiudiziale e le peculiarità territoriali esplicitate evidenziano in maniera oggettiva quanto di buono è stato fatto negli anni scorsi a favore di un territorio valorizzato e non di un deserto , come spesso la propaganda spicciola ha rappresentato strumentalmente la Basilicata.
Mi sono volutamente soffermato sulla parte procedimentale e tecnica, in quanto la grande assente dal dibattito risulta essere la Politicaovveromanca una strategia complessiva che dia identità e futuro alla nostra terra e nel contempo ci metta al riparo da qualsiasi eventualità.
Non voglio passare dalla concretezza dei dati all’astrattezza della teoria.
Al contrario.
Vorrei, però, che questo Governo regionale proprio per dare più forza alle motivazioni del No rendesse chiara la visione da condividere con le nuove generazioni.
Non basta dire un No secco e risoluto ad una sciagurata ipotesi senza dire una sola parola su quale modello di crescita socio-economico si immagina per la Basilicata.
E ritorniamo, come in un surreale “gioco dell’oca”, al punto di partenza: quale idea ha la maggioranza per la crescita e lo sviluppo della nostra regione ??
Lo abbiamo detto più volte nel corso di questi due anni, molto prima della pubblicazione della CNAPI, soltanto che ora i nodi vengono al pettine e tutti voi siete ora costretti a misurare lo scarto esistente tra il vostro superficiale meridionalismo di maniera e le più tangibili politiche di sviluppo e coesione territoriale che avreste dovuto pianificare con il territorio .
Stiamo aspettando da mesi i diversi documenti programmatori come il Piano strategico, la programmazione 21/27, il Piano regionale di Ripresa e Resilienza…..ma con voi l’attesa si trasfigura in futuro che si presenta a mani vuote .
E’ necessario che i modelli di sviluppo immaginati assumano un ruolo centrale nelle politiche di governo del territorio. La nostra storia ci suggerisce un filo conduttore chiamato capitale umano che lega i capisaldi di questa possibile crescita.
Il nostro capitale umano fondato su relazioni collettivamente sostenibili, se opportunamente sostenuto, alimenta la capacità di cicli economici virtuosi e territoriali, è in grado di promuove la transizione ecologica di cui spesso sentiamo parlare ma non sempre ne comprendiamo la portata storica di cambiamento, ed infine favorisce una nuova modalità di essere comunità ripensando il rapporto tra centro e periferia.
Concetti che, in tempi non sospetti, abbiamo più volte cercato di condividere attraverso la presentazione di diverse proposte di legge che (ahimè!!!) giacciono in Commissione:
– PROMOZIONE E SVILUPPO DELLA ECONOMIA CIRCOLARE E SOSTENIBILE IN BASILICATA ;
– MISURE A FAVORE DELLE GIOVANI GENERAZIONI E DI CONTRASTO ALLO SPOPOLAMENTO DEMOGRAFICO IN BASILICATA;
– IMPRESA 4.0 e DIMENSIONE 5.0 .
sono princìpi guida che definiscono in maniera netta i confini ambientali, sociali ed economici della nostra ideadi Basilicata.
La relazione del Presidente Bardi dello scorso 12 gennaio è la conferma di questa mancanza di visione. Una relazione che, al netto delle valutazioni tecniche che pur condividiamo, è rivolta al passato fino al fatidico 2003 ricordando la mobilitazione collettiva contro la sciagurata decisione assunta dal Governo nazionale dell’epoca di costruire nel territorio di Scanzano Jonico un deposito sotterraneo di scorie.
Nel novembre del 2003 ci trovammo di fronte ad un decreto del Governo poi ritirato grazie alla rivolta pacifica dei Lucani e grazie alla capacità del Governo regionale di allora di fare rete con tutte le Regioni e con l’insieme delle rappresentanze istituzionali, sociali ed economiche territoriali, facendo comprendere al Presidente del Consiglio l’errore metodologico e di merito che viziava quella scelta.
Oggi, invece, ci troviamo in condizioni di contesto totalmente diverse.
E’ fuorviante qualsiasi paragone con la vicenda del novembre 2003 quando il governo con un semplice decreto individuò in una miniera di salgemma in località Terzo Cavone in Scanzano Jonico il sito per la localizzazione di un Deposito Nazionale geologico di scorie nucleari e radioattive. Infatti, in quella occasione il Governo decise di realizzare un deposito nazionale di rifiuti radioattivi, senza alcuna consultazione né coinvolgimento dei territori e delle istituzioni locali e senza consultare le autorità scientifiche, che nel volgere di alcuni giorni dichiararono nel corso delle audizioni parlamentari non solo di non saperne nulla di quel progetto ma soprattutto di non condividere la localizzazione di scorie e rifiuti radioattivi ad alta e media attività che richiedono molte migliaia di anni per perdere il proprio potenziale di pericolosità in un sito geologico. Ed in ogni caso nel 2003 non esisteva al mondo alcun deposito geologico definitivo in esercizio che potesse offrire indicazioni utili al progetto.
Nulla a che vedere dunque con la procedura di cui ci occupiamo oggi che garantisce il contraddittorio grazie alle scelte effettuate proprio a seguito dello strappo del 2003. Infatti, con Decreto Lgs. 31/2010 è stato avviato il procedimento che ha comportato un tempo molto lungo e che oggi arriva a maturazione.
In questi diciotto anni la Basilicata è cambiata, abbiamo vissuto momenti difficili contrassegnati da una profonda crisi economica, ma anche momenti unici, basti pensare alla straordinaria esperienza di Matera Capitale Europea della Cultura vissuta come momento di riscatto di un Mezzogiorno dove ha trovato protagonismo quel capitale umano che sapientemente ha saputo coniugare storia e voglia di futuro.
Ed in ogni caso nel 2003 non esisteva al mondo alcun deposito geologico definitivo in esercizio che potesse offrire indicazioni utili al progetto. Nulla a che vedere dunque con la procedura di cui ci occupiamo oggi che garantisce il contraddittorio grazie alle scelte effettuate proprio a seguito dello “strappo” del 2003. Infatti, con il Decreto Lgs. 31/2010 è stato avviato il procedimento che ha comportato un tempo molto lungo e che oggi arriva a maturazione.
In questi diciotto anni la Basilicata è cambiata, abbiamo vissuto momenti difficili contrassegnati da una profonda crisi economica, ma anche momenti unici, basti pensare alla straordinaria esperienza di Matera Capitale Europea della Cultura vissuta come momento di riscatto di un Mezzogiorno dove ha trovato protagonismo quel capitale umano che sapientemente ha saputo coniugare storia e voglia di futuro.
Insieme siamo chiamati a fare squadra e respingere questo potenziale tentativo di deturpazione del territorio, dobbiamo farlo in modo intelligente con la lungimiranza propria di un popolo responsabile.
E’ indispensabile ritrovare il senso del Noi…..senza il Noi non solo non c’è la Politica , ma c’è l’illusione effimera del potere vissuto in solitudine.
Noi deve significare che senza tentennamenti sentiamo di appartenere insieme agli altri con passione, con emozione, con orgoglio allo stesso territorio, allo stesso destino.
Ce la faremo se considereremo Noi i giovani, le donne e gli uomini della Basilicata”.